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Perché l’oligarca russo Dmitry Rybolovlev ha fatto causa a Sotheby’s

Dmitry Rybolovlev
Dmitry Rybolovlev
Secondo l’oligarca russo Dmitry Rybolovlev Sotheby’s avrebbe collaborato col mercante svizzero Yves Bouvier per gonfiare le valutazioni di alcune opere acquistate dal collezionista.

Ogni mercato ha le sue zone d’ombra, con soggetti che al loro interno si muovono sfruttando ambiguità e mancanza di regolamentazioni. Nel caso dell’arte, poi, tutto è reso ancora più complesso dalla forte escursione di prezzi che si riscontra tra un’opera e l’altra, ma anche nella stessa opera in due momenti diversi della sua parabola. Insomma, la forte volatilità dei valori economici e l’estrema soggettività nella valutazioni rende incerto il mercato. Meglio rivolgersi a un advisor, no? Ci ha pensato anche l’oligarca russo Dmitry Rybolovlev, che si è affidato al consulente e mercante svizzero Yves Bouvier per costruire la propria collezione. E stava andando tutto bene (Rybolovlev, sotto indicazione di Bouvier, ha speso più di 1 miliardo di dollari per 38 opere), almeno fino a quando l’imprenditore russo non si è accorto che qualcosa non tornava.

Nonostante l’importanza delle opere acquistate, i tanti milioni spesi hanno iniziato a insospettirlo. In particolare, è stata l’operazione con cui nel 2013 Rybolovlev ha acquistato la scultura Tête di Amedeo Modigliani per 83 milioni di dollari a mettergli la pulce nell’orecchio. Una transazione in cui Bouvier avrebbe dovuto agire come consulente di Rybolovlev, mentre secondo l’oligarca ha svolto il doppio gioco di consulente e venditore. In sostanza, appurato l’interesse dell’opera da parte di Rybolovlev, Bouvier l’avrebbe acquistata dal venditore originale per poi rivenderla al suo cliente a un prezzo maggiorato. Ad aiutarlo nel raggiro secondo il collezionista sarebbe stata Sotheby’s.

La casa d’aste avrebbe poi iniziato a gonfiare il valore delle opere d’arte per cui Rybolovlev aveva espresso interesse, inclusi pezzi di Gustav Klimt, Amedeo Modigliani e René Magritte, favorendo l’operato sottotraccia di Bouvier. Dmitry Rybolovlev – classificato come la 180esima persona più ricca del mondo con una fortuna stimata di 9 miliardi di sterline (11,4 miliardi di dollari), proprietario dell’AS Monaco e dell’isola greca di Skorpios, dove Jacqueline Kennedy sposò Aristotele Onassis nel 1968 – ha fatto dunque causa a Sotheby’s a New York, mentre ha ha avviato un’azione legale contro Bouvier a Monaco, Singapore, New York, Hong Kong e Svizzera.

Sia Bouvier che Sotheby’s hanno negato qualsiasi coinvolgimento, affermando di essere estranei alle accuse. Tuttavia, nel marzo 2023 il giudice della corte distrettuale degli Stati Uniti Jesse Furman ha stabilito che Sotheby’s dovrà effettivamente affrontare in tribunale l’imputazione per frode inerente alla vendita di quattro opere: il Salvador Mundi di Leonardo, la scultura Tête di Modigliani, Wasserschlangen II di Klimt e Le Domaine d’Arnheim di Magritte. Il processo, iniziato lunedì 8 gennaio 2024, potrebbe rivelarsi un terremoto per Sotheby’s e non solo.

Sul tavolo, in particolare, la (già oscura) vicenda del Salvator Mundi. Secondo le ipotesi dell’accusa, Bouvier avrebbe acquistato il Salvator Mundi tramite Sotheby’s il 2 maggio 2013. Il giorno successivo lo avrebbe poi venduto a Rybolovlev per 127,5 milioni di dollari. Due anni dopo, nel 2015, Rybolovlev (che iniziava a maturare dei sospetti) è tornato da Sotheby’s per chiedere una valutazione, che si è fermata a 114 milioni. Una prova schiacciante? Niente affatto: l’opera potrebbe aver perso valore nei mesi trascorsi, o le valutazioni espresse da due esperti diversi sono risultate divergenti. Eppure tanto è bastato per acuire le preoccupazioni di Rybolovlev, che hanno poi trovato riscontro nell’avvio delle vicende giudiziarie.

C’è da dire che alla fine con il Salvador Mundi comunque non è andata male a Rybolovlev, che lo ha rivenduto per 450 milioni di dollari in asta da Christie’s nel 2017. Un’aggiudicazione che l’ha reso il dipinto più costoso mai venduto. Ad acquistarlo Mohammed bin Salman, il principe ereditario dell’Arabia Saudita, che voleva farne l’attrazione principale del Louvre di Abu Dhabi. Considerando che però non è mai stato esposto e molti esperti hanno sollevato dubbi sulla sua autenticità, il progetto non è andato a buon fine. E ora, con il processo appena iniziato, le cose potrebbero peggiorare ancora.

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