A livello internazionale, per il mercato dell’arte, il 2023 è stato un anno che possiamo definire positivo, nonostante le parole chiave più utilizzate per descriverlo nella maggior parte delle riflessioni degli esperti del settore siano state “decrescita” e “normalizzazione”. E per l’Italia?
Certo, dopo il 2022 dei record, sembrava inevitabile una “correzione“. Così il 2023 è stato caratterizzato da un fisiologico calo del fatturato (che rispetto all’anno precedente si è fondamentalmente dimezzato), prezzo da pagare anche per via dell’instabilità globale che ha caratterizzato l’anno con la nuova guerra a Gaza, quella in Ucraina che sembra non aver mai fine e la conseguente inflazione, recessione e instabilità generale (leggi qui un approfondimento su i punti chiave del mercato dell’arte nel 2023). Per quel che riguarda il Bel Paese invece, abbiamo interpellato le principali case d’aste, sparse da nord a sud. E la situazione, a dispetto dell’allarmante scenario economico e politico internazionale, non sembra così tetra, anzi. Il mercato sembra tenere.
Vediamo nel dettaglio come sono andate le singole realtà.
Ecco il 2023 di Blindarte
– Qual è stato il fatturato totale del 2023?
L’aggiudicato del 2023 (diritti inclusi) della Blindarte è stato di 4.150.000 EURO, un risultato tendenzialmente stabile rispetto al 2022, quando il totale era stato di 4.200.000 euro con lo stesso numero di aste, 4 fisiche e 6 online. La percentuale di venduto per lotto si è assestata su un 69% e di venduto per valore sul 76%. I momenti salienti dell’anno appena concluso sono stati le aggiudicazioni di novembre 2023 e l’incremento delle aste online a tempo, attualmente in corso.
– C’è un dipartimento in particolare che ha riscontrato risultati significativi?
Il settore a più alto aggiudicato è stato quello di arte moderna e contemporanea, che ha visto un realizzo di circa 3.000.000 euro. La percentuale collezionisti internazionali tra gli acquirenti è stata del 44%, con i primi 3 Paesi per provenienza riscontrati tra Francia, Germania, Usa.
– Quali sono stati i top price?
Tra i top price si segnalano un’opera di Jan Fabre, artista con un proficuo rapporto con la Blindarte e Piero Dorazio. Nato ad Anversa nel 1958, Fabre è senz’altro uno degli artisti contemporanei più innovativi ed eclettici. Coreografo, regista, scenografo, ma anche autore di sculture, disegni, film, installazioni e performance radicali ha prodotto a partire dagli anni Settanta opere che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, dando forma e verità alle sue ossessioni con un senso della disciplina e della perfezione ineguagliabili. Artista visivo, artista teatrale e autore, usa le sue opere per speculare in modo rumoroso e tangibile sulla vita e la morte, le trasformazioni fisiche e sociali, nonché sull’immaginazione crudele e intelligente che è presente sia negli animali che negli esseri umani. Influenzato dalle ricerche dell’entomologo, suo antenato, Jean-Henri Fabre (1823-1915), fin da giovanissimo l’artista fu affascinato dal mondo degli insetti e di altre creature. Infatti dal punto di vista tecnico “Adsum qui feci” (2016) è un mosaico realizzato con migliaia di ali cangianti di scarabeo gioiello verde, che donano all’opera un’estetica unica. L’opera è stata realizzata dall’artista per l’importante esposizione dal titolo “Jan Fabre: Knight of Despair / Warrior of Beauty” avvenuta tra ottobre del 2016 e aprile 2017 all’Hermitage di San Pietroburgo. Questo lavoro, il cui titolo latino tradotto significa “sono io che l’ho fatto”, appartiene alla serie “Vanitas Vanitatum, Omnia Vanitas” (“Vanity of Vanities, All is Vanity”) in cui la vanità e la fedeltà sono i due temi più importanti; temi comuni, come all’artista piace ricordare, nell’arte fiamminga del XVI e XVII secolo, così come nel lavoro del maestro barocco di Anversa Jacob Jordaens. Concetti ricchi di senso come la vanità e la fedeltà sono rappresentati nell’iconografia artistica attraverso numerosi simboli. Il motivo della vanità è un tema ricorrente nell’opera visiva e teatrale di Jan Fabre.
Dorazio è stato uno dei massimi rappresentanti dell’Astrattismo europeo, corrente artistica alla quale si avvicina fin da giovane. L’esigenza di sottrarre l’arte da qualsiasi riferimento naturalistico e dalla funzione sociale che fino a quel momento l’aveva caratterizzata, porta alla formazione nel 1947 del Gruppo Forma 1, che Dorazio dirige insieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato. A partire dagli anni ’60, Dorazio indaga da vicino la trama dei “reticoli”, realizzando grandi tele che presentano linee oblique, orizzontali e verticali sovrapposte.
Dopo aver girato per l’Europa e per il mondo, nel 1973 acquista un antico convento a Todi che ristruttura adattandolo ad abitazione e studio. Dalle campagne umbre l’artista trae nuove ispirazioni, e la sua pittura si fa sempre più ritmica, piena di contrasti e punti di luce e ombra. E proprio a questo periodo così fecondo della sua produzione, appartiene l’opera venduta da Blindarte, un olio del 1988 in cui il colore pieno, lo spazio, la materia, le dimensioni e il movimento concorrono a trasmettere emozioni, con segno e forma che diventano unico mezzo di espressione.
JAN FABRE, Adsum qui feci (I, here before you, am the guilty party) dalla serie ‘Vanitas vanitatum, omnia vanitas’, 2016 – AGGIUDICATO A 125.000 EURO