Dal macro al micro: un tocco di poesia per una edizione di Art Unlimited – la sezione “fuori scala” di Art Basel – davvero memorabile, tra storia, memoria e futuro
All’ingresso un pannello metallico lungo cinquanta metri, con corpi e animali dipinti da Keith Haring con lo spray raccontano la nascita della street art su una cancellata lungo la Franklin D. Roosevelt East River Drive a New York nel 1984. Poco distante, le 365 bandiere bianche protagoniste di Progetto per la pace (1968) di Mario Ceroli esprime la forza innovativa dell’arte durante la rivoluzione del 1968, quando gli artisti partecipavano in prima persona al clima di rinnovamento della società del tempo. A Basilea Art Unlimited, curata da Giovanni Carmine, riunisce 70 progetti presentati da 93 gallerie internazionali, con una forte presenza di opere storiche, che determinano una notevole qualità della mostra, tra le migliori edizioni degli ultimi anni. Una selezione accurata, che ha privilegiato il significato delle opere rispetto alla loro spettacolarità, e un raffinato equilibrio tra le proposte di artisti emergenti rispetto ai maestri hanno determinato una struttura curatoriale solida e rigorosa, particolarmente indicata per fissare punti fermi nell’inquietante complessità dell’attuale periodo storico.
Molto significativa la serie fotografica The Americans (1954-1957) – 84 scatti in bianco e nero di Robert Frank presentati per la prima volta – che raccontano un volto degli USA non convenzionale, da confrontare con Marcados (1981-1983), i ritratti della tribù Yanomami scattati da Claudia Andujar in Amazzonia, dove ogni indigeno viene identificato con un numero. Tra le opere storiche, spiccano Wrapped 1961 Volkswagen Beetle Saloon (1963-2014), il maggiolino impacchettato da Christo con un telo arancione, il grande pannello Black Nile VII (1974) di Al Held, pioniere dell’astrattismo americano, Survival (1989) di Jenny Holzer – la serie di panchine in granito rosso presentate al Guggenheim di New York nel 1989 – insieme ad Untitled (1970) di Donald Judd – 22 pannelli di acciaio galvanizzato alle pareti di un ambiente – e Senza Titolo (vele) (1993), forse una delle installazioni più poetiche di Jannis Kounellis, presentata alla Biennale di Venezia del 1993.
Accanto a questi lavori densi di storia, spiccano diverse installazioni di artisti mid-career o emergenti, più legate a tematiche contemporanee, interpretate in maniera intima o più spettacolare, come nel caso dell’opera di Ali Cherri The Watchman/Wake up Soldiers, Open Your Eyes (2024), composta da uno dei video più intensi e poetici di Unlimited accompagnato da tre sculture in gesso, o School of Languages (2023) di Ryan Gander, che vede protagonista un gorilla in forma di scultura animata, che si comporta esattamente come un vero primate in cattività. Improntata alla critica di alcuni stereotipi della società americana è l’installazione Hell Hole (2022) di Alex Da Corte, dove una capanna di legno abitata da un cowboy solitario si trasforma in una cella in fiamme.
Ancora più inquietante Birdcage (2023) il video di David Claerbout che vede protagonista una villa devastata da un’esplosione ripresa al rallentatore, mentre Intifada: The Endless Rhizomes of Revolution (2016) di Kader Attia è ispirata alla prima intifada palestinese del 1987, conosciuta col nome di “guerra delle pietre”. Tra le proposte di pittura, spicca senz’altro A Tale of Ancestral Memories (2023), un’odissea visiva di 26 metri dipinta da Dominique Fung per il Rockefeller Center.
Infine passiamo dal macro al micro, con l’opera Guppy (2024) di Francisco Sierra: un ambiente/acquario dove ognuno dei 48 tipi di pesci tropicali è stato dipinto dall’artista in grandezza naturale. Un tocco di poesia che si aggiunge ad un’edizione di Unlimited davvero memorabile, tra storia, memoria e futuro.