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Thomas Bayrle, ovvero la moltiplicazione dei segni. Tra consumismo e denuncia

1 Thomas Bayrle, American Dream [Chrysler], 1970 Serigrafia su carta da parati a dimensioni variabili (singoli elementi 39 × 86 cm) Courtesy Thomas Bayrle, Gladstone Gallery, New York 
and neugerriemschneider, Berlin Photo Wolfgang Günzel © Thomas Bayrle, by SIAE 2023
Thomas Bayrle, American Dream [Chrysler], 1970
Serigrafia su carta da parati a dimensioni variabili
(singoli elementi 39 × 86 cm)
Courtesy Thomas Bayrle, Gladstone Gallery, New York 
and neugerriemschneider, Berlin
Photo Wolfgang Günzel
© Thomas Bayrle, by SIAE 2023

Alla Pinacoteca Agnelli, ha aperto la mostra “Thomas Bayrle. Form Form Superform”, che proseguirà fino ad aprile 2024. Considerato un anticipatore dell’estetica del pixel nel linguaggio digitale, è celebre per le “superforme”: complessi pattern realizzati a partire da immagini di persone, prodotti e macchine che l’artista ha declinato attraverso un’ampia gamma di forme, dalle tecniche di stampa alla pittura, dalla scultura al film

Negli anni della giovinezza la vita di Thomas Bayrle (Berlino, 1937) fu improntata ad esperienze professionali legate all’ambito della produzione massificata e della grafica pubblicitaria, in un momento storico difficilissimo, in particolare per una nazione come la Germania che negli anni Cinquanta stava cercando di risorgere dai disastri economico-sociali inflitti dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale.

Anzi, le sue prime esperienze furono quelle maturate in un’azienda tessile industriale di Francoforte in cui certamente la gestualità e le pratiche lavorative governate dal principio della ripetizione rappresentavano la costante della ritualità quotidiana. In tale ambito imparò a usare le schede perforate di Joseph Marie Jacquard per il trasferimento su tessuto di pattern perlopiù reiterati a tutto campo.

2 Thomas Bauyrle, Conducteur, 2012/2013
Tergicristallo Audi A6, azionamento elettrico, suono
(Erik Satie con tergicristallo Audi A6), 190 x 150 x 60 cm

Il paesaggio meccanico che caratterizzava l’interno della fabbrica era inoltre permeato dal rumore delle macchine e dei nastri trasportatori, ronzii che riempivano le orecchie dI Bayrle come nenie incessanti e implacabili. Le stesse che oggi si possono percepire nella prima sala della mostra “Thomas Bayrle. Form Form Superform”, animata da un concerto ritmato sul movimento di tergicristalli Audi, in sincronia con pistoni Ford o Volkswagen, e visivamente accompagnato da wallpaper allusivi al mito Chrysler (“American Dream”, 1970) e da stampe raffiguranti ruote e pneumatici, queste ultime giocate su una fitta trama di immagini tratte dall’archivio FIAT.

Aperta alla Pinacoteca Agnelli, al Lingotto di Torino, e curata da Sarah Cosulich e Saim Demircan, l’esposizione, non a caso, enfatizza il legame che unisce il percorso concettuale dell’artista tedesco, sempre attento alle realtà del mondo del lavoro e dei grandi poteri, e la storia dell’azienda italiana che sulla produzione automobilistica ha fondato il suo impero economico.

Thomas Bayrle, Tire (2), 2023
Stampa digitale su tela
270 x 180 cm
Courtesy Thomas Bayrle and neugerriemschneider, Berlin
Photo Wolfgang Günzel
© Thomas Bayrle, by SIAE 2023

Le leggi del lavoro e della produzione stimolate dal consumismo in piena espansione – che allora iniziava a stregare il mercato inducendo a identificare l’acquisto di un prodotto con l’appagamento delle proprie aspirazioni – iniziavano a dominare il mondo: gli Stati Uniti come l’Europa, la Germania come l’Italia, e anche l’immaginario di Bayrle ne subiva profondi condizionamenti sul piano creativo. Esplicita una delle opere in mostra, “Motta” (1966), che già, a metà anni Sessanta, testimonia le riflessioni sulla forza del messaggio pubblicitario sviluppate dall’artista, ormai approdato a nuove attività: in particolare, quella svolta in ambito grafico-pubblicitario per aziende leader della moda e alimentari come Pierre Cardin e Ferrero, o per case editrici come la Gulliver-Press, da lui fondata.

Thomas Bayrle, Motta, 1966
Olio su tavola, 120 x 190 cm
Collezione Privata, Lugano

Il dipinto “Motta” presenta i tipici segni applicati fin dai primi anni Sessanta dall’artista berlinese alle sue rappresentazioni, come si trattasse di pixel ante litteram, moltiplicati sempre uguali a se stessi, che però – grazie a varianti segniche e pittorico-cromatiche applicate ad hoc ad alcuni dei singoli elementi – costruiscono otticamente l’immagine significante dell’opera: in questo caso, un volto femminile radioso di felicità per il consumo di prodotti dolciari d’eccellenza.

