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Il negozio di giocattoli

Timoléon Marie Lobrichon, “La vitrine du magasin de Jouets”, collezione privata

Tra i giocattoli e la strada c’è un grande vetro e una piccola scritta “Negozio di giocattoli”.

La felicità che trasmette lo rende preferibile ad un elegante appartamento borghese. Dentro ritroviamo tutta la nostra vita, in miniatura, tutta colorata, pulita e lucente. L’immaginazione si mescola come neve su terra verde. Scuola è chiusa! La maestra è malata! Queste sensazioni di gioia sono nulla rispetto al desiderio e all’accecante senso che è ora o mai più: quel giocattolo mi parla. È mio! Mi guarda. Tutti noi parliamo ai giocattoli e questi divengono gli attori del grande dramma della vita, dove la profonda forza inventiva succhia il biberon con latte caldo e miele assieme alla facoltà di astrazione.

Stiamo andando con papà e mamma a teatro. I miei genitori sono proprio dietro di me. Lui con cilindro sulla testa, mamma un poco assorta nei pensieri. Chissà cosa pensano i grandi? Perché si arrabbiano e piangono a volte? Perché rimangono taciturni per ore e poi improvvisamente scatenano bolle di rabbia come un minestrone lasciato troppo sul fuoco? Ho corso subito verso la vetrina. Per me non esiste una cosa bella e una cosa brutta. È bellissimo essere bambini per addormentarsi sul seno, ti desti da un sogno primaverile ed incontri gli occhi di mamma. E poi ci sono i giocattoli che tolgono il fiato. Ancora non conosco la ventosa delle labbra di un bacio. Fidatevi però che la ventosa di una vetrina è buonissima, ha il sapore di caramelle esotiche, quelle che vengono dall’America. Davanti alla vetrina non ci sono grida di raccolta ma sentimenti taciturni. Gli occhi come cineprese filmano silenziosamente una realtà unica, dove ogni bambola e cavalluccio camminano e ridono tra di loro. Un cannone ha appena sparato un colpo! BOOM!!!Il tamburo batte e si percuote. Tutto ha un suono particolare perché quando si è bambini non vogliamo i giocattoli per divertirci ma per vivere.

dettaglio di Timoléon Marie Lobrichon, “La vitrine du magasin de Jouets”, collezione privata

Il mio giocattolo non lo vedete, è in fondo. Non è ben illuminato. Proprio a destra, non troppo lontano dalla bambola con i capelli rossi. É in alto, sopra uno scaffale. Guardatemi bene. Amate come amo quel giocattolo che non si vede, perché la vita è una nebbia dove non servono occhiali né mascherine. Ama ciò che solo tu desideri. Ama e usa tutti i tuoi occhi. Le tue mani, aggrappati ad ogni ostacolo, smetti di sentire il grande caos popolare, fermati, bloccati davanti all’amore. Che una barchetta a vela faccia riemergere Magellano e che le onde possano cavalcare delfini e balene; lasciati trasportare dal carro trainato. Fidati dell’animale. Fidati di te. Arriverà quel giorno. Arriveranno le bambole e i loro capelli da diradare. Arriveranno come cori angelici e tu canterai, con un filo di trucco, le grazie di una passeggiata con mamma e papà. E fermati, e sorridi. Sorridi allo spettacolo di un negozio di giocattoli. Chi ha paura di giocare avrà paura di amare.

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