A quarant’anni di distanza dall’ultima rappresentazione a Genova, torna in scena al Teatro Carlo Felice Beatrice di Tenda, tragedia lirica in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani.
Dopo che l’impresario Lanari aveva proposto al compositore catanese di presentare una nuova opera a seguito dell’acclamatissima Norma, Bellini e Romani avevano concordato di impostarla sulla storia di Cristina di Svezia, donna intelligente, colta e anticonformista, che salì al trono bambina, ma a 28 anni scelse di abdicare per convertirsi al cattolicesimo e vivere in libertà. Ma poche settimane dopo aver visto alla Scala un ballo ispirato a Beatrice di Tenda, Bellini decide di scegliere questo soggetto per la sua nuova opera. La nuova decisione irritò non poco Romani, che tardò molto a consegnare il libretto, e una volta fatto decise però di rompere il rapporto con il compositore. Sarà forse per il ritardo e le cose fatte di fretta che la Beatrice non appare degna delle altre sorelle, fatto sta che alla prima veneziana del 16 marzo 1833 l’opera incorre in un fiasco clamoroso.
Beatrice di Tenda, sesto titolo della Stagione Lirica 2023-2024 dell’Opera Carlo Felice, ha debuttato venerdì 15 marzo alle ore 20.00 con repliche domenica 17 marzo alle ore 15.00, martedì 19 marzo alle ore 20.00 e venerdì 22 marzo alle ore 20.00. Sul sul podio c’è Riccardo Minasi, dal 2022 direttore musicale dell’Opera Carlo Felice, mentre la regia è firmata da Italo Nunziata, le scene sono di Emanuele Sinisi, i costumi di Alessio Rosati, e le luci di Valerio Tiberi. Il nuovo allestimento è stato realizzato dalla Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e in occasione del progetto “Genova capitale del Medioevo 2024”. Il cast si compone di Mattia Olivieri (Filippo Maria Visconti), Angela Meade (Beatrice di Tenda), Carmela Remigio (Agnese del Maino), Francesco Demuro (Orombello), Manuel Pierattelli (Anichino) e Giuliano Petouchoff (Rizzardo del Maino).
Beatrice si affianca alle altre donne ingiustamente perseguitate fino alla morte da mariti infatuati di un’altra, accecati dalla gelosia o condannate dalla ragion di stato, come le eroine dei drammi storici di Donizetti. La vicenda della Contessa di Tenda è molto simile alla vicenda dell’Anna Bolena del compositore bergamasco. La sofferenza per i sudditi schiacciati dal giogo dei Visconti e il rimpianto di aver portato in dote una grande ricchezza a un marito crudele solo gli altri elementi che distinguono la figura di Beatrice, donna integerrima che anche sotto tortura trova la forza di non cedere e confessare colpe che non ha commesso. La natura stessa dell’intreccio, dove trovano posto contrasti, tensioni, desideri e implacabili forme di risolutezza, permisea Bellini, nel pieno della propria maturità artistica, di esprimersi attraverso una scrittura intensa e ricca di sottili sfumature.
Riccardo Minasi dà una sensibile interpretazione della partitura utilizzando dinamiche sempre efficaci che esaltano la bellezza di certe pagine come il sublime terzetto e negli altri pezzi di insieme che in quest’opera superano in numero le arie solistiche. Il cast è indubbiamente dominato dal soprano americano Angela Meade. La grande voce della cantante calza come un guanto il personaggio belliniano. La sua Beatrice è perfetta per espressività e mette in mostra tutto il temperamento drammatico della soprano. Del resto lei stessa ammette di amare personaggi di donne forti che trovandosi in difficoltà politiche e sociali hanno cercato di sfidarle anche se ciò le ha portate alla morte. Brava anche Carmela Remigio, soprano Italiano erede della migliore tradizione vocale, che si distingue in particolare nel repertorio belcantistico. Qui nel ruolo di Agnese, risolve un personaggio complesso con felice intensità emotiva. Mattia Olivieri è un baritono “da Formula Uno” (visto che è di Sassuolo): il suo Filippo è un vero ”cattivo”, passionale e irruento dalla voce pulita e potente. Francesco Demuro è un Orombello generoso, peccato strappi un po’ sugli acuti. Ottimo il coro del Carlo Felice che in quest’opera ha un ruolo rilevante.
La regia di Italo Nunziata mette in luce le implicazioni narrative e psicologiche che definiscono i personaggi: “Tutto è già successo, tutto è avvenuto prima”. All’aprirsi del sipario infatti ci si trova di fronte ad un presente del quale avvertiamo la tragicità, in una atmosfera cupa e pesante di ambientazione “gotica”. I cambi di scena avvengono senza soluzione di continuità a sottolineare l’ineluttabilità della vicenda. Anche i costumi di Alessio Rosati scelgono di trasportare il racconto agli ultimi anni del diciannovesimo secolo, ultimo ed estenuato baluardo di una vita di corte e di regole e comportamenti precisi con i quale relazionarsi all’interno di quel mondo. Qualcuno del pubblico non ha gradito queste scelte registiche, che invece restituivano ambiente e sensazioni adeguate e di effetto grazie anche alle luci di Valerio Tiberi.
La sera della prima non ha registrato il tutto esaurito, diversi i posti vuoti in platea, ma gli applausi finali sono stati calorosi soprattutto nei confronti del cast.