Dalle tele di Angeli emerge una Venezia vissuta, fatta dei silenzi che possono appartenere a chi è in grado di contemplare
Sanguigna su tela di juta. 2016. Conferenza stampa, 2024, apertura della mostra “Silentium” di Eduard Angeli al Magazzino del Sale per Fondazione Vedova. A pochi metri da noi parte, il terzo sabato di luglio, ogni anno, il ponte di barche che collega le Zattere alla chiesa del Redentore. Guardando lì, tra i 190×300 cm della tela Il Redentore sappiamo che tutto è già accaduto, non può essere diversamente, il prima ha tutto un altro sapore. Il prima è gravido delle vibrazioni della festa, è l’affaccendarsi di chi la prepara, dei nastri di scotch per segnare i tavoli sulla pietra d’Istria che protegge i canali, è l’approssimarsi delle barche che devono prendere posto. Qui le polveri hanno già preso fuoco, si parla di un essere umano che c’è già stato, che ha avuto bisogno di quella passerella onirica e piatta per camminare sulle acque scomposte della laguna. Il fervore della vita è decantato, ciò che rimane è già stato ricomposto dallo sguardo del suo autore, che non lascia spazio a sbavature o a imperfezioni. Tutto galleggia proporzionato e sintetico a formare un paesaggio tanto astratto quanto reale per un abitante del qui. Spesso quando si pensa alla spaccatura di Venezia si pensa ad un taglio netto in verticale che colloca da una parte quella insulare, dall’altra la terraferma. In realtà la spaccatura è orizzontale e separa chi abita la città realmente da chi la transita. È quest’opera che ci offre la focale attraverso cui osservare la mostra.
Dalle tele di Angeli emerge una città vissuta, di cui coglie simbolismi e silenzi che possono appartenere solo a chi sia in grado di creare i presupposti della contemplazione. Abbiamo nitido in noi il ricordo di quel ponte votivo la mattina dopo la grande festa, non c’era quasi nessuno e il silenzio che si percepiva era pregno di vissuto. Nella meravigliosa La laguna tranquilla del 2022, un formato diverso da quelli abituali, quasi un 16/9, la tela pressoché vuota presta lo spazio alla sensazione esatta che si prova quando si esce al tramonto in barca in laguna, una calma assoluta in cui si distinguono i contorni stilizzati di pochi edifici fatti di gesso e carboncino. Lo sguardo seleziona ciò di cui ha bisogno, si sottrae agli orpelli, tacita ciò che disturba e traghetta in una condizione meditativa che parla di sogni lucidi e desiderio di quiete.
Lo spazio espositivo è un incedere cadenzato di coppie di opere, quasi colonne di un tempio invisibile, in cui Venezia prende forma tra il faro del Lido e un bar, Malamocco e l’ombrellone, l’altoparlante e il canale, la lanterna e il porto, la nebbia e la casa, il ponte e l’isola della peste. L’isola della peste è l’unico intruso, viene da San Pietroburgo, altra città d’elezione di Angeli insieme a Venezia e Istanbul. Tutte città sull’acqua, tutte città appartenute ad imperi decaduti e che portano con sé il ricordo nostalgico di un passato sfavillante contenuto nel loro DNA. Città che però, curiosamente, vengono scelte per la complessità che rappresentano ma che subiscono un processo irreversibile di purificazioni. Assumendo la chiave di lettura proposta da Philip Rylands, curatore della mostra, è la corrente simbolista ad offrire la prospettiva migliore attraverso cui guardare i quadri di Angeli. Nelle parole di Rylands in apertura di catalogo “I luoghi di Angeli tendono, forse più per intuizione che per scelta consapevole, ad essere città di imperi scomparsi: Istanbul, Venezia e San Pietroburgo. Ai suoi occhi queste città sono intrise di un senso di perdita, e quindi di malinconia – un sentimento che lo ha sempre particolarmente attirato e che indica con un termine speciale: Hüzün, una malinconia dalle molte sfumature, prediletta da Orhan Pamuk, lo scrittore turco Nobel per la letteratura. La visione di Venezia di Angeli è in sintonia con quella tracciata da John Ruskin nel capitolo inziale di Le pietre di Venezia: «Un fantasma sulle sabbie del mare così debole, così silenziosa». La nostalgia di un passato perduto è uno dei più classici motori del paesaggio simbolista”.
Silentium sarà visibile fino al 24 novembre al Magazzino del Sale delle Zattere come proposta espositiva della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova per questo 2024. La mostra è accompagnata dall’omonimo catalogo edito da Marsilio Arte, con testi di Philip Rylands, Klaus Albrecht Schröder e Marco Meneguzzo. Le prossime mostre annunciate dal Presidente Alfredo Bianchini ad opera della Fondazione Vedova saranno quelle di Aurelio Amendola a cura di Bruno Corà (dal 4 maggio) allo spazio Vedova; Emilio Vedova in Cina – museo di Guangzhou, da fine aprile ad ottobre 2024; la mostra Emilio Vedova al Forte di Bard (Aosta) su Emilio Vedova, a cura di Gabriella Belli (da dicembre ’24); la mostra Emilio Vedova a Palazzo Madama (Torino) a cura di Gabriella Belli e Giovanni Carlo Federico Villa nell’autunno 2025.