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A Cannes debutta la sezione Immersive. Intervista con la transmedia artist Ioana Mischie

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Ioana Mischie, Human Violins, Cannes Immersive
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Da Berlinale Talent a Venice College Cinema il processo creativo di un’opera immersiva. Uno sguardo alla nuova sezione di Cannes

Quest’anno Cannes ha inaugurato la sua sezione immersiva, con 8 anni di differita rispetto alla Mostra di Venezia. Mentre Marché du Film, Centro Nazionale per il Cinema e l’Immagine in Movimento e il Campus George Melies dell’Universitè Côte D’Azur pianificano grossi investimenti per il futuro, parte un po’ in sordina la prima edizione di Cannes Immersive, con la giuria ancora non nominata a tre giorni dell’apertura e problemi logistici per raggiungere la sede delle esperienze. Ma su questo ed altri temi seguirà un ricco e dettagliato approfondimento.

Inauguriamo invece questa trasferta al 77° Festival di Cannes con un focus sugli artisti selezionati per la competizione. Partiamo oggi con Ioana Mischie, artista transmediale ubiqua, che vanta un curriculum di ricerca decennale tra Berlinale Talent e Venice College Cinema. Il suo Human Violins era proprio fuori concorso al Lazzaretto – sede di Venice Immersive – nella sezione College Cinema VR. In questa intervista ci racconta la lunga gestazione del progetto: “Ero negli States come borsista della Fulbright – ci spiega – quando ho scoperto questa storia. Non sapevo che gli ebrei deportati potessero tenere un solo oggetto con loro. In parte è ispirato a una storia familiare, per questo l’ho dedicata a mio padre, scomparso proprio in quel periodo”. L’esperienza infatti racconta la storia di una ragazza ebrea in un campo di concentramento che attraverso la musica riesce ad evadere dalla sofferenza.

 

 

Adesso che la sua opera è pronta Ioana si pone una nuova sfida: quella della distribuzione. Ma anche su questo argomento Mischie sembra avere le idee molto chiare: “Sono certa che ci sono molti modi per diffondere la Virtual Reality e renderla sostenibile – afferma -. Infatti basta guardarsi attorno per rendersi conto che gli strumenti già esistono e sono di uso comune. Più di due miliardi di persone hanno accesso a internet nel mondo e ci sono più di 5 miliardi di schermi per lavori in 360°. C’è solo bisogno del giusto contenuto artistico per queste infrastrutture già esistenti. Succederà, e sta già accadendo lentamente che il pubblico si adegua ai nuovi media. Se poi gli stakeholders contribuiranno con opportune strategie per il prossimo secolo, riusciremo a mettere in piedi un sistema di infrastrutture significativo. In questa prospettiva l’immersività diventerà sostenibile anche per i creatori”.

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