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Pietro Consagra, gioielli come sfida. La nuova Project Room di Corso Como 10

L’allestimento dei gioielli con espositori disegnati da Pietro Consagra.
Gli spazi al primo piano di 10 Corso Como a Milano. In fondo a destra, all’ingresso della Project Room, la gigantografia del ritratto di Benedetta Barzini con “Maschera” di Pietro Consagra realizzato da Ugo Mulas.

“È stato bello rivedere un mio gioiello indossato da una signora mai vista prima. Amiche con miei gioielli ne ho tante. Per la prima amica che ebbi a Roma, Nella Rossi, feci una collana con lamiera di ottone tagliata con la trancia. La portava al collo in risposta a chi non apprezzava la mia scultura. Diceva di voler apparire una ‘cavernicola’ a chi rifiutava l’astrattismo. Non la capiva nessuno”. Così scriveva Pietro Consagra nel 1995 in “Gioielli a senso unico”, a proposito di un gioiello che certo rappresentava un oggetto ornamentale, ma che si poneva anche e soprattutto come dichiarazione di intenti

Pietro Consagra “Collana”, 1947, ottone.

Negli anni Quaranta far accettare a un pubblico avvezzo al gioiello tradizionale forme apparentemente incompiute, non rifinite secondo i canoni della gioielleria, e materiali poveri, da apporre sul corpo come segno identitario, non convenzionale, fu battaglia certamente ardua, ma – come l’artista stesso tenne a esplicitare – fra le sue amiche frequentatrici degli ambienti prima romani – dove erano acclamati i gioiellieri Masenza e i fratelli Fumanti che produssero varie spille di Consagra – , poi milanesi – animati dalla presenza di GianCarlo Montebello e Teresa Pomodoro, editori orafi d’eccellenza – non mancava chi, non senza mire provocatorie, fosse interessata a sfoggiare qualche suo gioiello.

Pietro Consagra, “Maschera”, repertorio PC/1, prova d’artista, 1969, cm 15 x 11,5 x 0,4, argento rodiato, oro rosso con sfere di turchese © Archivio Pietro Consagra Milano by SIAE 2024.

Oggi nei rinnovati spazi della Project Room di 10 Corso Como a Milano, fra i vari pezzi preziosi firmati da Consagra presentati nella mostra “Pietro Consagra. Ornamenti” a cura di Alessio de’ Navasques, è proprio la collana ritagliata nell’ottone nel 1947 – l’anno della partecipazione dello scultore a Forma I, quando gettò le basi del suo linguaggio giocato sulla Frontalità – a esplicitare da quale poetica fosse scaturita la produzione orafa dell’artista siciliano. Approdato al gioiello nel secondo dopoguerra come altri maestri, italiani e stranieri, con spirito sovvertitore affidò infatti alcuni dei suoi messaggi a creazioni plastiche indossabili, che dovevano diventare espressione di inediti stili di vita.

Pietro Consagra, “Cache-sexe”, singolo pezzo unico, 1969, cm 8,8 x 9,2 x 0,7, argento, © Archivio Pietro Consagra Milano by SIAE 2024.

Per l’evento espositivo l’Archivio Pietro Consagra di Milano ha concesso oggi, unitamente agli espositori ideati dallo scultore stesso – simili a figure vagamente antropomorfe ma anche a micro sagome architettoniche evocatrici de La Città Frontale, da lui progettata per Gibellina intorno al ’70 –, alcuni pezzi iconici del ’69 come le Maschere in argento e oro, il Morso in oro e corallo (dalla Collezione Didier di Londra), l’Ornamento per sopracciglio in oro rosso e bianco, l’Ornamento per ombelico con Cache-sexe separabile e il Cache-sexe in argento, nonché la magnifica spilla-ciondolo in oro e smalto blu “Cimabue” dei primi anni Settanta. Il tutto corredato da disegni, foto e scritti dell’artista (l’autobiografia “Vita mia”, 1980 )e della saggista, critica, teorica del femminismo radicale e capogruppo di “Rivolta femminile” Carla Lonzi (“Sputiamo su Hegel”, 1970, “La donna clitoridea e la donna vaginale”, 1971), che da fine anni Sessanta e per tutti i Settanta fu compagna di Consagra.

Pietro Consagra, “Ornamento per ombelico con Cache-sexe separabile”, repertorio PC/5, prova d’artista, 1969, cm 8,8 x 9,2 x 0,7 e cm 9 x 4,5 x 2, argento rodiato© Archivio Pietro Consagra Milano by SIAE 2024.

La straordinarietà di questi ornamenti – liberamente articolati nello spazio come “barriere” leggere e fluttuanti, e ricchi di simbolismi e allusioni alla condizione della donna prima e dopo lo “spartiacque” del ’68 – è spiegata da Consagra stesso che ancora annotava nel ’95: “Prima del Femminismo, dal 1969 al 1971, fare un gioiello era ancora facile. Si visse molto entusiasmo nel laboratorio più eccitante del mondo inventato da Giancarlo Montebello. Gioielli d’artista a Milano. Progettai ‘maschere’ d’argento che portavano davanti alla bocca una asticella orizzontale che funzionava come linguaggio muto per frustrazione, come morso per recitare obbedienza. Era un convivere e un incontrarsi politico con Carla Lonzi. Le maschere perciò non erano soltanto ornamentali”.

A interpretare e confermare l’indossabilità di tali opere preziose sono alcune fotografie scattate da Ugo Mulas, oggi proposte negli spazi di 10 Corso Como come cornice e calzante interpretazione dell’opera di Consagra. Modella d’eccezione Benedetta Barzini, che fu chiamata a dare anima a molti dei gioielli editi dal laboratorio GEM Montebello, su disegno di decine di artisti italiani e stranieri, a partire dal 1967 fino al 1978, come testimonia il cofanetto-catalogo da Montebello affidato a Mulas per la sua realizzazione “a schede illustrate”, presente in mostra a Milano.

Pietro Consagra, “Disegno per Maschera”, repertorio PC/2, 1969, pennarello nero e penna biro blu su carta, cm 28 x 22, © Archivio Pietro Consagra Milano by SIAE 2024.

In particolare, i gioielli progettati da Consagra acquisiscono attraverso queste immagini, grazie al corpo della modella, tutta l’espressività che appartiene alla maschera “nelle sue valenze concettuali e politiche”, come sottolinea il curatore de’ Navasques, e a monili fuori dagli schemi, come l’Ornamento per ombelico con Cache-sexe separabile, che evidenziano un rapporto tra gioiello e corpo molto intimo ed eversivo, soprattutto per l’epoca in cui vennero concepiti, facendosi strumento di sfida agli stereotipi consolidati.

Nel compatto percorso espositivo, articolato per aree tematiche, si impongono inoltre, per dimensione e apparente preziosità, gli Spessori in prospettiva (1968), installazione scultorea che esemplifica elementi riferibili alla Frontalità architettonica, propugnata dall’artista, caratterizzati da sezioni a stella, cerchio, quadrato, triangolo, le stesse che informano anche i micro pendenti delle sottili catenelle create per velare lo sguardo, frapponendosi fra la donna e il mondo, nell’Ornamento per sopracciglio. Tali tipologie “strutturali” si impongono dunque come parti di un visionario campionario progettuale che è anche prova della circolarità che lega, nella mente e nel fare dell’artista, l’opera orafa a scultura e architettura, in un continuum immaginativo-creativo.

L’allestimento dei gioielli con espositori disegnati da Pietro Consagra.

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