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Attivare il campo: la forza della performance

Carola Demarchi, Esperimenti tra il prima e il dopo, ph. Giorgia Sernicola
Paki Paola Bernardi, Compassione e Giuseppe Pesante, Omaggio a Basaglia, ph. Giorgia Sernicola
Note incondizionate e comparate, tra un visitatore e la docente, sulla quinta edizione di The Momentary Now, la scuola di performance condotta dall’artista Marcella Vanzo in collaborazione con il teatro Zona K di Milano, che lo scorso mercoledì ha “restituito” al pubblico la produzione dell’ultimo corso.

Il teatro è aperto, il teatro è pieno; è una prova generale ma qualcuno non lo sa, per questo entra curioso: non si paga nemmeno il biglietto!

Una giovane ragazza è seduta all’ingresso, impedisce un po’ il passo, che diavolo fa? Si scrive qualcosa sulla pelle a pennarello e poi se la lava via, ma qualcosa rimane, la sola acqua non basta. I morsi delle meduse sono così: guai a levare quel che resta con l’acqua dolce, il dolore e le cicatrici saranno ancora più profondi.

C’è un’altra ragazza che sta dietro al bancone, concentratissima nel travasare, con un cucchiaino, l’acqua contenuta in un grande vaso a un grande bicchiere. Chi vuole può aiutarla e, alla fine, quasi nemmeno una goccia sarà caduta fuori dai due recipienti.
D’un tratto un monologo vero, davanti alla platea…allora siamo a teatro sul serio! Chi parla è una bicicletta; ricorda un po’ anche alcuni stornelli, un po’ di filastrocche. È questo lo spettacolo? Essere o non essere, o le due ruote del velocipede che fanno l’amore con quelle di Kawasaki (la moto!)?

Attenzione, perché un’altra figura, di rosso vestita, si alza dal pavimento e si mette a ticchettare sul muro con due pennarelli… li passa anche sulle spalle o sul muso di chi si trova nella sua traiettoria. Chi è sta matta?

In un’altra saletta ci sono due tizie, una più giovane e una più matura, che si stanno spogliando. Si tolgono anche le mutande. Sembrano anche complici, sembra una specie di spogliarello tra amanti, anzi, più che uno spogliarello sembra proprio il momento dell’abbandono frenetico che anticipa il desiderio di possedere l’altro, il primo amplesso di una futura relazione o – forse – il fuoco dirompente di un’unica notte. E dopo essere rimaste così nude che si sono tolte pure la collanina e le mollette per i capelli si rivestono così, a caso diciamo: mutande in testa, pantaloni nelle braccia, scarpe nelle mani. E poi, ancora, si scambiano vestiti, si scambiano sguardi, si scoprono le tette o le natiche e una signora che è li da un po’ dice sommessamente al compagno, all’amico, al marito: “Che due c******…” e repentinamente si alzano.

La saletta è piena, la tipa dei pennarelli arriva anche qui, rompe il silenzio magico del desiderio e picchietta sul muro, sembra quasi voler interrompere la scena con i suoi tic, tic, tic, tic…

Anna-Valeria Mikhaylova, In Between, ph. Giorgia Sernicola

Forse mettersi in scena è l’espansione all’ennesima potenza di un tic? Nella sala principale del teatro ora ci sono lui e lei legati da una corda rossa, o meglio, due corse rosse, una a testa; cercano di raggiungersi, lui ha lo sguardo del desiderio, vorrebbe amarla come se fosse l’ultimo giorno del mondo, ma non ce la fa: i guinzagli sono troppo corti. Prova tu, a fare l’amore con la museruola. Che fastidio…
La scena è quasi straziante, tutti attenti, ma c’è un’altra matta con una lamina di rame o qualcosa del genere: se la fa ballare in testa, la tocca, la suona, la fa cadere…e sdeng, dlogn, dling, bluub, bluuuub! Ma il teatro è o non è un luogo “sacro”?
Boh, dicono che sono “performance”.
Iniziano pure con un martello ora, in uno sgabuzzino al lato dell’ingresso: altre due ragazze, una vestita con un abito a maglia e l’altra inchiodando i lembi esterni di quest’abito alla sedia. Le si può guardare da una finestrella, fine. Risultato? Il pubblico voyeur si accalca. Ma non potevano farla sul palco?… Ad ogni modo la ragazza “inchiodata” non resisterà a lungo; sfilerà via “maglia a maglia” il proprio vestito, o quasi, lasciando l’involucro sulla sedia come una crisalide…
Poi un urlo, di nuovo, dal palco: i due amanti se ne sono andati ed è arrivato lui, che ha il volto bendato che sembra una fotografia della serie della Morgue di Andres Serrano; lo stesso panno lo tiene impalato ad una colonna, facendolo sembrare un condannato, un torturato. Urla: “Quello che distingue loro da voi è solo la forza”.
Tutto dipende da come la si usa, questo forse insegna il teatro, pardon, la performance: a usare la forza. Sipario, applausi. E non pochi!

