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Processi di natura: l’esperienza di Mirante Xique-Xique

Poço Donana, foto di RodriguezRemor
Alcuni dei luoghi più speciali del Brasile sono le sue Chapadas: vastissime aree elevate, le cui montagne hanno sommità relativamente pianeggianti, che terminano con profondissimi dirupi. La Chapada Diamantina, nello stato di Bahia, è una delle più famose, belle e connotate di saperi ancestrali. Luoghi magici, che idealmente molto hanno a vedere con il policentrismo ricercato dai temi della prossima Biennale di Venezia. È qui che il duo di artisti RodriguezRemor Denis Rodriguez e Leonardo Remor – già partecipanti della Biennale del MAM di San Paolo nel 2022, com il bellissimo film-documentario Dagmar, a filha do barro – ha installato una residenza molto speciale: Mirante Xique-Xique. Uno spazio multiplo e dalla forte identità per uscire dalla gabbia delle “relazioni urbane” e offrire la possibilità di una riflessione sui sistemi dell’arte e, soprattutto, della sua produzione. Ne parliamo con gli artisti in questa nuova puntata di Fala Brasil.

Come è nata l’idea di creare una residenza nel mezzo della Chapada Diamantina?
Abbiamo conosciuto Igatu nel 2012, quando siamo andati a trovare un amico che stava inaugurando il Circo Redondo, un progetto di circo-scuola a Ibicoara, una cittadina vicina. Siamo stati incuriositi e ci siamo innamorati di questo villaggio che riunisce una comunità accogliente, con case costruite in pietra, rovine secolari lasciate dall’epoca dell’estrazione dei diamanti, oltre a essere immerso in una piccola catena montuosa con abbondante vegetazione. Da qui si accede al Parco nazionale della Chapada Diamantina con una breve passeggiata di dieci minuti. Da allora abbiamo iniziato un rapporto continuativo con questo distretto e abbiamo visitato la regione ogni due anni, mantenendo uno spazio artistico con un programma di residenze nel corridoio culturale di Porto Alegre/RS. All’inizio del 2019, abbiamo cercato opportunità di residenza e lavoro all’estero a causa della precarietà del settore dopo la crisi istituzionale e la fine del Ministero della Cultura sancita dall’inizio dell’amministrazione Bolsonaro. Siamo stati selezionati per partecipare al programma di residenza Inland/Campo Adentro a Madrid, dove abbiamo vissuto fino all’inizio della pandemia. Inland lavora sull’asse “Arte e Natura” ed è stata lumbung member all’ultima Documenta di Kassel. A Madrid abbiamo anche organizzato la nostra prima mostra personale in Europa, che ha avuto luogo alla Casa do Brasil nel febbraio 2020 ed è stata curata da Cristiana Tejo e Amélie Aranguren (direttrice di Campo Adentro). La mostra è rimasta aperta solo per quindici giorni, quando Madrid è stata colpita dal COVID. Lì abbiamo anche lavorato alla sceneggiatura e alla produzione esecutiva del nostro primo lungometraggio che, dalla prospettiva di un diamante, quindi dal punto di vista della pietra, raccontava la complessa rete di relazioni umane e di città che si intrecciano nel viaggio tra l’estrazione del diamante grezzo trovato a Igatu, il suo taglio a Parigi o a Bruxelles e gli eventi della nobiltà spagnola, in occasione dei quali la regina Isabella II sfoggiava la sua corona tempestata di diamanti brasiliani. Da lì, siamo tornati in Brasile e abbiamo scelto Igatu, nella Chapada Diamantina, come nostro nuovo territorio. Così abbiamo dato vita al progetto Mirante Xique-Xique, una para-istituzione no-profit che si occupa dell’autenticità culturale, patrimoniale e ambientale della Chapada Diamantina, che dall’ottobre 2020 ha anche un programma di residenza che lavora all’intersezione tra arte, comunità e ambiente.

fala, installazione effimera di Karlla Girotto, foto RodriguezRemor

Quali sono le caratteristiche di questo luogo?
Raccontare la storia di Igatu è un percorso radicale sulle questioni della terra nelle aree di conservazione, sulla sussistenza, la violenza, i diamanti, l’autodistruzione e la rinascita. Con il divieto di estrazione mineraria arrivato oltre tre decenni fa e l’inserimento del distretto nell’elenco dell’IPHAN dal 2000, Igatu è diventato un luogo di sorprendente biodiversità e di pratiche comunitarie coerenti, legate alla conservazione dell’importante patrimonio immateriale della regione, la cura della memoria della quilombola, del sertanejo e delle tradizioni minerarie. Oltre al lato conosciuto della Chapada, le splendide cascate con le loro acque calde, le passeggiate panoramiche mozzafiato, la sicurezza e la bassa densità di popolazione. E l’opportunità di entrare in contatto con la natura e con tutta la vita non umana che abita questi luoghi. C’è quindi una profonda risonanza di autenticità e significato in questa regione che trascende la storia e infiamma l’anima con ispirazione.

