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Brothers: il corpo di Di Marzio, il colore di Manazza. Dialoghi tra fratelli, a Milano

Paolo Manazza
Paolo Manazza

Lo scorso lunedì 9 ottobre a Milano alla Galleria Previtali, via Lombardini 14, in occasione dell’apertura della mostra “Brothers” di Mimmo Di Marzio e Paolo Manazza (fino al 18 novembre), si è svolto un interessante convegno dal titolo “Le vie alternative del mercato dell’arte” a cura di Luca Zuccala.

La prima idea che scatta immediata è che Lorenzo Valentino, critico e direttore della galleria, sia impazzito: ospitare un dibattito sulle vie alternative all’esposizione proprio alla sera d’inaugurazione di una mostra di pittura: “no, in realtà è nel nostro stile -spiega ad ArtsLife-. Per ogni mostra organizziamo una serie di incontri. E poi queste vie alternative esistono e in qualche caso hanno uno sbocco felice”. Ma come gallerista ne è spaventato? “sono convinto che le vie istituzionali siano ancora quelle davvero vincenti: senza l’intermediazione di strutture organizzate difficilmente si riesce a raggiungere il collezionismo. Poi per carità la via delle residenze può creare opportunità, ma riservate ad alcuni casi esclusivi che godono della protezione di massa critica. Credo che il gallerista sia ancora fondamentale, e senza le gallerie un artista difficilmente riesce ad affermarsi sul mercato o ad avere un rapporto diretto anche col collezionismo. Queste iniziative sono sommato di diversificazioni che sono anche utili e veicolano messaggi legati al proprio vissuto, ma per noi non sono un problema”.

Quindi, tutti tranquilli, col benestare dell’ente che ospita la mostra di pittura e il dibattito sulle alternative alle gallerie d’arte, si può cominciare. Col dire anzitutto che, per quanto riguarda l’esposizione, siamo davanti ad un altro apparente contrasto che in realtà crea vicinanza: Manazza e Di Marzio, infatti, sono due artisti, amici nella vita privata (giornalisti anche entrambi), accumunati dalla tecnica della pittura: dove, però, Di Marzio mostra nei suoi paesaggi, animati da ritratti spesso di famiglie o amici, quasi delle foto-ricordo scattate dal suo pennello in situazioni e ambienti naturali diversi, in Manazza prevale l’informale.
Mimmo Di Marzio

Geometrie, o meglio macchie di colori che disegnano tele astratte, certo, ma sempre anche armoniche. Così vicini nel colore e nell’armonia generale che ispirano entrambi i linguaggi, così diversi nel modo in cui si approcciano alla tela.Sui due piani della Galleria si trovano quindi, insieme, esposte una cinquantina di opere di grande e piccolo formato, oli su tela che nel caso di Di Marzio privilegiano la rappresentazione del corpo come manifesto di un’umanità verista e decadente, un intimismo psicologico caratterizzato dal ritrarre la vita domestica e famigliare con profondità di analisi rivelata dai dettagli delle figure sono realiste ma sempre in un clima di memoria, di ricordo salvato dal tempo. Nel caso di Manazza i rimandi all’espressionismo astratto evidenziano un profondo studio del colore che si esprime come un caleidoscopico alfabeto di passioni che, pur attingendo a sorgenti non razionalmente controllabili, restituisce un quadro di armonie.

Il clima che guida la mostra è quindi quello del contrasto-prossimità tra i due artisti, stessa linea che sembrava dominare il dibattito della sera di inaugurazione, in cui infatti la presenza di Zuccala, curatore oltre che direttore di Artslife.com, risultava importante per garantire un ordine nella successione dei tanti argomenti che sono emersi. Dove sta andando il mercato dell’arte? C’è un tipo di linguaggio più adatto alla vendita? L’arte è ancora un bene-rifugio, e ci sono paesi al mondo che comprano più e meglio di altri?La maggioranza di donne presenti in sala come ospiti, Camilla Gurgone (Spazio Serra), Caterina Angelucci (Via Farini e scrittrice), Maryna Rybackova (Rea fair, Artsted), Chiara Sorgato (Artista), Arianna Maestrale, che con Silvia Mazzella ha ideato a Genova il festival biennale Divago, di arte urbana, fa subito pensare che le nuove direzioni dell’arte contemporanea siano a guida straordinariamente rosa, per come è impostato più frequentemente il mondo del lavoro: “alcuni nomi che avevamo invitato, uomini, non sono riusciti ad arrivare per via dello sciopero” fa notare Zuccala, in modo da sottolineare che esiste anche una componente maschile operativa nei nuovi mondi di arte contemporanea. Certo che, come spiega la Rybackova, il fatto che in questi ambiti il lavoro sia ancora molto intenso, duro, e spesso non retribuito, porta soprattutto le donne a occupare questi settori. E si capisce che si tratta di realtà poco rosee e in cui ci vuole molto coraggio.

