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“Imagina”, visita alla ritrovata e rinnovata Biennale di Gubbio

Sveva Angeletti, Autoritratto
Alla ricerca del Genius Loci eugubino, l’edizione XXVII della Biennale di Gubbio si intitola “Imagina” ed è stata concepita e curata dalla realtà romana di Spazio Taverna. Inaugurata il 15 ottobre 2023, la manifestazione si concluderà il primo maggio 2024

36 artisti italiani, tutti under 40, sono stati invitati a partecipare a questa manifestazione che prosegue la storica Biennale di Gubbio (1956-2016) arrestata dal Covid. Il titolo Imagina, crasi tra “immagine” e “immagina”, si riferisce alla capacità propulsiva dell’arte che, partendo da opere concrete, può far scaturire una serie di concatenamenti cognitivi, stimolando riflessione e interpretazione. La mostra si divide in due sedi principali – Palazzo dei Consoli e Palazzo Ducale -, coinvolgendo anche le corporazioni artigiane e alcuni sponsor locali.

Francesca Cornacchini, Disarmo2_karambit knife wood toy (2023), Legno di ciliegio, cipresso, radica di noce e olivo

La prima sede è Il Palazzo medievale dei Consoli, edificio in cui si riuniva il Governo cittadino per prendere le decisioni più importanti; ogni due mesi venivano selezionati 8 consoli tra i componenti del popolo. I prescelti dormivano nelle stanze dell’edificio e, per quel periodo, non potevano avere alcun contatto con l’esterno, affinché il loro giudizio non venisse influenzato. Nella Sala Marengo, luogo di rappresentanza, si trova un’installazione di forte valore simbolico: Medioevo al femminile vuole consegnare lo scettro del potere al genere femminile. 8 artiste presentano così la loro versione contemporanea dei gonfaloni (dal tedesco “fahne”, bandiera) che venivano appesi al soffitto in passato.
Gli stendardi sono stati realizzati con il supporto di Ti STYLE iT: le immagini elaborate sono state stampate direttamente sul tessuto. Interessante quello di Sveva Angeletti che presenta il suo autoritratto, elaborato grazie a un’app sviluppata da Microsoft. Seeing AI cerca di fornire agli ipovedenti la traduzione delle immagini in segni significanti: su un verso leggiamo “persona, donna, 31 anni” e sull’altro “che sembra essere felice”; ciò fa riflettere sui limiti dell’intelligenza artificiale ma anche di quella umana innanzi alla diversa entità dei dati da una parte più oggettivi, dall’altra soggettivi poiché legati alla sfera emotiva di complessa interpretazione (persino dall’individuo stesso che prova ad autoanalizzarsi).
Oltre agli stendardi di Ambra Castagnetti e Binta Diaw, spicca poi firefly dell’artista Federica Di Pietrantonio (fino al 2 dicembre si segnala la sua personale da The Galery Apart). L’artista parte dalla Fons Arenghi una fontana presente in una sala del palazzo che rispecchia il lusso palpabile di avere risorse idriche e servizi igienici accessibili. La raffigurazione digitale – ottenuta da un luogo solitamente inaccessibile all’interno del videogioco The Sims 4 – rappresenta una cascata e il ribaltamento della visione di un fiume, alludendo al concetto di caduta libera e di flusso, nei significati dati da Boris Groys e Zygmunt Bauman. Veronica Bisesti ha invece sparso per le vie cittadine ben 35 stendardi in una dimensione ambientale.
Le altre due sezioni all’interno del palazzo sono “La questione delle lingue” – il collettivo Numero Cromatico elabora un’installazione in cui l’IA si confronta con le Tavole Eugubine – e “Tra Oriente e Occidente”, un’opera di Namsal Siedlecki.

Lulù Nuti, Torneremo ancora (2023), Colla da piastrelle, pompa, acqua, sistema idrico, anti-gelo

Per Palazzo Ducale sono state pensate 4 sezioni: “La misura umana”; “Genius Loci”; “Fotogrammi in quadreria”; “Corporazioni Contemporanee”.
Sulla terrazza panoramica, al centro del giardino pensile all’italiana, troviamo la migliore opera proposta (concepita per la sezione “Genius Loci”): la scultura con acqua di Lulù Nuti. Ritorneremo Ancora è costruita in modo che il fluido non sgorghi eruttando da un vertice e ricadendo in rivoli verso il basso ma come fosse un calco in negativo che si sviluppa in un circuito ipogeo. Due linee si intersecano ad angolo retto e, dai margini esterni della croce, l’acqua viene risucchiata nel buco centrale. L’anomala fontana di Nuti vuole richiamare un’assenza, è come fosse il suo fantasma. Doveva esserci una fontana circolare al centro di quel locus amoenus – immagina l’artista e si documenta per fornire degli appigli alla sua intuizione. La trova! Isabella d’Este allude effettivamente a questa presenza misteriosa in un suo scritto e una forma circolare compare in un disegno con prospettiva aerea del giardino. Purtroppo, l’opera non poteva vincere il premio della Biennale per ragioni tecniche. L’installazione dovrà essere smantellata alla fine della manifestazione non potendo rimanere nel luogo dove sorge attualmente.
All’interno del palazzo si trova la ricostruzione (l’originale si trova al Metropolitan) dello Studiolo di Guidobaldo da Montefeltro. Guidobaldo l’aveva fatto realizzare sul modello di quello del padre, Federico da Montefeltro, che si trova a Urbino. Tra le tarsie lignee è posizionata l’opera vincitrice del Premio della Biennale, firmata da Helena Hladilova. Caalum è una scultura realizzata in alabastro e agata di Volterra che allude alla liberazione di un pappagallo dalla sua gabbia. La voliera è stata, infatti, idealmente scomposta e le sue assi utilizzate (impilandole una sopra l’altra) per costruire il piedistallo – un po’ “brancusiano” -, in marmo di Carrara. Nonostante si possa apprezzare la perizia nella realizzazione, l’opera risulta (a mio parere) didascalica.
Sempre per la sezione “Genius Loci”, Gabriella Siciliano propone un intervento divertente, nel suo stile – l’abbiamo vista con la bellissima stanza di cavalli da giostra stanchi per Quadriennale – e, recentemente, proposta in mostra da Osservatorio Futura. Qui, porta un drago in peluche nascosto – quasi in una caccia al tesoro – tra i cunicoli esterni del palazzo.

