“Povera carne che non mangia carne” è il provocatorio titolo di una frizzante mostra collettiva a cura di Asia Lupo e Antonio Shllaku nel nuovo spazio espositivo no-profit Artilaide studio a Gallarate, gestito da giovani donne impegnate nel sociale che lavorano nel campo artistico.
In questo gioiellino di “periferia”, a pochi minuti da Milano con il passante ferroviario, 17 artisti diversi per tecnica, linguaggi, formazione, esperienze e attitudini, hanno affrontato il tema del post umano in maniera viscerale e spirituale insieme. I curatori dichiarano: “Con la mostra abbiamo voluto mettere in evidenza opere che indagano la soluzione di frattura tra reale e digitale contemporaneo, come opportunità di tensione di trasformazione e tensione spirituale, in cui l’estetica del brutto è radicata nel bello nella cultura digitale del presente”.
I temi esistenziali sono: fragilità del presente, disumanizzazione, frustrazione e vergogna della mediocrità dell’umano, cinismo, frantumazione e ricomposizione del corpo nello spirito, purificazione e resilienza.
Ai giovani e non, della comunità locale e non, è piaciuta la proposta di varietà di linguaggi e le opere mix media dei giovani artisti, di cui 9 hanno frequentato il corso NTA Nuove Tecnologie per l’Arte dell’Accademia di Brera, Milano.
Tra gli altri lavori in mostra all’insegna della contrapposizione tra tecnologia e umanità di Andy McFly, Aura Monsalves Munoz, Camilla Bortolini, Claudia Gigliotti, Giovanni Carboni, Guglielmo Anfossi, Francesco Morresi, Giorgia Fiorentino, Lorenzo Colli, Veronica Fay, non si dimentica l’installazione Soffocami come Rozafa di Antonio Shllaku, due video inquietanti Mito di Galatea di Giorgio Parisi e Fast Life: Non c’è tempo per diventare intelligenti di Asia Lupo, Archivio 01, La polvere del tempo di Gabriele Giovanni Gandini, Tanja è l’unica rimasta di Victor Manzoni, una struggente videoinstallazione contro – non soltanto il conflitto russo-ucraino – ma tutte le guerre, che narra lo spaesamento di una sopravvissuta all’orrore, e Ossi d’azione, le mani chino, di Brando Argenio, una esile figura filiforme ripiegata su stessa, nel tentativo di abbracciare il vuoto che l’ha generato. Così a Gallarate, tra sculture, dipinti, assemblaggi, videoinstallazioni, video mapping, animazioni 3D, immagini e parole fluttuano in uno spazio centro di problematiche contemporanee che nell’arte trovano strutture di ibride identità.