Oltre 90 opere di Antonio Ligabue ne illustrano la vita, la psiche e la storia tormentata nell’esposizione Ligabue, a cura di Giovanni Faccenda, in corso alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 26 gennaio al 26 maggio. Un viaggio nell’arte di questo genio visionario sempre in evoluzione, e nella sua appassionata ricerca, con la quale sapeva inventare e rinnovare le sue opere nella loro pressante suggestione emotiva, in una iconografia popolare e raffinata.
La mostra si sviluppa attraverso 8 sale in un corpus di 71 dipinti, 8 sculture e 13 disegni ed è la prima realizzata con la Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue, a quasi un anno dalla scomparsa di Augusto Agosta Tota, che dell’artista fu amico, promotore e studioso. Le opere provengono da collezioni private, dai celebri autoritratti alla Testa di tigre del 1953 e Leopardo del 1955, dal Motociclista del 1954, alla Traversata della Siberia del 1959; dalle sculture Leone e Leonessa del 1935, a Pantera del 1938, Leonessa accucciata del 1940, fino al Busto di Gorilla del 1956; dai disegni con figure di animali all’Autoritratto a matita del 1955.
Al mondo di Ligabue ci introduce il curatore: “L’arte, quando gli fu possibile o scelse lui stesso, volontariamente, di praticarla, rappresentò per Ligabue non già un itinerario terapeutico o un’evasione salvifica dai propri, insanabili, tormenti esistenziali, ma il racconto, crudo, dei medesimi, attraverso argute allegorie caratterizzate dalla presenza degli amati animali: tigri, vipere, cani, mosche, api… Dichiarazioni appassionate, invero, di chi, nella vita di tutti i giorni, annegasse, al contrario, nel più torrido silenzio: quello, terribile, cagionato da coloro che, disprezzandoti, non ti rivolgono neppure una parola e, se lo fanno, è, questa, solo espressione di cattiveria, ingiuria, dileggio. Plasmare l’argilla, disegnare su fogli di carta tenuta nascosta come un tesoro oppure dipingere al cavalletto, guardando ossessivamente la propria immagine riflessa nello specchio vicino, livida dopo essersi ripetutamente colpito con un sasso il naso (affinché fosse più aquilino) o le tempie sanguinanti (per far uscire il Male che avvertiva lacerargli la mente), era, tutto questo, per Ligabue, l’unico modo per sottrarsi, almeno temporaneamente, alla propria, fatale, odissea terrena.” Accompagna la mostra il catalogo edito da BesideBooks, con testo critico di Giovanni Faccenda, e testi di Simona e Cinzia Agosta Tota, Francesca Biagioli, Samantha Patorno e Manlio Polzella (29 euro).