Nuova puntata della nostra rubrica dedicata alle voci da Palermo, Vucciria. Stavolta a raccontarci una istituzione d’eccellenza della città, l’Accademia di Belle Arti, è il suo direttore, Umberto de Paola
Dalla regia, alla produzione, alla direzione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, come, quando e perché ha accettato questo incarico ?
Nel 2004 fui eletto direttore per la prima volta, ero il più giovane direttore delle Accademie di Belle Arti, e svolsi il mio mandato per quasi otto anni. Furono gli anni molto complicati della riforma e della trasformazione universitaria dell’istituzione, dai crediti formativi al nuovo ordinamento didattico. Nel 2004 l’Accademia aveva soltanto quattro corsi ordinamentali, i corsi di decorazione, pittura, scultura, e scenografia. Nel 2011 a conclusione del mio mandato l’offerta formativa era cresciuta sensibilmente, divenendo molto più complessa, 13 corsi di primo livello e altrettanti di secondo livello, da 4 a 26 corsi di laurea, un ragguardevole aumento di studenti con la conseguente necessità di nuovi spazi. In quegli anni partì un bellissimo progetto, Le officine delle arti in collaborazione con il Comune di Palermo che ci permise di approdare ai Cantieri culturali alla Zisa, utilizzando spazi che non abbiamo più lasciato e dando quel senso di forte legame al territorio dell’istituzione. È probabile che la ragione prima che mi portò a decidere questo salto fu il fatto che da professore avevo avviato per la prima volta il progetto Erasmus in Accademia. Questa avventura mi aveva permesso di conoscere le altre istituzioni della formazione artistica europea. Bisognava spingere affinché anche in Italia venisse riconosciuto a pieno titolo il sistema universitario per la formazione artistica che già era in vigore negli altri paesi europei. Avevamo dovuto attendere la fine di un secolo per ottenere nel dicembre del 1999 la riforma delle Accademie. Riforma sulla carta perché ancora adesso attendiamo regolamenti attuativi a 25 anni di distanza. Era in atto una vera e propria discriminazione fra i nostri studenti e gli altri studenti europei. Ma anche dentro il nostro paese fra studenti e professori di serie A e di serie B. Infine mi spinse il desiderio di cambiare radicalmente quella che era un’antica istituzione storica ma che si era fermata, come cristallizzata in un tempo che non era più contemporaneo.
Giunto al suo secondo mandato come direttore dell’Accademia per il nuovo triennio 2023-2026 , è stato eletto quasi all’unanimità, quale programma ha proposto?
L’Accademia di Belle Arti di Palermo è un’accademia di gran lunga più organizzata e più solida da un punto di vista istituzionale di vent’anni fa. Ed è molto presente nel panorama culturale nazionale e internazionale. Quello che mi interessa in questo momento è risolvere tre questioni fondamentali: la prima, una vera e propria rivoluzione digitale che permetta a tutta l’istituzione di poter semplificare la propria vita quotidiana. Come mi piace ripetere, ogni momento trascorso in coda è sottratto alla nostra felicità. Significa una maggiore attenzione strutturale ai servizi e alla capacità di essere al servizio degli studenti e dei professori. La seconda ragione è quella di permettere all’istituzione di poter crescere con una coerenza di spazi e un’identità laboratoriale che sono fondamentali per un’istituzione di alta cultura e per questo stiamo perseguendo l’acquisizione di una nuova sede molto più grande che possa trasformare questa istituzione in una sorta di grande campus, riunificando in un unico spazio le diverse anime di questa istituzione. Speriamo di poter concludere questo percorso questo anno accademico. La terza ragione, e probabilmente quella più importante, la volontà di agire per far sì che l’Accademia di Belle Arti diventi una vera e propria comunità in cui la solidarietà, l’identità culturale istituzionale e la libertà di espressione possano continuare ad essere la stella polare del nostro viaggio. Questo senso di solidarietà e di prossimità devono diventare l’orizzonte prossimo che guida le azioni di questa istituzione nelle relazioni interne ma anche e nei suoi rapporti internazionali, soprattutto in un momento così buio per il mondo e per le nostre coscienze. E l’Accademia di Belle Arti di Palermo vuole riaffermare la propria centralità nella difesa dei diritti e della pace. Perché connaturata e a fondamento dell’identità stessa delle Accademie di Belle Arti vi è l’indagine e la ricerca senza chiusure, senza ghetti o confini, al contrario apprezzando la differenza culturale, ricchezza assoluta della civiltà umana.
