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Fausta Squatriti, l’indomabile avanguardista off-limits

Archivio Fausta Squatriti
Archivio Fausta Squatriti
Chiudere stringere alleare corpi animucce/respingere/gente di fuori terre lontane diverse/straniere/divinità nemiche/gente nera/speranza di virgulti divelati/rami vivi senza bagagli solo i bambini/tanta voglia di vivere /voglia da morire/ Aprire accogliere rivestire nutrire sudare /bello sarebbe/ma come fare? Ce ne sarà per tutti?

Questi sono alcuni versi senza articoli, punti e virgole, tratti dalla raccolta di poesie Vietato Entrare 2010-2012 di Fausta Squatriti, pubblicato nel 2013, intellettuale polifonica dalla personalità complessa, dotata di spirito critico e libero, che ha trasformato la propria vita in un’ opera d’arte.
Fausta Squatriti e i suoi “volontieri” anziché volentieri, sempre asimmetrica seppure armonica nella sua ricerca di equilibrio e di armonia esasperata, insofferente a regole, stili e gerarchie organizzate, ha fatto dell’assemblaggio di generi, tecniche e linguaggi una ricerca concettuale ed estetica, schierandosi dalla parte dell’umanità offesa, sfruttata per il cinismo dell’essere umano e della civiltà Occidentale.
Lei, paladina di giustizia, ha scritto “Paura fa anch’essa bellezza”, ed è impossibile contraddirla! Per lei la poesia e l’arte sono profezie.
Di Fausta Squatriti, artista della molteplicità strutturata dall’immaginario straniante, hanno scritto molto e tutti i più illustri critici e artisti che hanno movimentato il mondo dell’arte del secondo Novecento da Gillo Dorfles a Giulio Carlo Argan, Man Ray la chiamava La bella, ed era bella davvero, poi l’amico Roberto Sanesi, Emilio Isgrò, Arturo Schwarz, Lea Vergine, tanto per citarne alcuni nomi che hanno riconosciuto la sua volontà creativa sperimentale in opere non rappresentative ma denotative.
Disegni, dipinti, scultoree, dittici, trittici, poesie, romanzi sono anatomizzati secondo le regole del montaggio cinematografico, con frammenti di realtà, materiali trovati, oggetti effimeri prelevati dalla quotidianità, trasformati in elementi compostivi e impaginati nello spazio, su tela o foglio bianco.

Fausta Squatriti nello studio di via Arpesani, 1982 Courtesy Archivio Fausta Squatriti e Galleria Bianconi, Milano

Forme geometriche euclidee in rapporto a frammenti fotografici, intrecci figurativi e geometrici, Squatriti passa con disinvoltura dalla tragedia alla commedia umana, e lo fa con immagini deflagranti, “altari” con reliquie o ex voto di una umanità dolente, perduta, procedendo per moltiplicazione, fissazione, classificazione e intreccio di elementi discordanti, superando la barriera tra scultura e fotografia.
Scrive Fausta in gioventù: “Se il mondo fosse quadro saprei dove andare”, anni dopo quella forma cubica alla Malević diventa materia della sua forma di ripresentazione di un mondo di spiazzante tragicità in dialogo tra bene e male, ragione e fato, ordine e caos.
I suoi dipinti, sculture, installazioni, versi o romanzi sono simili a brevi sequenze in movimento, assemblati insieme nel processo compositivo: Squatriti “ taglia” e “ricuce”, procede per contrapposizione tra costruzione e decostruzione, straniamento e autocritica; è una lucida osservatrice o voyeur della mattanza umana che produce conflitti, distruzione e morte, come svela nel ciclo Ecce Homo, un capolavoro della disumanizzazione del nostro tempo, drammaticamente travolto da guerre e violenza.

Fausta Squatriti | Courtesy Archivio Fausta Squatriti

Squatriti è scomoda e lo sarà sempre, denuncia l’ipocrisia della civiltà moderna, scava nel profondo e porta in superficie immagini e cose che affondano la lama in questioni etiche, che riguardano la filosofia, l’arte, la scienza, la tecnica e la percezione di un suo mondo simbolico e metaforico, dove immagini, cose e sculture stanno lì per denotare un intoppo già denunciato da Ernest Gombrich, ovvero che non esiste occhio innocente.
Nelle sue opere procede per accorpamenti simbolici per configurare strutture dell’apparenza in bilico tra sacro e profano, razionale e barocco in cui tutto è intreccio e dissenso, funzionando non come uno strumento isolato e dotato di potere autonomo, ma come organismo complesso, struttura concettualmente dinamica apparentemente immobile che organizza e discrimina, associa e classifica, analizza e critica come siamo diventati per infrangere il mito dello sguardo innocente. Opera dopo opera, giorno dopo giorno, Squatriti disegna, traccia, imbastisce trame dell’ingiustizia quotidiana nel gran bazar della vita in cui del bene non ci prendiamo cura.

Fausta Squatriti, from the series “La passeggiata di Buster Keaton”, 1965, installation view at Galleria Bianconi, Milan 2019

Fausta, donna travolgente, affascinante, distaccata e passionale insieme, ammaliatrice, seduceva con la parola arguta e uno sguardo implacabile, come giustamente è già stato scritto. Lei è unica per il suo sarcasmo e ironia, alla ricerca di bellezza apollinea, dentro un mondo dionisiaco del quale aveva scritto: “Di chi sta male non importa a nessuno/ Neppure ai poeti”.
A Fausta non andava bene nulla e voleva rifare tutto meglio, ha vissuto appassionatamente, intensamente, assoluta protagonista al centro della scena artistica e culturale dagli anni Sessanta fino a quando la malattia ha preso il suo corpo, ma non la sua mente vorace di vita. Iperattiva com’era nel suo studio fino all’ultimo momento, ha vissuto per l’arte nella consapevolezza del suo valore e tenacia, si conquistata tutto, anche gli odiatori, progettando mondi, opere e relazioni nazionali e internazionali, fisicamente ci ha lasciato, ma a noi restano opere simili a frammenti di poesie anche indecenti, e per tutti quelli che l’hanno amata non scorderanno quel sorriso sardonico così irresistibile.
Buon viaggio amica mia, sarai viva in tutti noi che ti abbiamo amata, incluse tutte le tue insopportabili contraddizioni…ci mancherà il tuo avvolgente abbraccio.

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