Fruibili fino al 17 marzo le due nuove mostre del ciclo “Quotidiana” promosso dalla Quadriennale di Roma a Palazzo Braschi
Fragilità intima e drammi dell’umanità. Questi i due poli tra i quali oscilla l’ultimo capitolo di Quotidiana, ciclo di mostre avviato dalla Quadriennale di Roma a partire dal 2022. Nella sezione Paesaggio, il curatore Nicolas Martino propone i lavori di due artisti molto distanti tra loro, ma uniti dal sentimento del tragico, che, ai suoi occhi, affiora e riaffiora nell’arte italiana del XXI secolo, alla stregua di un engramma incorporeo. Con Le jardin des histoires du monde (2018) Andrea Mastrovito offre allo sguardo una curiosa narrazione cosmogonica sfociante nel futuribile. Esteticamente accattivanti, i pannelli narrativi dell’artista sono costruiti con la tecnica a intarsio tipica della tradizione bergamasca, in un assemblage di otto essenze lignee e tarsie di madreperla.
Dalla nicchia della stessa sala romba e tuona il filmato di Romeo Castellucci, che riproduce Résurrection (2022), una moderna tragedia da lui diretta, sulle note dell’omonima sinfonia di Gustav Mahler. Quasi due ore di video testimoniano l’affaccendarsi teatrale di svariate figure entro un campo sterminato di fango, intente a dissotterrare corpi esanimi, fino alla resa. Una congiunzione di opere cortocircuitante, poiché le fragorose note di Mahler che accompagnano la piéce di Castellucci alla capitolazione, sembrano animare i lavori di Mastrovito in una tensione satura di attesa.
Attenuato silenzio
Nel più attenuato silenzio si collocano invece i piccoli dipinti di Chiara Enzo, ultima voce della sezione Portfolio. Poche tele costellano le pareti in coppia o in insoliti formati double face, dove il dettaglio si fa protagonista di una riflessione sul corpo femminile. Nuche, schiene nude, ventri segnati dalla costrizione degli abiti sono superfici sensibili, che la giovane artista abbina ad altre superfici – grate, lenzuola sfatte, interruttori – in un dialogo sussurrato, enigmatico e ambiguo. Gli accostamenti iconografici hanno l’aria di voler dire molto più di ciò che appare e al contempo di volerne custodire, in segreto, il senso ultimo.
Un’attenzione pittorica meticolosa, quietamente disturbante, che consapevolmente sceglie di corteggiare il fruitore, facendolo muovere, chinare, voltare. Le opere infatti, minute e mute, sono collocate ad altezze non convenzionali. E, a chi scelga di avvicinarsi per cogliere particolari e velature, la responsabilità della vertigine.