Nel dettaglio quali sono gli obiettivi raggiunti e le innovazioni che intende perseguire nei prossimi anni?
Questa Accademia ha un’offerta formativa e culturale straordinaria. Negli ultimi tre anni e mezzo abbiamo presentato oltre 180 eventi culturali. Due anni fa abbiamo conferito l’accademico d’onore a William Kentridge che ha svolto una lectio magistralis straordinaria. Abbiamo raggiunto un apprezzabile parterre di collaborazioni internazionali e rafforzato per qualità la nostra offerta formativa. Dalla fine della pandemia sono nate le prime feste della comunità dell’Accademia con un successo meraviglioso per numero di adesioni e per la gioia.
Non bisogna abbassare la guardia mirando al raggiungimento di standard di qualità dei servizi necessari. Infine dobbiamo continuare a rappresentare un importante baluardo di legalità. Perché l’arte è e deve essere impegno civile al servizio della collettività.
L’Accademia di Belle Arti di Palermo ha festeggiato il 240 anniversario dalla Fondazione dell’Accademia dell’Uomo Ignudo (1783). Cosa s’intende e come pensa di preservare questa identità storica nei futuri programmi didattici-formativi, ma soprattutto culturale e umanistico?
Sì, abbiamo appena festeggiato i 240 anni dalla fondazione dell’Accademia dell’Uomo Ignudo del 1783. È stata una grande e luminosa festa per tutta la comunità. Durante l’anno circa 60 eventi culturali hanno accompagnato il nostro festeggiamento. E poi a conclusione una settimana di dicembre tutta dedicata all’Accademia, con una straordinaria presenza di studenti e docenti e di pubblico. Dall’inaugurazione con la Presidente del Cnam, Giovanna Cassese, che insieme a Marcella Gargano, direttrice generale del ministero, ha discusso con noi sulle prospettive di sviluppo del sistema dell’alta formazione artistica, abbiamo proseguito con Cyprien Gaillard che ci ha raccontato la sua opera realizzando un bellissimo workshop con gli studenti. Abbiamo avuto il piacere di avere un grande street artist come Francisco Bosoletti, e poi la presenza di Daniele Ciprì il grande direttore della fotografia e regista che ha fatto una bellissima lectio magistralis a tutti gli studenti dell’Accademia. Infine un momento toccante, il conferimento dell’Accademico d’onore alla memoria al grande drammaturgo palermitano Franco Scaldati. Prima Melino Imparato con le sue emozionanti letture dei testi di Franco Scaldati e poi la Banda di Palermo ci hanno permesso di concludere questa settimana con una grande festa che si è svolta nei nostri saloni.
L’Accademia include tre dipartimenti, Arti Visive, Progettazione e Arti Applicate, Comunicazione e Didattica dell’Arte e 1500 studenti, quali le novità per rafforzare le collaborazioni con i Pesi del Mediterraneo in questo momento storico così cupo?
Ormai è da quasi 10 anni che l’Accademia di Belle Arti di Palermo persegue un forte posizionamento culturale tutto Mediterraneo. Già nel 2016 si è svolta a Palermo un’importante settimana di studi “Al di là del mare” con la presenza di tutti i paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo in una dimensione di confronto nord-sud delle pratiche artistiche e della formazione. Proprio l’anno scorso abbiamo realizzato “New media for heritage”, una summer school nata sotto l’egida dell’Indire e della Regione siciliana e dedicata alla salvaguardia e alla spettacolarizzazione del patrimonio artistico. Abbiamo avuto la fortuna di condividere il percorso con un gruppo di studenti provenienti dall’Algeria e un gruppo di studenti della Giordania. Con loro i colleghi docenti e questo ci ha permesso di portare avanti un discorso di confronto ma anche di sapiente condivisione. Negli anni abbiamo attivato protocolli di intesa con l’Università del Cairo, con il Marocco, la Tunisia. Proprio qualche settimana fa si è tenuta una giornata straordinaria, molto toccante Arte, artisti e istituzioni educative in tempo di guerra, incontri con artisti dal medioriente che ci hanno raccontato di Gaza. È stata una giornata dedicata al diritto all’arte e alla formazione all’arte nei paesi sconvolti dai conflitti bellici. L’arte può aiutare a ritrovare il senso della distensione e dell’amicizia fra i popoli. In questo ancora una volta fare arte è una forma di autentica militanza civile.