Claudi Piripippi con Francesca Tarantino, Solo corpo?

I partecipanti e i progetti di TMN #5

Asia Artom, Spazio MIO
Paki Paola Bernardi, Compassione
Carola Demarchi, Esperimenti tra il prima e il dopo
Sabrina Kuzet, Dermatillomania undici, dodici, tredici
Anna-Valeria Mikhaylova, In Between
Cristina Nava, Il suono interiore…
Giuseppe Pesante, Omaggio a Basaglia
Claudi Piripippi con Francesca Tarantino, Solo corpo?
Angela Ruggieri, Ciao, sono Bicicletta.

 

di Marcella Vanzo

Il teatro, il teatro. Ecco la performance sta al teatro come la poesia alla letteratura, così esordisco quando mi chiedono di che cosa si tratta. La performance dico. Per quattro anni la lezione finale di The Momentary Now School of Performance si è tenuta in piccoli parchi milanesi, complice il Covid, dentro non si poteva proprio fare, poi abbiamo continuato.
Quest’anno, il quinto, in cui la piccola scuola tenace – o testarda? – continua, abbiamo deciso di cambiare, quest’anno usiamo gli interni. Una sfida interessante perché appunto, Zona K ha una bellissima sala centrale che accoglie gli spettacoli e le studenti si erano asserragliate tutte in qualche modo lì.

Carola Demarchi, Esperimenti tra il prima e il dopo, ph. Giorgia Sernicola

Chiuse dentro, protette. Nella performance è il lavoro che attiva lo spazio e non viceversa. Ho insistito su questo concetto, abbiamo attraversato, mangiato e pulito lo spazio in tanti modi diversi, e abbiamo invaso anche le zone non dedicate allo spettacolo: tutte.
Non un punto della pianta di ZONA K è rimasto intonso. All’entrata sul pavimento, Asia Artom accoglieva i visitatori con Spazio MIO, quello della sua pelle, che raccontava i pensieri, scritti e cancellati molte volte di seguito, mentre Carola Demarchi ha agito gli Esperimenti tra il prima e il dopo insieme al pubblico sul bancone della cucina, spostando acqua con lunghi sguardi e un cucchiaino. Nel guardaroba – una stanza nella stanza – Sabina Kuzet ha attivato Dermatillomania, inchiodandosi a una sedia e sfilando il vestito che la teneva immobile.
La sala centrale ha ospitato solo chi lì ci doveva stare per forza, Claudi Piripippi si è infilata nell’ufficio a interrogarsi su dove comincia e dove finisce la pelle in Solo corpo? con Francesca Tarantino. ZONA K è una struttura a ferro di cavallo aperta sulla strada e le e i performer hanno capito, sentito, osato invadere tutto. Dentro e fuori, con performance fisse in un punto e altre che hanno in continuazione attraversato lo spazio. E il pubblico, giunto in massa, li ha seguiti avanti e indietro, fino in fondo, attraverso scalini e corridoi, dietro alle porte, sul marciapiede e, certo, seduti in platea nella sala centrale.
In sala sono le due colonne che dettano legge. E infatti due performance si sono ancorate lì, si sono alternate lì. In between di Anna Valeria Mikhaylova che usa le colonne come spunto di tensione tra due amanti che non si incontreranno mai.

Angela Ruggieri, Ciao, sono bicicletta, ph. Giorgia Sernicola

Oltre a una terza, Bicicletta, un monologo scritto e interpretato da Angela Ruggieri, che di arrendersi alla pura performance non ne voleva sapere. Infatti è partita molto teatralmente davanti alla platea, seguita addirittura da applausi. Poi sgattaiolata fuori a raggiungere pubblico ignaro. Caso duplice di teatro e performance.
Le altre performer in movimento hanno seguito il pubblico dappertutto, con due suoni molto diversi: Cristina Nava alla ricerca del Suono Interiore con il ticchettio sommesso di due pennarelli che hanno attivato persone e spazio, Paola Paki Bernardi contrapponendo Compassione, ovvero i tuoni di una lastra di ottone che attraversavano spazio e azioni altrui.
Le urla sono state solo quelle di Giuseppe Pesante che immobilizzato a una colonna, ripete le parole di Artaud contro gli psichiatri, in un commovente Omaggio a Basaglia.
Incredibile ma vero, il quinto anno si è concluso.

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