Questa tecnica fa di Bayrle un attento interprete, se non addirittura un anticipatore, delle tendenze artistiche allora in divenire – pop art, minimalismo e cinetismo –, avvicinandolo ad altri artisti che – agli albori della loro escalation professionale come illustratori o grafici “asserviti” alle esigenze della pubblicità – stavano diventando consci dell’importanza del ruolo del messaggio mediatico, facendosene anche efficaci interpreti e in alcuni casi maître à penser. Come nel caso di Andy Warhol il cui disegno di una bottiglia di profumo di Chanel tanto piacque alla stilista da indurla ad adottarlo come icona per le sue réclame.

Thomas Bayrle, Feuer im Weizen, 1970
Serigrafia su carta, 47 × 64 cm  
Courtesy Thomas Bayrle and neugerriemschneider, Berlin
Ph. Wolfgang Günzel © Thomas Bayrle, by SIAE 2023.

D’altra parte, Warhol stesso era grafico per grandi brand, James Rosenquist lavorava come cartellonista, Tom Wesselmann faceva disegni umoristici e Wayne Thiebaud collaborava con Walt Disney. La serialità che era spesso presente nelle loro opere rivendicava quello stesso rapporto diretto e morale con la società e le sue verità che Bayrle esprimeva: se infatti di giorno faceva il pubblicitario per grandi aziende, di notte tanto lavorava alla produzione delle sue serigrafie di provocatoria ripetitività quanto stampava in tipografia volantini per gruppi marxisti, anarchici e studenteschi.

Così la reiterazione di oggetti di consumo miniaturizzati, come anche di volti della politica e dello spettacolo, nelle sue opere divenne immediatamente identità di stile. Emblematica la sala espositiva che a Torino ripropone con “Produzione Bayrle” la mostra dell’artista tenutasi alla Galleria Apollinaire di Milano nel 1967 su invito di Lucio Fontana, ovvero una stanza rivestita di carta da parati e opere di soggetti pop: le cosiddette superforme – tazzine, scarpe o mucche del formaggio La Vache qui rit –, e popolata dagli impermeabili in plastica inventati da Bayrle come omaggio alla moda e ai suoi protocolli estetici.

Thomas Bayrle, ML (Marxistisch-Leninistische Cowboys), 1968/2009
Serigrafia su carta, 58 × 83 cm
Courtesy Thomas Bayrle and neugerriemschneider, Berlin
Ph. Wolfgang Günzel © Thomas Bayrle, by SIAE 2023

Scorrere le novanta opere che sono in mostra, ognuna dotata di effetti speciali per la mente e per gli occhi, significa afferrare solo alcuni dei tanti significati stratificati in esse. Da “Enkalon” e “Pegulan”, entrambe del 1967, ancora legate all’area dell’advertising, alle opere ispirate alle metropoli nate con il capitalismo, convulse di flussi finanziari, come “Gotischer Schinken” (1980-84); da quelle scaturite dall’analisi del rapporto fra individuo e società, riferite soprattutto ai grandi cambiamenti in atto in Cina, come “Mao  und die Gymnasiasten” (1965) o “Arbeiter” (2005), ad altre dove l’icona cristiana della croce diviene tassello per palinsesti di sapore visionario dove le allusioni alla religione si intrecciano a concetti di natura economico-commerciale, come “Export“ (1987) o “Madonna Mercedes” (1989).

Thomas Bayrle, Installation view. A sinistra, serigrafia, Madonna Mercedes 
(1989); al centro, stampa su tessuto Export (1987). A tutta parete, serigrafia 
su carta da parati a dimensioni variabili Frankfurter (1980-2008).

Vigila su le tante immagini, discreto ma assertivo, il ritratto di Giovanni Agnelli, il capo dell’azienda automobilistica che ha sempre affascinato Bayrle. Il suo volto si delinea grazie alla superfetazione di numeri di movimenti bancari a lui riconducibili. Intanto, fuori, su La Pista 500, al cospetto dell’arco alpino, suggella il percorso della mostra “Flamingo” (2023), la scultura di Bayrle aggiuntasi alle installazioni di artisti già presenti sul tetto del Lingotto: una strada avvolta in loop, simbolo della continuità dei flussi di uomini e merci. Come un nastro trasportatore che dialoga con La Pista, e non si arresta mai.

Thomas Bayrle, Flamingo, 2023
Scultura, una delle nuove installazioni su La Pista 500, Lingotto, Torino.
Progetto Pinacoteca Agnelli

THOMAS BAYRLE. FORM FORM SUPERFORM
03.11.2023 – 02.04.2024
A CURA DI
Sarah Cosulich & Saim Demircan

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