Il buongiorno dell’arte è un caffè con la Moka. Senza zucchero.
Gennaio 1890. La prima notte non sai se sia stellata o nebulosa. La prima notte è la più dura. Quando senti sbattere il cancello, capisci che è compiutamente vero. Non so se la mia vita fu spazzata via in quell’istante ma compresi che da quel momento niente più resta. Solo una serie interminabile di giorni per pensare. Quante volte ti capita di cercare di dormire durante la notte? Giro giro Tondo. Questa struttura non è conforme all’ umanità e non è assicurato il rispetto della dignità della persona. Questa struttura non è improntata ad assoluta imparzialità, vigono discriminazioni in ordine a sesso, identità di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalità, condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose. Qui non ci si conforma a modelli che favoriscono l’autonomia, la responsabilità, la socializzazione e l’integrazione.
Siamo stati informati, questa mattina, dal Capo Guardia, che dopo colazione, potremo passeggiare in tondo nella stanza con le quattro finestre. Una sola realisticamente aperta. Tre brutalmente serrate. Mi affaccio dalla gabbia. Tutti in fila. Ci si osserva tra detenuti a distanza. Chi si rincalza le intimità, chi per gravità china la testa. Chi la disperazione. Che vi aspettate “Buongiorno, come stai? Hai dormito bene?”. Ora avviene la conta, ovvero il controllo numerico dei presenti.
Subito dopo viene distribuita la colazione dai porta vitto, detenuti addetti alla consegna dei tre pasti quotidiani forniti dall’amministrazione. Segue una rapida ricognizione da parte degli agenti per verificare se qualcuno di noi ha particolari necessità, soprattutto di carattere sanitario. Una guardia consegna un nuovo berrettino. Esclama con sorriso che farà freddo oggi. Ora provvediamo direttamente alla pulizia delle camere e dei nostri servizi igienici. Le malattie appestano.
Oggi, come ieri, come domani, ogni persona privata della libertà non ha garantiti i diritti fondamentali; non è vietata ogni violenza fisica e morale in nostro danno. Il mio amico Vincent dimentica il proprio berrettino in cella. Giro Giro Tondo casca il mondo. Qui tra noi si deve imparare la differenza tra dimenticare e scordare. I ricordi di cuore non sono pensieri di mente. Camminiamo, come aratri spinti su aridi terreni, verso l’arena di sola pietra. Tutto è limitato, perfino il nostro orizzonte. Desolata anche la percezione. Non ne conosciamo la sua altezza ma ne comprendiamo la larghezza. La misuriamo come delle lancette, in senso orario, che, senza tintinnio alcuno, misurano l’ampiezza. Concludo queste rime che siamo pattume, mondezza. È un giro giro tondo. Dove casca già il mondo, casca la testa e un giorno saremo tutti giù per terra.
Non si risolleva mai ciò che non ha gambe. Una battuta, ecco, forse una battuta. Qui tutti mi conoscono per le mie freddure. Secche. Inglesi. “Hai da accendere? – Accendi un fuoco”.
Osservo i due uomini eleganti sulla destra, alle spalle della guardia. Fa troppo freddo per capire. Alcune parole scorrono come brividi. Li sto raggiungendo. Giro giro tondo, casca la testa, tutto il mondo non ha terra. Mi soffermai e quasi urlai: “Due farfalle, una coppia di farfalle!”.
Solo coloro che, nel loro moto circolare uniforme, incontrano il mio suono vocale, in scala e per distanza, alzano lo sguardo. Verso di me. Agli altri nessuna possibilità. Mani in tasca, mani incrociate. “Due farfalle, una coppia in volo”!
Vincent mi guarda dritto, senza stupore. La speranza è la prima a morire. Stiamo, ancora lì, camminando, il freddo ci picchia sulle spalle e forse due farfalle volano. Pazze volano senza presentarsi, senza scendere. Non si vedono. Alludono. In tondo, come se stessimo asfaltando la terra. Quanto a me e Vincent, beh, siamo in tondo, ci troverete in fondo, non in giro, giro tondo. Giro giro tondo, casca il mondo. Per ricordarci che siamo piccoli, ancora piccoli, senza affetti. Confetti bianchi come ali di cotone. La vita a tutto Tondo.