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Ungaretti e l’intensità dello sguardo: a Firenze in mostra il sodalizio tra pittura e poesia

Piero Dorazio, Modello e fonte di molti orizzonti, 1969, olio su tela, cm 25 x 40
Il poeta Giuseppe Ungaretti alla sua scrivania, Roma, 1963.
É stata inaugurata giovedì 16 maggio nella sede di «Tornabuoni Arte» a Firenze«Pittura e poesia. Ungaretti e l’arte del vedere», la mostra che celebra la convergenza tra letteratura e arti visive, nella figura di Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 1888 – Milano, 1970). Una selezione di opere di artisti che conobbe, frequentò e sui quali scrisse rendono omaggio al poeta dal 17 maggio al 12 luglio. Tra queste, due opere inedite di Piero Dorazio dedicate a Ungaretti.

La curatrice Alexandra Zingone, saggista e critica letteraria profonda conoscitrice della poesia di Ungaretti e degli artisti del suo tempo, traccia una panoramica dell’arte italiana ed europea tra gli anni Dieci e Settanta del Novecento. Le parole del poeta, raccolte in materiali d’archivio, scritti, corrispondenze e poesie, fanno da cornice alle opere di Giacomo Balla, Ardengo Soffici, Carlo Carrà, Gino Severini, Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Pablo Picasso, Enrico Prampolini, Ottone Rosai, Jean Fautrier, Franco Gentilini, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri e Piero Dorazio.

Dopo essere approdato a Parigi nel 1912, Giuseppe Ungaretti rimase folgorato dalla febbrile scena artistica e culturale della capitale europea. Le avanguardie internazionali segnarono indelebilmente la ricerca personale e stilistica dell’intellettuale affascinato dallo sperimentalismo irriverente e dal capovolgimento estetico. Un soggiorno che condizionò il suo sguardo sulle arti, in particolare sulla pittura, che lui considerava una diversa espressione della poesia: «chiamo poeta qualsiasi artista» diceva. E non si può dargli torto se è vera l’asserzione che definisce «poeta» colui che nutre una sensibilità nobile verso il mondo. Anche le frequentazioni parigine, con questi uomini dallo sguardo eletto, furono per lui prolifiche e stimolanti come sottolinea in Vita d’un uomo.

«Degli incontri che feci a Parigi in quel periodo o nel dopoguerra furono notevoli quelli con Soffici e Palazzeschi e gli altri futuristi, con Boccioni, con Carrà, con Marinetti; quelli con Braque e Picasso, già cubisti, o con Delaunay, che si diceva pittore orfico; quelli con Péguy, con Sorel, con Bédier, con Bergson. Tutti mi facevano mille feste immeritate nell’incontrarmi, delle quali ero sempre molto sorpreso. Furono incontri con un tipo d’arte e con un tipo di moralità che hanno avuto decisiva importanza nella mia formazione generale, e, naturalmente, nella mia poesia».

Anni dopo, a Roma, si confrontò, invece, con artisti italiani quali Dorazio, Capogrossi e Burri. Non fu soltanto testimone privilegiato di un’epoca artistica senza pari: fu proprio nella commistione e nella continuità di questi linguaggi, che Ungaretti giunse a una propria poetica, alimentando una profonda fascinazione per la pittura e rendendo così possibile l’incontro tra le arti visive e la parola.

«Pittura e Poesia. Ungaretti e l’arte del vedere» è stata presentata per la prima volta nella sede di Parigi ad aprile del 2023. A Firenze, rispetto alla prima tappa, troviamo qui, esposte per la prima volta, due opere inedite di Piero Dorazio, «Senza titolo», del 1968, realizzata per l’ottantesimo compleanno del poeta, e «Modello e fonte per molti orizzonti» del 1969, provenienti da Casa Ungaretti, con dedica al maestro e amico, a testimonianza del sodalizio intellettuale e affettivo che li ha legati per tutta la vita, e che, tra il ‘66 e il ’69, dette vita al libro d’artista «La Luce. Poesie 1914-1961. Con XIII litografie di Piero Dorazio» (St. Gallen, Erker, 1971), dove letteratura e arte, poesia e pittura, dialogano perfettamente.

Retro opera Dorazio con dedica a Ungaretti

I due dipinti di Dorazio, superata la struttura reticolare a «trame» del periodo precedente, muovono verso nuove direzioni, dove il colore è protagonista, predominando sulla forma e sullo spazio. In «Lettera a Bruna» del 1968, Ungaretti parla di Dorazio come del pittore contemporaneo più puro. L’unico a saper scomporre in infiniti colori la luce in modo che nella visione d’insieme si ricompongano nel nostro occhio.

In mostra, del periodo parigino, «Tasse et paquet de tabac» (1922) di Picasso, che Ungaretti frequentò da giovane e che definisce il disegnatore più straordinario che ci sia mai stato. E poi lavori figurativi come «Giovane seduta» (1905) di Amedeo Modigliani, «Luce nella luce» (1928) di Giacomo Balla, «Il balcone» (1930) di Gino Severini.

«De Chirico l’ho conosciuto dopo la guerra, ma sono forse stato il primo italiano a conoscere direttamente le sue Piazze scoperte con stupore da Apollinaire al Salon des Indépendants» racconta Ungaretti in un ricordo biografico.

Dell’artista metafisico troviamo «Piazza d’Italia» del 1955. Jean Fautrier, uno degli amici più cari del poeta, «l’ultimo dei grandi pittori europei», è presente, invece, con «Tableau à 4 côtés» (1957). Il percorso espositivo continua con alcuni dipinti di Carlo Carrà e Ottone Rosai, nei quali si coglie quella «intensità nel vedere» che distingue l’arte moderna e che Ungaretti continuerà a ricercare nelle arti figurative, in linea con la sua poetica.

Degli anni romani permangono tracce concrete dei legami instaurati da Ungaretti. Ne é un esempio «Superficie» (1950-1960) di Giuseppe Capogrossi, il più vario pittore dell’epoca secondo il poeta. Agli stessi anni risalgono un «Catrame» (1950) e una «Combustione» (1960) di Alberto Burri che Ungaretti assurge a sommo poeta odierno,  oltre che maggior artista, e dunque per lui principale causa d’invidia.

Informazioni utili:
Tornabuoni Arte
Firenze, Lungarno Benvenuto Cellini, 3
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-13.00 / 15.00-19.00
Ingresso libero
Tel. +39 055 6812697 | info@tornabuoniarte.it – www.tornabuoniart.com

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