Arianna Maestrale prende la parola per prima per raccontare il “Divago Festival”, che si svolge in via del Campo a Genova. “Un luogo che oggi i genovesi non frequentano più -dice-. Sono spaventati dal degrado e la sporcizia del quartiere, seppur cantato da Fabrizio De Andrè. Divago vuole rigenerare certi contesti urbani, e per questo noi siamo arrivati qui per organizzare il nostro Festival: io e Silvia Martella vogliamo un festival di Arte Sociale. Siamo attive da pochi anni, riusciamo a vivere con le risorse che riusciamo ad accogliere: ci teniamo a pagare gli artisti che partecipano al festival e a che sia una rassegna con un’attenzione particolare all’ecologia”.

Maryna Rybackova è l’ideatrice di ReA! Art Fair (www.reafair.com), fiera d’arte contemporanea pensata per gli artisti emergenti e che si è appena svolta alla Fabbrica del Vapore (3-6 settembre). “Siamo alla IV edizione -ha detto in galleria-, e abbiamo 100 nuovi artisti emergenti provenienti da tutto il Mondo. Rea non significa qualcosa: ci rivolgiamo a tutti. Questa fiera è nata durante il Covid per dare una spinta, una motivazione agli artisti che in quel periodo erano necessariamente fermi. Ed è un modo per ripensare al sistema fieristico, non basato solo sui soldi. È stato molto difficile organizzare la prima edizione, ma abbiamo insistito e siamo cresciuti. La fortuna è molto importante, e così la divulgazione dei messaggi. Sui social anzitutto”.

Camilla Gurgone gestisce lo Spazio Serra, galleria d’arte in metropolitana alla fermata Lancetti (www.spazioserra.org). “Esistiamo grazie ad Artepassante (un programma di riqualificazione degli spazi metropolitani che fa capo all’Associazione Le Belle Arti in collaborazione con RFI e con il patrocinio del Comune di Milano e della Regione Lombardia, www.fondazioneartepassante.it). Selezioniamo ogni anno 5 artisti e sviluppiamo con loro un dialogo a 360° di ricerca e sperimentazione rivolta anche al pubblico (lo spazio è senza apreti, ma  solo a vetri e quindi visibile da tutti i passanti in metropolitana da mattino a sera)”.

Caterina Angelucci racconta il concetto di “residenza d’arte”, che nascono negli anni Novanta in città. “Con il Covid è diventato quanto mai necessario trovare modi di esprimersi in spazi più ampi, quindi si sviluppa la residenza in contesti naturali extraurbani, in cui l’artista si lascia ispirare e influenzare dal luogo in cui si trova a lavorare. Un open studio che può essere attivo dalle due settimane ai due anni, da cui nascono vari progetti di volta in volta diversi, che possono portare a mostre, alla partecipazione alle fiere, a premi e altro ancora”.

Chiara Sorgato è un’artista anomala: (www.chiarasorgato.com): “ho lasciato le gallerie perché è un lavoro troppo vincolante e indiretto. Meglio avere i propri collezionisti e coltivare i rapporti con loro. Come artista mi interessa coltivare rapporti, e nel tradizionale mercato dell’arte non posso. Infatti ancor più che con il collezionista preferisco rapportarmi con i mecenati”.

Info. Galleria Previtali, via Lombardini 14, 20143 Milano.Tel. 338-8718349, info@galleriaprevitali.it,www.galleriaprevitali.it. ORARI: martedi’-sabato: 16.00 – 19.30

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