To Strange Ground and High Places è il titolo della mostra che raccoglie le ultime opere di Sarah Zapata, artista che ama lavorare con i tessuti per riflettere su tradizione e innovazione. Alla Galleria Poggiali di Milano dal 27 settembre al 30 novembre 2023.
I tessuti, e il modo in cui si realizzano, sono un’espressione culturale che da sempre accompagna la storia dell’umanità. Attraverso loro comunichiamo la nostra identità, l’aderenza a un contesto sociale al suo totale rifiuto. Così Sarah Zapata, ricalcando modalità e immaginando futuri utilizzi, disegna nuove possibilità di significazione per i tessuti, che possano sostituirsi alla natura sacra che avevano per le antiche culture peruviane.
Il suo lavoro, in particolare, indaga le tensioni generate dalla sua identità di persona queer, con origini peruviane e cresciuta negli Stati Uniti. Parte di queste riflessioni artistiche sono oggi in mostra alla Galleria Poggiali, con un nuovo corpus di opere creato dall’artista nel corso del 2023. Si tratta di figure simili a colonne di pietra: alcune si ergono verso l’alto, altre si calano dal soffitto componendo un coro di rovine. Il loro status di strutture statiche e monumentali è però messo in discussione da accessori soffici e dinamici che le avvolgono vivacizzandole. In cima, le colonne sono abitate da misteriose sculture ispirate alle mummie di Paracas, dove ha avuto origine una pratica tessile tipica delle civiltà precolombiane.
A raccontarci delle sue origini, della sua vita e della sua arte è direttamente Zapata.
Ti sei avvicinata ai tessuti per via dei tuoi nonni che avevano un negozio di tessuti a Piura, e poi hai trasformato l’arte della tessitura nel mezzo espressivo chiave della tua pratica artistica. Ricordi il momento in cui hai realizzato che quei tessuti potevano dire qualcosa di più, che avevano un significato oltre al loro utilizzo, che potevano diventare opere d’arte?
Sono stata ispirata dal tessuto a causa del negozio di stoffe di mio nonno a Piura, ma non ho imparato a tessere fino ai 18 anni, nel mio primo anno di università. Penso che inizialmente fossi semplicemente interessata al processo, ci è voluta una comprensione più approfondita del tessere prima che potessi davvero pensare a come trasformarla in un’attività più significativa e concettuale. Ma penso che proprio questo sia interessante nel tessere: può veramente diventare qualsiasi cosa, questo mezzo continua a evolversi nella mia pratica mano a mano che il mio lavoro si sviluppa.
Ricordi qual è stata la tua prima opera d’arte, quella che riconosci ancora oggi come tale?
L’inizio credo che possa essere Siempre X, una commissione del Museo del Barrio di New York, che è stata esposta all’inizio del 2016. È stato un grande punto di svolta per me, a guardarla mi sembrava la prima opera finita. Prima di questa installazione ero davvero confusa su come utilizzare i miei tessuti nel lavoro, al di fuori dell’ambiente scolastico. Per la prima volta ho tagliato, cucito e riempito i tessuti, permettendo loro di essere usati come materiale e non solo mostrandone la tessitura.
Diamo uno sguardo al tuo processo creativo: come inizi un nuovo progetto e come si sviluppa nel tempo? Vorresti condividere alcuni dettagli del dietro le quinte del progetto alla Galleria Poggiali?
Di solito mi piace iniziare ogni progetto leggendo e capendo come il lavoro esisterà concettualmente. Facendo più progetti per diverse istituzioni e luoghi, penso sia diventato importante pensare a dove verrà mostrato il lavoro e come può dialogare con quel luogo specifico. Per la mostra a Galleria Poggiali, a Milano, sapevo che volevo continuare a fare delle colonne. Avevo già realizzato colonne a New York alla fine del 2022, avevano funzionato e mi sembrava potessero considerarsi come un linguaggio consolidato per il mio lavoro. Ovviamente le colonne sono una parte così importante dell’architettura italiana, quindi il lavoro sembrava davvero essere nel posto giusto. Da lì ho pensato ai colori e a come potessero dialogare con il lavoro, e come le sculture avrebbero interagito con le colonne, trasformandole in piedistalli. Di solito faccio acquerelli e disegni del lavoro, e poi inizia il compito laborioso di realizzare tutto.