Gianluca Brando, Terra-lampo (2023), Gesso rinforzato e sabbia, fusioni in bronzo a cera persa di gusci di lumaca (bronzo giallo lucidato), struttura interna in legno

La sezione denominata “La misura umana” è ospitata nel Salone di corte con sculture free standing concepite da 8 artist*. Teste di cavolo di Serena Vestrucci è un’opera ironica e ben pensata ma manca d’aderenza con il contesto eugubino – come d’altronde tutte le opere della sezione La misura umana. In ogni caso, il messaggio veicolato dagli occhi di ceramica di Visionarie di Ruth Beraha è quanto mai attuale: allude al male gaze, all’oggetto-vittima dello sguardo indesiderato, trasformando tutti i visitatori in potenziali prede del voyeurismo rapace dell’opera. Altri interventi riusciti sono: Preghiera di Lucas Memmola, una scultura composta da stalagmiti di cera (raccolta in un santuario); la piccola “scultura” di Antonio Della Guardia, The Shadow, un mouse nero dotato di artigli – oggetto ormai quasi desueto e obsoleto, sostituito dai trackpad dei portatili; Terra-Lampo di Gianluca Brando che presenta una tettoia in tegole (gesso rinforzato e sabbia nera), cosparsa di gusci bronzei di lumaca, realizzati con la fusione a cera persa. Quest’ultima opera è di una poeticità estrema. Da una parte, oppone l’idea di abitare dell’uomo-architetto – che deve progettare e costruire luoghi altri da sé per mettersi in sicurezza – a quella della chiocciola, la cui conchiglia è una casa mobile, un tutt’uno con il proprio corpo. Dall’altra, rievoca la sepoltura ancestrale a doppio spiovente: si configura così un’antitesi tra vita e morte, tra ambiente della routine quotidiana e tomba…e vengono in mente i cadaveri degli uomini estratti dalle macerie delle loro stesse case, in quest’ultimi due mesi di guerra.
Giulio Bensasson, vincitore del Talent Prize promosso da InsideArt e menzionato per il premio della Biennale, propone con Crescere in mancanza un’alta colonna decorata da calchi in negativo, quindi da cavità, lacune simboliche. Frutta verdura e crostacei sono elementi ricorrenti di banchetti e nature morte rinascimentali ma vogliono qui alludere alla megalomania, spesso immotivata, che aleggia nel mondo dell’arte.

Sonia Andresano
Maddalene (2023)

Nella sezione Fotogrammi in quadreria, con Maddalene, come già per l’opera concepita per Straperetana, Sonia Andresano si conferma artista raffinata e intelligente. Sono da approfondire anche le opere di Anouk Chambaz e Rachele Maistrello – incontrata ultimamente nella galleria romana Eugenia Delfini per la personale Rachele Maistrello, Gao Yue.

Per “Corporazioni Contemporanee” Francesca Cornacchini ragiona sul disarmo realizzando (con l’aiuto di esperti falegnami) delle armi fuori scala, Alice Paltrinieri propone l’esperienza 1450° circa ideata in collaborazione con Colacem s.p.a. (azienda di produzione cementi e leganti idraulici). Durante la giornata dell’opening una lunga tavolata è stata allestita sotto il voltone che introduce al giardino pensile. La tovaglia in tessuto riproduce le schermate di controllo dei processi di produzione dello stabilimento. Si prende un vassoio servendosi con uno dei pasti tipici della mensa del cementificio, ci si accomoda e si indossano le cuffiette. La traccia audio riesce a spiazzare chi ascolta: una voce maschile digitale che racconta i processi di produzione del cemento alternata con interferenze di una voce femminile digitale che spiega i processi legati alla preparazione del cibo.

IMAGINA
XXVII edizione della Biennale d’arte contemporanea di Gubbio, a cura di Spazio Taverna, 15 ottobre 2023 – 1 maggio 2024, Palazzo dei Consoli e Palazzo Ducale – Gubbio (PG)

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