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Contemporanea primavera: quattro mostre e un week-end a Roma

Effetto notte: Nuovo realismo americano, ph. Alberto Novelli, Courtesy Gallerie Nazionali di Arte Antica
Carla Accardi, Moltiplicazione verdeargento, 1964 | Tempera alla caseina su tela, cm 285 x 280 Castello di Rivoli Museo d’Arte. Contemporanea, Rivoli-Torino. Donazione Laura, Corrado, Sara, Ruben Levi. Foto P. Pellion. Courtesy Castello di Rivoli © Carla Accardi by SIAE 2024
Week end di gallerie aperte e nuove mostre nella Capitale: ecco la nostra ricognizione “contemporanea”

Questo fine settimana sarà il week end di Contemporanea Roma, iniziativa iniziata lo scorso anno (sotto il titolo di “Tutto Città”) e quest’anno rendendo omaggio a quella “Contemporanea” che nel 1973, sotto l’egida di Achille Bonito Oliva, trasformò il garage di Villa Borghese in un autentico teatro per una serie di opere – e artisti – che scrissero la storia dell’arte del secondo Novecento italiano, da Luigi Ontani a Gino De Dominicis.
Questa Contemporanea 2024, invece, vuole rimettere in moto il circuito del contemporaneo in città, slegato da particolari eventi ma orientato alla volontà di dare visibilità alle gallerie capitoline, riunite in una nuova associazione. Così, questo sabato, da Ostiense al Centro, saranno 36 in totale gli spazi aperti, dalla A di Ada alla M di Monitor e Matéria che, insieme a Gilda Lavia, hanno scelto tutte e tre la zona di San Lorenzo, dalla C di Colli alla S della nuova sede di Sara Zanin sulla strada per raggiungere anche The Gallery Apart, e poi quelle del centro, del ghetto, Continua al St.Regis e chi più ne ha più ne metta, per riconnettere il tessuto contemporaneo della Capitale, tante volte offuscato dalla meraviglia archeologica e barocca.

A mettersi in mostra però non sono solo le gallerie private, ma anche una manciata di istituzioni che – negli ultimi giorni – hanno aperto una serie di interessanti mostre personali e collettive, a partire proprio dal Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale, dove lunedì si è inaugurata – a cura di Lorenzo Benedetti – “Expodemic”, il secondo Festival dedicato alla produzione dei residenti nelle Accademie straniere e negli istituti di cultura della città eterna, a ricordarci che – in fin dei conti – il Grand Tour non è mai finito, ma ha solo cambiato un po’ le sue forme.
Al piano terra, da non perdere, è invece l’antologica dedicata a Carla Accardi nell’anno del suo centenario e sono, a proposito, oltre cento opere a segnare un percorso iniziato negli anni ’50 e durato fino al 2014, anno della scomparsa dell’artista che amava la sperimentazione dei materiali e i contrasti della pittura.

Wynnie Mynerva, Presagio [Omen], curated by Alessio Antoniolli.
Installation view at Fondazione Memmo; ph. Daniele Molajoli. Courtesy the artist and Fondazione Memmo, Rome

E un’altra artista in residenza è Wynnie Mynerva peruviana attualmente in residenza alla Rijks Academy di Amsterdam che, per Fondazione Memmo ha realizzato il progetto inedito “Presagio”, a cura di Alessio Antoniolli.
Una ricognizione in senso universale del concetto di “infermità” intesa come non tanto come “malattia” ma come condizione temporanea o differente di un corpo che deve resintonizzarsi su altre frequenze, in altre visioni. “Presagio” è concepita in tre atti: l’iniziale in bianco e nero, in carboncino (una “prima volta” per l’artista), a simbolizzare l’atto della “notizia”, lo shock che arriva a chi apprende della propria nuova condizione, che l’artista ha trasposto in 3 grandi carte i cui dettagli – una serie di mani “feline” dai possenti artigli – sono nate anche prendendo spunto dalla statuaria barocca della Città Eterna che – afferma Wynnie – dimostra una grande energia e allo stesso il lato melanconico di chi continuamente guarda alle rovine e dunque al tempo che scorre, alla caducità del corpo e delle epoche.
Nella seconda sala l’artista dipinge 4 grandi “volte” rappresentando i 12 gruppi vitali del corpo, tre per ogni tondo, con grandi strati di colore e integrando il tutto di piccole e curiose figure dalle fattezze di virus, ricordando anche che le civiltà più progredite – così come il corpo umano – vivono e resistono più lungo non tanto nella lotta quanto nella cooperazione.
Infine l’ultima sala, un’altra occasione di sperimentazione dedicata a una serie di sculture in vetro, realizzate a Murano, in una sola giornata di lavoro: Wynnie ha scelto di lasciare libero l’ingresso di errori e imprecisioni nelle opere soffiate, quasi fossero corpi che, appunto, restano segnati da altre condizioni eppure vivi, liberi, fluidi, sensuali, affascinanti.

Elisabetta Benassi, Autoritratto al lavoro, MACRO, 2024, Ph. Agnese Bedini – DSL Studio
In primo piano: The Bulletproof Angela Davis, 2011 Acciaio, plexiglas, registratore a nastro Uher, nastro magnetico, cavo elettrico, acquerello su carta, Courtesy l’artista

E poi c’è il MACRO, dopo giovedì si è aperta la prima antologica di Elisabetta Benassi, nella città dove l’artista è nata e lavora: “Autoritratto al lavoro”. Ed è proprio seguendo questo titolo che si sono associate – oltre a tre installazioni inedite create per l’occasione – anche una serie di opere che ripercorrono vent’anni di carriera dell’artista in maniera non cronologica e, soprattutto, disposte quasi in una dimensione teatrale, in una mise-en-scène che, attraverso un sistema di architetture e ambienti disposti nello spazio come fossero quinte, offrono un palco inedito per osservare e interpretare quella che è l’attività di un artista nella sua processualità, fatta di scambi, riferimenti, ripensamenti, intrecci…
Al MACRO, però, ci sono anche un’altra infilata di mostre nelle “pagine” del museo diretto da Luca Lo Pinto che sono una più “chicca” dell’altra: decisamente curioso il progetto di Pauline Curnier Jardin con Feel Good Cooperative, “Triviale”, dedicata a quella Roma a volte invisibile, quella delle lavoratrici del sesso, alle prese con santità e umorismo. Decisamente da osservare con attenzione, se non altro per intenderne lo stile letterario post-punk e la potenza narrativa delle immagini la sezione “In-Design” dedicata al più che grafico un creativo a tutto tondo Stefano Tamburini che aveva ideato prima Frigidaire e poi la rivista letteraria Vomito, un tuffo nei dannati anni ’80 accompagnati anche da un testo di Franco Berardi “Bifo” che è un lampo a rischiarare quello che tutti potremmo sentire rispetto alla nostra modernità ma che ancora non riusciamo a intravedere…

Infine “Effetto Notte” è la mostra a Palazzo Barberini dedicata alla collezione di Tony Salamé, che dopo un ingresso curioso che mette in scena le opere di Glenn Lygon o Salman Torr, si perde un poco nelle prime sale ma recupera con la splendida quadreria che abbraccia idealmente tutta la muscolarità della pittura contemporanea statunitense, intesa nella sua accezione “realista” e di rappresentazione – spesso cruda – della “verità”: Luis Fratino, Cecily Brown, Urs Fischer, Richard Prince, Charles Ray, David Salle, Dana Schutz, Cindy Sherman sono solo alcuni dei grandi nomi che sarà possibile incontrare tra I tesori del Palazzo, fino al prossimo 14 luglio.

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