Come si colloca l’Accademia di Palermo in relazione al territorio e sul piano nazionale e internazionale ?
La nostra Accademia è una delle accademie storiche italiane, una delle più antiche. Quesa consegna ci pone un dovere fondamentale, quello di saper valutare con attenzione il passato, le nostre radici, la tradizione storica e artistica da cui proveniamo. Ma forti di questa lunga tradizione di ricerca, vogliamo guardare verso un orizzonte e una prospettiva di sviluppo nazionale e internazionale attento al contemporaneo e alle pratiche delle arti e delle professioni dell’arte del contemporaneo: e lo possiamo fare soltanto se abbiamo la chiara consapevolezza della centralità geografica, storica e culturale che l’Accademia di Belle Arti di Palermo ha sempre avuto e soprattutto deve avere in questo momento storico. Siamo al centro del Mediterraneo e questa centralità non può che essere il ponte fra le culture, il ponte fra la differenze che rappresentano la ricchezza delle culture.
Quali sono le principali problematiche dell’Accademia che oltre alla necessità di nuovi spazi, dovrebbe puntare sull’eccellenza didattica-formativa, sulla programmazione sistematica di iniziative culturali in dialogo con il territorio e l’ottimizzazione tecnologica dei servizi inclusi in tutti i dipartimenti?
Credo che siano tre le esigenze strutturali che abbiamo dinanzi: da un lato il raggiungimento di una collocazione nuova e più adeguata dei laboratori in spazi nuovi. Per gli edifici storici abbiamo avviato le procedure per la loro riqualificazione architettonica, consolidando inoltre il rapporto con il Comune di Palermo per gli spazi ai cantieri culturali zisa che potranno continuare a essere utilizzati all’Accademia per altri 15 anni (d’altronde sono già divenuti i luoghi per eccellenza dei nostri laboratori) nel mentre speriamo di poter completare l’acquisizione di questo spazio importante. La seconda questione fondamentale è rendere l’istituzione un’istituzione pienamente contemporanea nell’offerta didattica, sdoganando la collaborazione con i colleghi dell’università (in questi giorni stiamo contribuendo a realizzare una rete di estetica sul territorio regionale) e provando a offrire un sistema di servizi moderno, segreteria, atelier autogestiti, digitalizzazione, spazi comuni attrezzati. Infine la presenza sul territorio come forma di servizio alla comunità: un esempio? Abbiamo appena concluso un accordo con il comune di Palermo: la nostra prestigiosa scuola di restauro, che realizza un corso quinquennale abilitante alla professione, si occuperà del restauro e della manutenzione delle opere della Galleria d’arte moderna. Altro esempio? Il corso di design grafico si occuperà della linea di promozione delle eccellenze nella filiera delle attività produttive per la Regione siciliana. Infine abbiamo realizzato la progettazione del Carro di Santa Rosalia per il Festino, la più importante festa palermitana, e l’abbiamo fatto collaborando con le grandi istituzioni pubbliche e private ma anche, e voglio ricordarlo, con la missione Speranza e Carità. Proprio là, fra gli ultimi, abbiamo portato i giovani e l’arte. Anche questa è formazione, e impegno civile.
Se dovesse scegliere di fare un film sull’Accademia di Palermo, da quali storie partirebbe per farla conoscere agli studenti di domani ?
Credo che il progetto Erasmus abbia realizzato il sogno dell’Europa unita più che l’istituzione della moneta unica. E quindi la prima storia da cui partirei sarebbe la storia fatta dei viaggi dei ragazzi, che partono, arrivano, si fermano, costruiscono famiglie grazie a questo meraviglioso avvicinamento fra le culture europee. La seconda storia riguarda la Summer School che abbiamo tenuto e la possibilità che questo Erasmus europeo possa diventare un Erasmus mediterraneo che ci aiuti a far sì che le culture e i popoli tornino a dialogare, permettendo agli studenti di poter viaggiare liberamente tra i paesi del Mediterraneo. Infine la storia di un’Accademia che apre le porte ogni giorno senza restrizioni alcune ai propri studenti come una casa, la propria casa, aperta alla libertà di espressione, ai diritti, all’inclusione.