Avete incontrato difficoltà nella realizzazione e/o nella pubblicizzazione del progetto? Quali? E quali sono i maggiori problemi che un artista/ricercatore/agente culturale deve affrontare oggi in Brasile?
Ad oggi non abbiamo mai vissuto un momento favorevole, il progetto si mantiene in vita grazie alla nostra insistenza e resilienza, e naturalmente grazie alla nostra piccola e generosa rete di artisti che partecipano al programma di residenza. È questa rete che mantiene in vita le nostre attività. In questi tre anni, abbiamo accolto più di 50 artisti, una dozzina di curatori, alcuni scrittori e architetti. La nostra resilienza riflette anche il nostro apprendimento dalla comunità stessa, che ha affrontato tante battute d’arresto e ora sta vivendo il suo momento migliore, un Igatu culturale e praticamente autogestito. Il progetto è iniziato nel 2020 in piena pandemia, in un contesto di immobilità fisica ma con una marea di bandi emergenziali che raccontavano anche di una nuova mentalità in fatto di circolazione dei beni culturali nel Paese e ai quali ci è stato impedito di applicare, perché in Brasile ci sono molte barriere rispetto alla circolazione e alla residenza in diversi Stati. Esiste un campanilismo federale, un insieme di barriere molto simili a quelle che esistono nel sistema dell’arte. Permane una mentalità positivista di affermazione delle identità regionali, come brasiliano ti viene ancora impedito di esibirti nel territorio con cui hai affinità, e siamo lontani dal vivere contatti culturali interregionali senza pregiudizi. Mancano anche programmi culturali, educativi e scientifici che promuovano il dialogo interculturale e la mobilità federale. Anche il fatto di essere alla periferia del mondo dell’arte è un problema, poiché siamo a 6 ore di macchina dalla capitale dello Stato di Bahia (Salvador) e a 4 ore di aereo da San Paolo o Rio de Janeiro. La nostra mobilità è quindi piuttosto limitata e costosa: le possibilità di lavoro sono praticamente inesistenti, nonostante il potenziamento dei webinar e dei dialoghi a distanza. Dopo la pandemia, poi, c’è stata una romanticizzazione della mobilità, perché l’esperienza di spostarsi è un’esperienza che tiene conto della “classe sociale”, e negli ultimi anni abbiamo assistito agli esorbitanti aumenti delle tariffe aeree e delle avvilenti difese dell’élite brasiliana nelle sue richieste di esclusività in questi spostamenti. Pensa…abbiamo avuto un ministro dell’Economia che ha detto pubblicamente che la sua cameriera non poteva viaggiare a Disneyland! D’altra parte, come avviene anche nell’asse Rio-São Paulo, anche noi affrontiamo le conseguenze dei bassi investimenti nelle Arti Visive, della scarsa visibilità data agli artisti visivi nei media televisivi, cartacei ed elettronici, nonché della nostra periferia linguistica e del fatto che il mercato dell’arte brasiliano è piccolo e poco internazionalizzato. È anche importante considerare che le istituzioni culturali aziendali, pubbliche e pubblico-private comprano poco in Brasile e che c’è ancora la mentalità che vuole che gli artisti “donino”. Quando le Corporation acquistano scelgono di farlo attraverso le gallerie, per cui gli artisti non rappresentati hanno difficoltà a lavorare nel Paese. Anche il video e la ceramica, i media con cui lavoriamo di più, sono poco acquistati. È possibile verificare facilmente queste cifre sulla piattaforma Latitude, che ha mappato le statistiche del mercato egemonico dell’arte brasiliana. Ci auguriamo che la Biennale di Venezia ampli le reti brasiliane in linea generale, e speriamo anche che il ruolo di primo piano della cultura nella Bahia sotto l’attuale amministrazione Lula affronti tutti questi ostacoli con forza e chiarezza.

Chi sponsorizza Mirante Xique-Xique?
Che sogno sarebbe poter contare su sponsor e investitori…chissà se riusciremo mai ad avere accesso a queste persone. Avere sponsor e investitori in Brasile è ancora un privilegio per i figli degli artisti, i nipoti dei banchieri e i ricchi stranieri. Noi, comuni mortali, dobbiamo lavorare incessantemente e reinventarci a ogni nuova ondata di distruzione attuata dai nostri leader politici. Mirante è il sogno di due artisti dissidenti che incarnano molteplici ruoli per affermare che l’immaginazione e il desiderio muovono le cascate.

