“[La fine di Dio] per me significa l’infinito, l’inconcepibile, la fine della figurazione, l’inizio del vuoto.” LUCIO FONTANA
Conquistando all’istante ed emanando un’intensa energia nella sua vibrante tonalità gialla, il Concetto spaziale, La fine di Dio di Lucio Fontana rappresenta il meglio della sua pratica innovativa. Questo gruppo di dipinti è nato in un momento epocale degli anni Sessanta, quando si stavano verificando importanti progressi nell’esplorazione dello spazio, che alla fine sono diventati il catalizzatore dell’attività di Fontana. Il prossimo maggio a New York, Sotheby’s offrirà un’opera fondamentale di questa serie fondamentale, dipinta in un vivido giallo cadmio, proveniente dalla collezione di Cindy e Howard Rachofsky – collezionisti appassionati, visionari e, non da ultimo, filantropi di prim’ordine, il cui prezioso sostegno ha completamente trasformato il panorama artistico della loro città natale Dallas e non solo. La tela ovoidale densamente traforata sarà presentata come highlight della Contemporary Evening Auction di Sotheby’s del 15 maggio, con una stima di $20-30 milioni, rendendola una delle opere più preziose di Fontana mai apparse sul mercato. Prima dell’asta, Concetto spaziale, La fine di Dio sarà esposto nelle gallerie di Sotheby’s a Milano dal 5 all’11 aprile e poi di nuovo nell’ambito delle preview di New York dal 2 al 15 maggio.
Dei 38 dipinti che compongono questa serie, Concetto Spaziale, La fine di Dio è uno dei soli quattro che Fontana ha realizzato in giallo, gli altri tre sono conservati in stimate collezioni private in tutto il mondo. Questa versione in particolare, tuttavia, è senza dubbio una delle più importanti e compiute dell’intera serie, essendo stata uno dei punti salienti della retrospettiva dell’artista al Metropolitan Museum of Art nel 2019. L’opera si distingue per la densità delle sue perforazioni, attorno alle quali si accumulano strati spessi di impasto, dando vita a una composizione che si tinge di drammaticità visiva e di forte intensità.
Inoltre, la sua apparizione in questa stagione segnerà la prima volta che un Concetto spaziale, La fine di Dio, di questo colore viene messo all’asta dal 2015, quando un’altra tela gialla stabilì l’attuale record d’asta dell’artista, pari a $29,2 milioni. Attualmente, tutti e sei i prezzi più alti di Fontana in asta sono detenuti da opere di questa serie in una varietà di audaci monocromie. Nel 2003, quando Cindy e Howard Rachofsky lo acquistarono, questo quadro fu a sua volta un record d’asta per l’artista.
“Non voglio fare un quadro; voglio aprire lo spazio, creare una nuova dimensione, legare il cosmo, che si espande all’infinito oltre il piano confinante del quadro.” LUCIO FONTANA
Lucio Fontana ha realizzato queste opere tra il 1963 e il 1964 in occasione di tre mostre fondamentali a Zurigo, Milano e Parigi. Gli anni Sessanta videro importanti scoperte e sviluppi scientifici in tutto il mondo, in particolare per quanto riguarda i viaggi nello spazio, un tema che affascinava profondamente il sessantatreenne Fontana. Nel 1961, infatti, il cosmonauta russo Yuri Gagarin orbita per la prima volta intorno alla Terra e gli Stati Uniti proclamano pubblicamente l’obiettivo di far atterrare un uomo sulla Luna prima della fine del decennio (cosa che avviene nel 1969).
Pensando allo spazio, Fontana cercò di esplorare nella sua arte alcune delle nozioni più ampie sollevate da queste scoperte. Per Fontana, i fori e le perforazioni irregolari sulla tela – che creano una sorta di superficie lunare – non solo infrangono il piano dell’immagine, ma aprono anche dei portali attraverso i quali lo spettatore può accedere a un nuovo concetto di spazio. In un momento in cui i progressi tecnologici stavano distruggendo le visioni dell’universo che erano state a lungo diffuse, Fontana riteneva che questa nuova comprensione dello spazio e della materia avesse dato alla spiritualità un nuovo contesto, proclamando: “Oggi è certo, perché l’uomo parla di miliardi di anni da raggiungere, e allora, ecco il vuoto, l’uomo è ridotto a niente… L’uomo diventerà come Dio, diventerà spirito”. La decisione di inserire queste perforazioni in una forma a uovo potrebbe essere stata implicitamente associata all’idea di rigenerazione, rinascita e cosmo.
Oggi i Concetti spaziali, La fine di Dio rappresentano un’incarnazione non solo dell’opera di Fontana, ma anche del movimento dello Spazialismo in generale, di cui Fontana è stato fondatore e figura di riferimento. Lo Spazialismo gli ha permesso di ridefinire il concetto di pittura, rompendo la superficie della tela per esplorare lo spazio come concetto sia fisico che psicologico. Fontana ha perforato la tela per la prima volta nel 1949, colpendo una superficie monocromatica altrimenti ininterrotta. Passando prima per i buchi, i tagli e gli olii, i suoi colpi divennero sempre più viscerali e corporei, rompendo non solo la tela stessa, ma anche il tradizionale confine tra pittura e scultura stabilendo una nuova dimensione del fare arte. Per la loro importanza, altre opere della serie sono conservate in prestigiose collezioni museali, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e il Centre Pompidou di Parigi.