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Usando la realtà come filtro: Mario Schifano da Giò Marconi

Giorgio Marconi and Mario Schifano, Studio Marconi, Milan 1966. Photos by Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. All rights reserved
Ci sono mostre che riempiono spazi e altre che aggiungono conoscenza, come nel caso della retrospettiva “Mario Schifano TUTTO nelle carte”, a cura di Alberto Salvadori con il supporto dell’Archivio Mario Schifano, ospitata in Fondazione Marconi – Giò Marconi a Milano, dove si trovano risposte sulle possibilità creative dell’arte di una personalità eclettica, poliedrica e indomabile.

E infatti stiamo parlando di Mario Schifano (Homs, Libia 1934 –Roma 1998), l’Andy Warhol italiano appassionato di musica e di nuove tecnologie, in generale di tutto ciò che era sperimentazione, di cui si è detto molto e scritto di più, eppure queste carte contengono altro dalla convergenza tra biografia e ricerca artistica, perché ci permettono di entrare nel suo sguardo e nella processualità creativa dei sui cicli dai Monocromi per arrivare a Compagni compagni degli anni sessanta, fino a Paesaggio TV (1970).
L’arte è TUTTO ciò che Schifano vive sulla sua pelle e coscienza, in relazione alla cultura, spazio umano, città, amori e passioni, e queste carte sono da leggere come una rivelazione sulla dialettica del suo sguardo nell’arte contemporanea.
Le pulsioni espressive del segno, gesto e pittura in tutte le opere di Schifano rispondono alla sua necessità di sperimentare linguaggi innovativi in funzione della società e cultura sempre in movimento. Osservando con attenzione le opere su carta che rappresentano un ‘diario’ di viaggio estetico–visivo sala dopo sala, ci accorgiamo di ‘entrare nel suo occhio prima che nel sentimento’, tanto per citare il titolo di un’ opera in mostra al secondo piano, dentro il suo modo di fissare l’istante, l’idea fulminante, il concetto su un qualsiasi supporto.

TUTTO nelle carte…, Courtesy Giò Marconi, installation View, ph. Fabio Mantegna

Nel 1964 dopo un viaggio a New York, dove sperimenta per la prima volta LSD e altri stupefacenti di cui farà uso per tutta la vita, ottenendo così il nome di artista maledetto, partecipa all’Esposizione Internazionale d’Arte a Venezia e realizza alcuni tra i suoi quadri più celebri, Paesaggi anemici e nello stesso anno produce i suoi primi film in 16mm: Reflex e Round Trip, che appassionano i giovani artisti.
Le opere su carta danno ossigeno alla curiosità di Schifano di sperimentare il nuovo in relazione al suo tempo per modificare il modo di pensare e guardare il mondo per reinventare la realtà attraverso la pittura, indifferentemente dal supporto, in dialogo e contestazione con la Pop Art e il New Dada, sembrano interrogarci su quali potrebbero essere gli ambiti della creazione.
Nelle carte passando dai monocromi, alla segnaletica, alla politica, fino all’amore e amicizia, Schifano conquista critica e mercato a partire proprio dai suoi Paesaggi anemici (1965), e dalle serie dedicate alla storia dell’arte, come Futurismo rivisitato (1966) e Ossigeno Ossigeno, Oasi...

TUTTO nelle carte…, Courtesy Giò Marconi, installation View, ph. Fabio Mantegna

Le carte sorprendono perché raccolgono intuizioni nate dall’urgenza di comunicare dialoghi tra l’arte e la realtà e di analizzare il complesso rapporto percettivo che intratteniamo con esso, come nelle pellicole innovative Anna Carini vista in agosto dalle farfalle che Schifano presenta nello Studio Marconi nel 1967, di cui diventa uno degli artisti più rappresentativi.
Dagli anni settanta, dopo il periodo delle contestazioni politiche e sociali, realizza i Paesaggi Tv, opere caratterizzate dal riporto delle immagini televisive attraverso l’utilizzo della macchina fotografica e l’emulsione del colore sulla tela con smalti industriali. Schifano, in tutte le sue opere, è il riflesso condizionato di un’organizzazione sociale che critica attraverso il suo fare arte, in cui il caos rientra nell’ordine e forma e intensità prive di sentimentalismo, coincidono e denotano la presenza e coscienza della modernità nel modo più inatteso.

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