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Il lato nascosto di Edgar Degas: inaspettato paesaggista, insospettabile romantico

Edgar Degas, Landscape Edgar Degas, Landscape
Edgar Degas, Landscape
Edgar Degas, Landscape

Non ci ricordiamo Edgar Degas per i suoi paesaggi, eppure ne ha realizzati diversi. A interessarlo era il loro lato romantico ed esercitandosi su di essi ha potuto affinare il suo stile.

Che impudenti imbroglioni, i paesaggisti! Quando ne incontro uno in campagna, vorrei sparargli addosso… Dovrebbe esserci una polizia adibita a questo scopo”. Una frase forte, probabilmente esagerata, questa che viene attribuita a Edgar Degas. Ma di certo ben racconta lo scarso apprezzamento che il pittore aveva per i suoi colleghi interessati alla natura, e soprattutto il relativo valore artistico che lui stesso riscontrava nel rappresentarla. D’altra parte, chi ricorda un paesaggio dipinto da Degas? Abbiamo tutti nella mente i ritratti della vita parigina d’inizio secolo, così come le sue delicate e sognanti ballerine.

Hanno quindi il sapore di una rivelazione la vista delle vedute urbane, delle marine, delle coste, dei tramonti, delle nuvole, dei paesaggi romantici, drammatici e pittoreschi che proprio Degas ha realizzato. In particolare nella prima parte della carriera, nello specifico durante i viaggi in Francia e Italia, su alcuni taccuini e quaderni, come fossero un diario visivo, un album proto-fotografico per fissare i paesaggi che nella sua quotidianità parigina avrebbe presto dimenticato.

Edgar Degas, Landscape with Smokestacks
Edgar Degas, Landscape with Smokestacks

Aveva 21 anni la prima volta che lasciò Parigi, nel 1855, quando trascorse tutta l’estate a Lione riempiendo il taccuino con ciò che aveva intorno: il Palais des Arts, la facciata gotica della cattedrale, le strade e le vedute della città; così come le montagne del Lyonnais che si stagliano dietro gli edifici insieme agli scorci del fiume Rodano. Visitando la Provenza ritrasse poi i monumenti delle città più importanti della regione, come Arles, Nîmes e Avignone, insieme alle Alpi e al Mediterraneo che, a seconda di dove si trovasse, ne tratteggiavano l’orizzonte.

Nel complesso, però, questi primi studi riguardavano la città e la sua architettura. É solo in Italia, che visita nel 1856, che Degas si dedica per la prima volta al solo studio della natura. Uno dei primi esempi è il piccolo Paesaggio italiano visto da un abbaino, che può essere identificato come una veduta di Capodimonte, Napoli, e datato all’autunno di quell’anno. Tra questi c’è poi un disegno finemente ombreggiato, Paesaggio italiano, il cui ampio orizzonte e la vivida illuminazione sono inediti nell’opera di Degas. I paesaggi che disegnò a Roma e nei suoi dintorni, negli anni successivi, mostrano un interesse simile per la luce e l’atmosfera, anche se continua ad alternare le vedute costiere e collinari a quelle della città, come il Foro Romano e Castel Sant’Angelo.

Queste opere vanno intese probabilmente come una sorta di esercizio, tanto che al procedere della sua maturità artistica vanno gradualmente diminuendo. Alcune sue annotazioni – in particolare quelle prese su una serie di schizzi della campagna vicino a Tivoli, ad esempio, descrivono con straordinario dettaglio i cambiamenti di luce, ombra e colore che osservò nei 25 minuti che separano il primo disegno dall’ultimo –  parlano chiaro: “Effetto piuttosto curioso, in quanto c’erano due raggi di luce proiettati in modo molto visibile attraverso il cielo, ma molto leggeri. La notte calò al massimo dieci minuti dopo. Tivoli, 17:10, 10 novembre 57“. Una precisione che indica l’intenzione sperimentale di Degas alle prese con la natura.

Edgar Degas (1834–1917), View of Naples (1860)
Edgar Degas (1834–1917), View of Naples (1860)

Quando l’anno successivo visita Firenze, l’annotazione che prende – “Guardo la pianura: spettacolo superbo, lo ricorderò per tutta la vita…. Il sole sta tramontando sul ciglio della strada per Firenze; tutti quei bei piani delle montagne. Quale momento della giornata è più bello?” – rivela il carattere romantico di queste opere. Una qualità emozionale che circoscrive l’interesse di Degas al paesaggio solo nei termini in cui esso riporta al suo stato d’animo, in cui trova una risonanza tra quel che vede fuori e ciò che prova dentro.

Anche i taccuini degli anni successivi (1859) sono di chiara ispirazione romantica, tanto che nello scenario Degas inizia a inserire degli elementi utili a chiarire il suo interesse, rivolto più che altro alla cifra emozionale dell’opera. Tra questi un palazzo incastonato tra corsi d’acqua e rocce, una piccola barca a vela che si capovolge durante una tempesta e una donna inginocchiata davanti a un cenotafio posto sotto alberi imponenti. Al contempo compaiono immagini più esotiche della natura: vedute delle Termopili e del Monte Olimpo, così come giungle e altri scenari orientaleggianti. Insomma, tutte prove del suo gusto romantico per il pittoresco e il remoto.

Un sentimento che Degas coltiva negli anni, lo porta con sé adattandolo ad altri tipi di opere che realizzerà, come le scene di genere o bibliche, dove lo sfondo mantiene l’estetica soffusa tipica della poetica romantica. Un’esperienza che gli permise di esercitare effetti di delicata trasparenza che ritroviamo in alcune dei suoi dipinti più celebri, da L’assenzio alle ballerine. E più in generale sottolinea la continuità di pensiero con cui Degas ha condotto il suo percorso, in cui i paesaggi non appaiono come una strana anomalia, ma uno snodo coerente della sua evoluzione artistica.

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