Crei le tue opere nel tuo studio a New York usando grandi telai, insieme al tuo fedele assistente, un cane chiamato Pascal. Quanto tempo hai impiegato per creare tutti questi tessuti? E una volta finiti, come prendono forma le opere che ora vediamo esposte in galleria?
Sì, tutto questo non sarebbe possibile senza il mio assistente, Pascal. Tessere richiede sicuramente più tempo. Attualmente ho 3 telai a terra, ciascun telaio ha montato un diverso motivo, quindi mi muovo tra i tre tessendo il più possibile. Una volta che la trama è pronta, decido di fare il conto di quanto tessuto ho, lo taglio e inizio a lavorare il tessuto. Viene quindi tagliato, diviso e cucito al materiale di supporto. Una volta che la tessitura sta cominciando a prendere forma, le cose si sviluppano piuttosto rapidamente. Ho iniziato il 2023 lavorando parallelamente a queste opere e a quelle per la mia altra mostra al Kemper Museum negli Stati Uniti, ho passato un intero anno avanti e indietro trai due. Sono due mostre molto diverse, e anche in studio ho dovuto tenerle molto separate.
Il risultato è sorprendente, lo spazio della galleria è stato letteralmente stravolto dal tuo progetto, a partire dalle strisce di diverse tonalità di grigio alle pareti fino alle opere, colonne ricoperte di tessuto alte anche tre metri. La mostra coinvolge molti dei sensi dello spettatore. Come vedi il tuo rapporto con il pubblico? Cosa speri che le persone traggano dal fare esperienza delle tue opere?
Il pubblico è una parte molto importante del lavoro, ed è davvero tutto per l’opera. È quello che amo dell’installazione, lo spettatore diventa letteralmente parte del progetto. Lo spettatore attiva il lavoro, e spero che si sentano entusiasti e coinvolti nella loro curiosità per i materiali, la storia e la comprensione delle possibilità di qualcosa che nel quotidiano gli sembra apparentemente banale.
Questa è la tua prima mostra in Italia e la tua prima personale in Europa. C’è qualcosa nel progetto che si relaziona a questo? C’è qualcosa di questa esperienza che credi influenzerà i tuoi lavori futuri?
É un onore presentare questo lavoro in Europa, e sono entusiasta di come il lavoro si svilupperà. Installare le opere con l’intera squadra della galleria è stato semplicemente incredibile, sono persone così talentuose. Il pittore che ha dipinto le pareti è dell’Ecuador, quindi è stato meraviglioso lavorare e parlare con lui. Ciò che ricavo sempre da queste esperienze sono gli incontri straordinari con le persone che vivono questi luoghi.
Ci sono nuovi progetti o direzioni artistiche che stai esplorando o vorresti esplorare?
Attualmente sono in residenza a Phoenix, in Arizona, quindi è stato un vero vortice passare direttamente dall’Europa al deserto. Sono entusiasta di questo nuovo lavoro e di come parlerà della mia esperienza qui, così come del contesto mondiale.
Le tue opere sono già state esposte in numerose istituzioni museali e non museali, e sono incluse in collezioni prestigiose come quella dello Stedelijk Museum. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai già lavorando su prossime mostre, commissioni o residenze?
Farò parte di Unravel, una mostra collettiva che inaugurerà nel febbraio 2024 al Barbican Museum di Londra. Successivamente, concluderò il mio periodo a Phoenix con una nuova mostra personale presso l’ASU Art Museum, che aprirà anch’essa a febbraio.
C’è qualcosa che vorresti aver saputo quando hai iniziato la tua carriera artistica? E c’è qualcosa che senti di non aver ancora imparato?
Penso che uscendo dalla scuola, abbia sempre cercato di avere pazienza e di mantenere il focus sull’idea di volere una carriera lunga, non veloce. Questo sentimento è sempre stato molto utile, ma la gelosia può sempre insinuarsi, specialmente con i social media. Spesso dico agli studenti che tutto è cambiato per me quando ho veramente iniziato ad abbracciare chi ero e ho smesso di cercare di essere qualcosa che pensavo di dover essere. Una volta che sei in grado di valorizzare la tua esistenza, senti che il mondo è tuo. È importante tenere a mente il lungo termine e fidarsi dell’istinto con le persone. E una delle cose migliori della vita è che non smetti mai di imparare.