Dal Macro, con Emilio Prini, ai fondi d’oro usati nella pittura contemporanea al Museo Canonica, fino a Sant’Ivo alla Sapienza, sulle tracce di una mostra da non perdere: un tour della capitale per una esperienza dell’arte “sensoriale”
La Roma del Ventunesimo secolo, poco propensa ad esplorare un futuro complesso e difficile, che ha difficoltà ad affrontare, preferisce limitarsi ad indagare un passato ricco di glorie e sorprendenti scoperte. Ed attivare così una sorta di archeologia della memoria, che coinvolge alcuni spazi pubblici dove sono in corso mostre da non perdere, in un Roman Tour espositivo di notevole appeal. Noblesse oblige, il posto d’onore spetta al Macro, con la spettacolare retrospettiva dedicata ad una delle figure più schive ed indefinibili della scena artistica degli ultimi decenni. Parliamo di Emilio Prini (1943-2016), definito dal suo amico e collega Luigi Ontani come “L’artista che vive l’arte povera in maniera integrale”. Inserito da Germano Celant nelle prime mostre della corrente, ha poi preferito prenderne le distanze, per chiudersi negli ultimi anni in una riservatezza quasi leggendaria.
Poche le partecipazioni a mostre, scarsa la produzione di opere: Prini ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, devastata da una lunga malattia, con una dignità quasi eremitica, che ha reso difficile testimoniare, dopo la sua scomparsa, la complessità della sua ricerca, stimata da personalità del calibro di Hans Ulrich Obrist, fatta eccezione per un omaggio che gli ha tributato la fondazione Merz nel 2019. Luca Lo Pinto, studioso e grande estimatore dell’artista, da lui definito “il Giorgione del XXI secolo” , si è cimentato nell’impresa quasi impossibile di ordinare una retrospettiva per raccontarlo, ed è nata “…E Prini”, aperta fino al 31 marzo 2024. Occasione unica ed irripetibile di confrontarsi con il pensiero dell’artista, attraverso 250 opere realizzate in 50 anni, dal 1966 al 2016.
“Pochi sono i documenti sulla sua opera. Non esiste una monografia, né un’intervista. Prini è un bene prezioso che sfugge. Un artista immenso che non si è mai adeguato ai codici del sistema dell’arte, – spiega Lo Pinto – facendo che essi si adeguassero a lui con una coerenza che non ha eguali. Prini è un vero guerriero del Tempo e della Storia”. Pazienza e attenzione sono le qualità indispensabili per visitare la mostra, concepita come un minuzioso percorso di immagini, documenti, appunti, sculture e installazioni disseminate nel vertiginoso ambiente della sala #Solo/Multi del museo: dai primi tentativi di misurare gli spazi come 5 sistemi percettivi di un ambiente (1967) agli studi fotografici per rilevare muri in curva, strade in discesa e gradini, poi trasformati in oggetti in legno e ferro fino alle indagini legate ai processi di funzionamento di dispositivi elettronici come registratori, macchine fotografiche, cineprese e televisori.
Scienziato, alchimista e demiurgo, con tratti simili a figure letterarie come Oblomov o Bartleby, Emilio Prini è stato un artista paradossale, un personaggio che poteva essere uscito dalle pagine di Roberto Bolaño o Winfried Sebald. La mostra al Macro ne chiarisce il pensiero e la personalità in maniera non solo esaustiva ma davvero esemplare, grazie alla preziosa e indispensabile collaborazione con l’Archivio Prini e ai tanti collezionisti privati – tra i quali spiccano Mario e Dora Pieroni, Emilio e Luisa Marinoni, Giuseppe Garrera e Anna Butticci – che hanno reso possibile la rassegna.
Dal vuoto di Prini al bagliore dell’oro, protagonista dell’interessante collettiva “El Dorado”, curata da Alessandra Mammì e prodotta dal Centro Studi Roccantica nelle sale del museo Pietro Canonica nel cuore di Villa Borghese. Un percorso che coinvolge le opere di dieci artisti contemporanei ispirate ai fondi oro delle icone, considerate dallo studioso russo Pavel Florenskij come “ soglie tra visibile e invisibile”, spiega Mammì. Con un occhio rivolto più agli artisti maturi che alle giovani generazioni – con l’eccezione di Valerio D’Angelo – la curatrice ha selezionato opere legate alla presenza dell’oro non come elemento prezioso ma per i suoi contenuti mistici e simbolici.
Molto calzante l’installazione di Paolo Canevari con i Monumenti della memoria, poetiche nell’idea di recupero di una memoria domestica i rilievi di Flavio Favelli, radicali le bacheche con gli interventi di Alfredo Pirri sui testi di Antonio Gramsci, evocative le opere astratte e discrete di Rä di Martino, attraversate da bagliori di luce dorata. Decisamente riusciti appaiono gli interventi negli spazi domestici dell’edificio, dove viveva e lavorava lo scultore Pietro Canonica, dal 1927 al 1959: qui spiccano i “leporelli” dipinti da Elisa Montessori, il dipinto-icona di Gianni Dessì, una preziosa icona del XVIII secolo e, a chiusura del percorso, gli ultimi minuti del film Andreij Rublev, capolavoro del regista russo Andrej Tarkovskij dedicato al più grande pittore di icone della storia.
L’ultima tappa del Roman tour tocca uno dei luoghi più affascinanti e inaccessibili di Roma: la sede dell’Archivio di Stato nel complesso di Sant’Ivo alla Sapienza, dove fino al 15 dicembre è aperta Via della Sapienza, la mostra personale di Fiorella Rizzo, promossa dallo Studio Stefania Miscetti. Grazie alla collaborazione con l’illuminato direttore dell’Archivio Michele Di Sivo, l’artista ha realizzato la serie di opere su carta Manoscritti e lingue, posizionate all’interno di bacheche che contengono documenti rari e preziosi come il quaderno della nobildonna Bellezza Orsini, che venne accusata di stregoneria nel 1528, la testimonianza di Giordano Bruno prima della sua esecuzione sul rogo nel 1600 o il Memoriale redatto da Aldo Moro durante la sua prigionia nel 1978. Suggestive tappe di un percorso sapienziale ed esoterico, accompagnate dalle installazioni Campane, Lapidario e Convito, che rendono la visita una sorta di esperienza, dove le opere contemporanee hanno la funzione di attivare le energie concentrate in una sala progettata da Francesco Borromini nel 1667 per conto di papa Alessandro VII Chigi, come biblioteca della Sapienza, sede dell’Università di Roma dal Rinascimento al Ventesimo secolo. Da non perdere.