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Artisti, poeti, designer, musicisti e filosofi per la grande mostra della Fondazione Beyeler questa estate

Julian Charrière.
Structure cybernétique à capacités sensorimotrices et traitement génératif du langage
Courtesy l’artiste
© Philippe Parreno

Per la prima volta negli oltre venticinque anni di storia della Fondation Beyeler l’intero museo e il parco circostante sono palcoscenico di una mostra sperimentale d’arte contemporanea. Organizzata dalla Fondation Beyeler in collaborazione con la Fondazione LUMA, la mostra riunisce i lavori di 30 operatori d’arte di diverse nazionalità e discipline, tra cui Michael Armitage, Anne Boyer, Federico Campagna, Ian Cheng, Chuquimamani-Condori e Joshua Chuquimia Crampton, Marlene Dumas, Frida Escobedo, Peter Fischli, Cyprien Gaillard, Victor Man, Dominique Gonzalez-Foerster, Wade Guyton, Carsten Höller con Adam Haar, Pierre Huyghe, Arthur Jafa, Koo Jeong A, Dozie Kanu, Cildo Meireles, Jota Mombaça, Fujiko Nakaya, Alice Notley, Precious Okoyomon, Philippe Parreno, Rachel Rose, Tino Sehgal, Rirkrit Tiravanija, Ramdane Touhami e Adrián Villar Rojas. L’esposizione è stata ideata da Sam Keller, Mouna Mekouar, Isabela Mora, Hans Ulrich Obrist, Precious Okoyomon, Philippe Parreno e Tino Sehgal in stretta collaborazione con gli operatori d’arte e intende favorire la libertà artistica, lo scambio interdisciplinare e la responsabilità collettiva.

La mostra si configura come “una proposta dinamica più che statica, un progetto ontologico che si evolve e riflette la complessità e molteplicità insite nell’incontro di voci artistiche differenti sotto uno stesso tetto”. Siccome la mostra è concepita come un organismo vivente che muta e si tramuta, un numero crescente di partner di cooperazione ha contribuito con le proprie idee a modellare la mostra in ogni sua fase, dall’ideazione e pianificazione alla produzione, dall’allestimento alla prova in pubblico. Analogamente a mostre collettive quali “Il Tempo del Postino” (organizzata da Art Basel, Fondation Beyeler e Theater Basel con il sostegno della Fondazione LUMA e su incarico del Manchester International Festival e del Théâtre du Châtelet, Parigi) o “To the Moon via the Beach” (commissionata e prodotta dalla Fondazione LUMA), questo progetto delinea percorsi invece di rigidi processi. Come la mostra esperienziale stessa, anche i titoli della rassegna estiva vengono scelti con l’apporto dei partecipanti e cambiano periodicamente.

Nell’elenco dei partecipanti figurano artiste, poeti, architette, designer, musiciste, compositori, filosofe e ricercatori. A tutti loro è stata data licenza di trasformare gli spazi della Fondation Beyeler, siano essi le sale, i giardini, le terrazze, ma anche gli ambienti non convenzionali come la biglietteria, il “green room”, lo shop, il foyer e il giardino d’inverno. Per il pubblico è un’opportunità imperdibile di riscoprire in modo inaspettato le sale espositive esistenti e di esplorare le aree meno abituali del museo. I visitatori che accedono in ore diverse vivranno esperienze diverse: ai differenti intervalli temporali si sovrappongono mostre, momenti sociali, performance, concerti, letture di poesie, conferenze e attività svolte in comune, che invogliano a ritornare più volte grazie all’offerta di biglietti multipli. L’architettura espositiva labirintica invita a esperire la mostra secondo varie prospettive. Le connessioni e le interrelazioni tra i singoli lavori sono sviluppate in stretto dialogo con le artiste e gli artisti. Questa reciprocità si estende anche alle opere della collezione permanente, che i partecipanti hanno a disposizione come risorsa e che fanno parte integrante della mostra. In aggiunta ai progetti artistici temporanei sono esposte, tra le altre, opere di Louise Bourgeois, Paul Klee, Claude Monet e Vincent Van Gogh.

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