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Art Basel today (and tomorrow). Il punto di vista del direttore Vincenzo De Bellis

Art Basel today. Vincenzo De Bellis. Photo Movie Wedding Maker

Al Grand Hotel Miramare di Santa Margherita si tengono periodicamente incontri stimolanti dedicati ai collezionisti di arte contemporanea, organizzati da miramART e Collective, associazione italiana nata cinque anni fa per promuovere un network dialettico tra collezionisti, curatori, direttori di musei e artisti. Il 18 maggio, nella Veranda Marconi, ospite d’eccezione è stato Vincenzo De Bellis, protagonista della conversazione “Art Basel today (and tomorrow)”.

Andrea Fustinoni, managing director dell’hotel stesso e co-fondatore di miramART, e Maria Adelaide Marchesoni, presidente di Collective (www.artcollective.club), introducono anche Michela Moro (Il Giornale dell’Arte) e Roberta Olcese (Il Secolo XIX), che intervengono con diverse domande.

Alla direzione di Art Basel

Vincenzo De Bellis(Putignano, BA, 1977), dopo quattro anni di direzione artistica del Miart(dal 2012 al 2016) e sei anni del Walker Art Center di Minneapolis, dal 2022 ricopre un nuovo ruolo, che racconta. Come “Direttore delle fiere e delle piattaforme espositive” di Art Basel, in pratica si occupa di strategie ed è il Direttore generale di un sistema che comprende quattro fiere: Basilea a giugno, Parigi a ottobre, Miami Beach a dicembre e Hong Kong a marzo. Ricorda che, dopo Art Colonia nel 1967, Art Basel nasce nel 1970,fondata da tre galleristi, uno dei quali era Ernst Beyeler.

De Bellismette a fuoco l’importanza di Art Basel, perché:1. si trova in Svizzera, 2. ha scelto l’arte come faro per comunicare con il mondo, 3. la città è diventata proprietaria della Fiera (Messe Schweiz), 4. la tassazione è agevolata, 5. è un porto franco, 6. è una piccola città (e la fiera è il suo centro di gravità), 7. c’è una possibilità enorme di investimento.

La situazione attuale

Si sa che, negli ultimi sei mesi, le fiere non stanno andando bene. C’è stata una decrescita del 4%, dopo anni di incertezze per la guerra russo-ucraina e di recente per quella arabo-israeliana. “Il 70% del mercato dell’arte è negli USA, il 20% in Cina, il 10% nel resto del mondo”, constata De Bellis, e nel post-Covid i costi dei materiali e dei trasporti sono cresciuti del 300-400%,ma “nonostante questo, le fiere sono il luogo in cui si fa il mercato della maggioranza delle gallerie”.

Per Art Basel la visione globale viene variata per la sempre maggiore regionalizzazione delle fiere. Miami Beach, per esempio, è nata per far crescere il mercato collezionistico anche dell’America centrale e meridionale, ma rivolgendosi agli USA. Così lì“il 65% delle gallerie sono nord americane o latino-americane, a Hong Kong il 50% sono asiatiche, a Basilea la maggioranza è centro europea, a Parigi oltre il 30% sono francesi”.

Emergenze in Europa

“Senza Brexit non ci sarebbe la fiera a Parigi, che è la più piccola delle quattro (con 156 gallerie partecipanti, mentre Basel ne ha 287, Miami Beach 279, Hong Kong 240)”, continua De Bellis, “visto che attualmente l’aliquota Iva applicata in Francia sulle importazioni e sulle cessioni di opere” da parte degli artisti “è soltanto del 5,5%, tra le più basse in Europa”. Parigi possiede anche i due gruppi più importanti al mondo: Christie’s e LVMH, con il grande collezionista Bernard Arnault.

Questa città, sostiene De Bellis, “è destinata a diventare il più grande mercato dell’arte d’Europa, però non sostituirà mai Basilea”, perché “un terzo di collezionisti in più va a Basilea e sono di qualità, pur avendo la città svizzera una situazione recettiva pessima, ed essendo molto cara”.

Collezionismo e mercato

“Il vero cambiamento”, constata De Bellis, “è che ci sono sempre meno collezionisti e sempre più compratori”. Le nuove generazioni comprano l’arte come tanti altri oggetti. Lui fa in modo di “garantire la qualità più alta possibile”, per esporre anche artisti che non si vendono o opere fuori dai formati domestici. Come diceva Sam Keller, cofondatore di Art Basel Miami Beach e dal 2008 direttore della Fondation Beyeler, la fiera deve essere lo specchio dell’arte e degli artisti.

Le fiere Art Basel avvengono ogni tre mesi e hanno “la forza e la debolezza di presentare le novità, per essere sempre appetibili” per le gallerie e i collezionisti, sottolinea De Bellis.

Verso il futuro

Sia le Biennali di Venezia – attualmente “diventate più riflessive, vere mostre museali” –che Art Basel sono due mercati, nessuno dei quali esclusivamente espositivo, ma rappresentano “momenti commerciali per il mondo dell’arte”, prosegue De Bellis.

La Biennale 2024 di Pedrosa racconta e cerca di riposizionare la storia dell’arte da un punto di vista diverso, presentando persino troppi artisti mai visti, provenienti da luoghi mai esplorati, secondo una tendenza globale degli ultimi 15 anni. Anche Art Basel cerca, per le sue “sezioni curate”, qualcosa di mai presentato. La tendenza adesso è verso l’arte astratta, una sempre maggiore presenza di sculture e, tra le geografie emergenti, si cercano gli artisti dell’Africa e del Sud-Est asiatico. Il mondo della cultura coreana – arte, cinema, musica – è particolarmente interessante, ma anche di Indonesia, Filippine e Thailandia, sintetizza De Bellis. Quello che viene chiamato “Global South” al di là dell’equatore racconta qualcosa di più urgente.

Gli artisti in Italia

De Bellis fatica a trovare i termini più adatti per rispondere: “gli artisti italiani sono un po’ fannulloni”, mentre fare arte “è un lavoro che si fa tutti i giorni”. Se si vuole essere presenti, “bisogna essere operai del lavoro”. Il mercato italiano “è minuscolo”, per cui dobbiamo pensare di fare il meglio (il triplo) nelle condizioni in cui ci troviamo. Consiglia pertanto agli artisti di: “imparare l’inglese, smettere di fare gli aperitivi e andare, invece, in giro per il mondo”.

Nessuno, però, ti può insegnare a “essere artista, ma a fare l’artista”, distingue De Bellis. E nota come l’ultimo movimento di fama dell’arte italiana sia stato l’Arte Povera: in quegli anni il dibattito mondiale sui cambiamenti politico-sociali si faceva in Francia e in Italia. Gli artisti, allora, “si sono trovati qualcosa da dire”, mentre oggi navighiamo in una situazione di medio benessere, senza le urgenze proprie di altri paesi.

Infine, De Bellis sottolinea anche una mission educativa e formativa della fiera, in quanto MCH Group, a cui appartiene il marchio Art Basel, è di proprietà del Cantone e della città svizzera. Il pubblico generalista non può essere escluso, anche se ci sono giornate dedicate ai collezionisti. L’aspetto divulgativo è imprescindibile e in questo consiste anche il grande potere attrattivo di Art Basel.

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