Mucciaccia Gallery prosegue la ricerca di nuove proposte nella sua sede di Roma, Mucciaccia Gallery Project. Dal 10 febbraio al 16 marzo 2024 è il momento della fotografa Maryam Eisler, con una mostra dal titolo Intimate Landscapes.
“I sentimenti sono la mia stella polare“, dice Maryam Eisler di se stessa quando deve definire la sua arte. Si guarda dentro, dunque, ma non in maniera autoreferenziale: “Cerco spesso ispirazione nella letteratura, nella poesia e nelle arti. Storie di vita, vissute e immaginate. Vere o fantastiche. Nostalgia di tempi passati. Passione. Romanticismo. Dolore. Mondi onirici resi reali“. Nata in Iran nel 1968, Maryam Eisler è una fotografa che guarda agli altri per capire qualcosa in più di lei, per far risuonare – con un click – il mondo all’interno di sé.
Cresciuta a Parigi, dopo gli studi negli Stati Uniti inizia a collaborare con moltissime riviste come LUX, Vanity Fair e Harpers Bazaar. Autrice di Confined Artists Free Spirits: Portraits and Interviews from Lockdown 2020 (2023) e Voices: East London (2018), Eisler ha curato anche diversi libri per Thames & Hudson. Ha esposto sia negli Stati Uniti che in Europa. Nel 2014 è stata inclusa nell’elenco di Artnet delle “100 donne più potenti dell’arte” e nominata una delle “donne più influenti del mondo dell’arte in Europa”.
Per questo la mostra che Mucciaccia Gallery Project le dedica è una prima grande occasione di vedere le sue opere in Italia. Quasi una retrospettiva, con circa 30 fotografie selezionare da 14 serie realizzate da Eisler tra il 2018 e il 2024. Intitolata Intimate Landscapes, la mostra esplora il “Sublime Femminile”, concetto che la fotografa identifica con la speciale energia femminile, fatta di forza e vulnerabilità, debordante ma anche intimamente rivolta a proteggere il proprio mistero.
Per restituire visivamente questo complesso di suggestione l’artista sceglie spesso il bianco e nero, per definizione la cromia dei contrasti e dei dualismi. Nell’atmosfera soffusa le figure non appaiono mai in viso, si negano alla ragione per scivolare in una dimensione quasi magica, con l’ambiente circostante che la esalta. Un pentagramma si disegna sulla schiena nuda, come le ombre di un tetto in legno scansiona delicatamente un corpo sdraiato. E ancora, le curve femminili sfumano nell’astratto quando si avvicinano a dune del deserto.
Anche quando a colori, gli scatti fanno di tutto per conversare il loro fascino silenzioso, costruito di non detti. In una foto vediamo una donna immergersi nell’acqua, scomparire alla vista dell’uomo che la osserva. In un’altra, il soggetto sembra intento in una danza sfrenata; vi è così coinvolta che, ruotando su se stessa, perde i propri contorni e si diluisce nel deserto alle sue spalle.
Vi è quindi una ricerca della composizione che poggia fortemente sui contorni intimi della figura femminile. Non tanto in relazione alla sua bellezza implicita, ma nel modo in cui si relaziona al suo contesto fisico, spirituale e metaforico.
A queste opere si accostano infine foto di architetture e paesaggi, anch’essi espressione di sentimenti contrastanti: durezza e dolcezza, ostilità e sensualità.