Print Friendly and PDF

Le forze invisibili dell’universo secondo Paul Klee e Alexander Calder

Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging
Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging

Al 744 di Madison Ave, a New York, c’è la storica Di Donna Galleries. La sua ultima impresa espositiva è Enchanted Reverie: Klee and Calder. Riunendo oltre quaranta dipinti, sculture e opere su carta provenienti da collezioni pubbliche e private internazionali, la mostra presenta Paul Klee (1879-1940) e Alexander Calder (1898-1976) in dialogo, illuminando la loro comprensione metafisica condivisa delle forze invisibili dell’universo. Entrambi gli artisti hanno sviluppato nuove modalità di produzione artistica per creare un linguaggio visivo per l’astrazione, lo spazio e una rete di energia e forme in continua espansione. L’interazione, spesso dimenticata, tra questi due titani dell’arte moderna si svolge in Enchanted Reverie e illustra le loro espressioni sovrapposte di ciò che Klee descriveva come “realtà latenti”.

Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging

Enchanted Reverie segna la prima riunione dedicata di Klee e Calder dal 1942, quando la Cincinnati Modern Art Society organizzò una delle prime mostre conosciute per giustapporre il lavoro degli artisti. Mentre questo primo abbinamento esplorava la loro reciproca propensione per la sperimentazione versatile legata alle relazioni temporali e spaziali, Enchanted Reverie cerca invece di enfatizzare le rispettive indagini e interessi per le forme naturali e le energie cinetiche. Le opere di Klee e Calder sono messe in dialogo ancora una volta, in una mostra concepita come un regno onirico in cui rari capolavori di ciascun artista sono presentati in modo significativo per illustrare le loro esplorazioni dello spirituale e dell’ignoto. In un’intervista del 1962, a Calder fu chiesto: “Quali artisti ammiri di più?” Rispose: “Goya, Miró, Matisse, Bosch e Klee”. Calder probabilmente vedeva Klee come un maestro moderno di questa impresa, le cui indagini liriche sullo spazio e sulla forma furono fonte di ispirazione.

Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging

Creatore prolifico, le opere di Klee sono i capisaldi di quasi tutte le principali collezioni istituzionali. Ha continuamente dimostrato una padronanza magistrale della linea e del colore, rivelando le intricate connessioni che ci catturano e ci legano al regno concreto e metafisico. Per Klee i fenomeni naturali fungevano da metafora sia della creazione artistica che di quella cosmica. Nel suo Credo Creativo V (1920), Klee approfondisce questa nozione, affermando: “prima rappresentavamo le cose che erano visibili sulla terra… riveliamo la realtà che sta dietro le cose visibili, esprimendo così la convinzione che il mondo visibile è semplicemente un caso isolato rispetto all’universo e che esistono molte altre realtà latenti.”

Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging

Sebbene facciano parte della generazione successiva, le sculture non oggettive di Calder sfruttano gli effetti atmosferici per coinvolgere il tempo e lo spazio dentro e oltre il regno umano. Il suo variegato corpus di lavori, celebrato in collezioni pubbliche e commissioni in tutto il mondo, trasporta gli spettatori nella quarta dimensione, evocando nozioni di immaterialità e di sublime. In un saggio in catalogo del 1946, Jean-Paul Sartre scrive: “Sebbene Calder non abbia cercato di imitare nulla… i suoi mobiles sono allo stesso tempo invenzioni liriche, combinazioni tecniche, quasi matematiche e il simbolo tangibile della Natura, di quella grande, vaga Natura che dilapida il polline e all’improvviso fa spiccare il volo a mille farfalle”.

Fotografia per gentile concessione di Tom Powel Imaging

Commenta con Facebook