Lucia Harley in residenza, ph. RodriguezRemor

Come vengono scelti i partecipanti? Quanto dura la residenza?
In questi primi tre anni abbiamo selezionato gli artisti partecipanti attraverso bandi di concorso. La residenza è sempre durata tre settimane, perché riteniamo che questo sia il formato ideale per una residenza di ricerca come la nostra. Igatu ha un ritmo diverso. Bisogna rallentare, imparare di nuovo ad ascoltare. Le persone che arrivano dalle capitali hanno un ritmo molto veloce e non ascoltano molto. Hai mai notato come sono le conversazioni nelle grandi città? Tutti parlano contemporaneamente e nessuno ascolta nulla. Il nostro programma di residenza è sempre stato interessato a sfidare i discorsi precostituiti attraverso nuove esperienze di costruzione collettiva della conoscenza e così, insieme, stiamo intrecciando questo nuovo territorio, Mirante Xique-Xique, con un territorio più ampio e antico, quello della comunità di Igatu: territori che combinano altri modi di essere collettivi, comunitari. E comunità qui non è uno slogan, ma una parola di pratica, di azione, di condivisione. Siamo nel Parco Nazionale, ma siamo anche in un villaggio vivente, immerso nella natura, dove forze complementari e conflittuali sono sempre all’opera. Non possiamo continuare a idealizzare la natura, noi siamo natura e dobbiamo invalidare quotidianamente questa premessa che ci separa dalla natura e ci ricollega alla visione coloniale del mondo. Quello che cerchiamo sono elaborazioni e coesistenze con le realtà che abitano questi territori sovrapposti, che portano a situazioni complesse e uniche, ed è per questo che invitiamo sempre i nostri residenti a riflettere e ricercare, molto più che immergersi nei regni della materia e della produzione.

Ci sono dei requisiti per i partecipanti (ad esempio, donare il lavoro svolto durante la residenza, concludere un lavoro di ricerca, ecc.)?
No, non ci sono requisiti. Come artisti, condividiamo il piacere di creare e produrre nuovi lavori e conosciamo l’importanza dei viaggi e dei nuovi ambienti di lavoro per rinnovare e rienergizzare le nostre pratiche. Tuttavia, ciò che offriamo a Mirante è l’altra faccia della medaglia. Per noi la produzione è in secondo piano, pensiamo al nostro programma come a un luogo di raccolta di dati, informazioni e materiali, ma anche come a un luogo di riposo e di cura di sé – le complessità dell’arte e della vita quotidiana possono essere estenuanti. Pratichiamo l’esercizio della vita comunitaria, invitiamo i nostri residenti a conoscere gli effetti del vivere in una comunità, a salutare i loro vicini, a trovare il tempo per una buona chiacchierata. Trascorriamo anche molte ore insieme davanti a cascate e paesaggi, parliamo intorno al fuoco, contempliamo il cielo stellato, condividiamo i pasti e le conoscenze, facciamo lunghe passeggiate (a volte per un’intera giornata), dormiamo in silenzio, non sentiamo il rumore delle auto e delle moto di notte, ci svegliamo con il cinguettio di innumerevoli uccelli e spesso sentiamo gli accoppiamenti dei gatti.

Chi è il team di Mirante Xique-Xique?
Siamo noi, Denis Rodriguez e Leonardo Remor, il duo brasiliano Rodriguez Remor, che ci occupiamo dell’intera operazione di Mirante e troviamo anche il tempo di stare in studio a produrre film.

La sede di Mirante Xique-Xique, ph. RodriguezRemor

Lavorare lontano dai principali centri di produzione del mondo ha un valore in più?
Sì, ci scommettiamo, ma non ne abbiamo ancora sentito i benefici. Abbiamo notato un’internazionalizzazione delle nostre pratiche, e paradossalmente il nostro lavoro è circolato più negli Stati Uniti che in Brasile. Lì faremo la nostra prima mostra personale e nella prima metà del 2024 parteciperemo a programmi di residenza molto competitivi e importanti, come quello del MASS MoCA. E ad ogni nuovo bando Mirante vediamo un aumento significativo delle candidature da parte di artisti e architetti internazionali.

Quali sono i programmi futuri di Mirante Xique-Xique?
Nel 2024 avremo due nuovi formati di residenza, uno interdisciplinare, con metà dei posti disponibili per gli artisti visivi e l’altro, molto specifico, rivolto esclusivamente agli architetti. Il fatto è che nel 2024 inizieremo a progettare la nuova sede di Mirante Xique-Xique, e stiamo cercando investitori, ma l’idea della residenza per architetti è quella di ampliare le possibilità di abitabilità e coesistenza di questa nuova base di attività. Con questo nuovo programma vogliamo mettere in pratica le conoscenze specifiche della bioedilizia e della permacultura. La missione di Mirante è sviluppare il potenziale della Chapada Diamantina come piattaforma per progetti modello di sostenibilità. La nostra visione è che l’architettura in pietra che si sta già realizzando nella comunità risponda ai problemi urgenti dell’ambiente e del cambiamento climatico. La nostra nuova sede si trova nel quartiere che si affaccia sul fiume Paraguaçu (il più grande fiume di Bahia), quindi continueremo a essere un punto di osservazione a Igatu. E proprio all’inizio dell’anno lanceremo un gruppo di studio su Arte ed Ecologia, in cui organizzeremo una cronologia delle pratiche di Arte e Natura, a partire dall’Arte Povera/ Landart, passando per le pratiche eco-femministe degli anni ’70 e ’80, fino ad arrivare ai giorni nostri, con casi di studio sulla bioarte, la biomimetica e tutti gli sviluppi delle pratiche corporee e paesaggistiche.

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