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La busta affrancata con l’80 centesimi del Governo provvisorio delle Province Parmensi non ama i riflettori. Sapendosi unica, e di conseguenza contesa, ama la discrezione, la riservatezza. Di sale d’asta non ne vuol sentir parlare, se proprio deve cambiare proprietario preferisce l’ovattata trattativa privata che non la espone a rischi e il prezzo di vendita, noblesseoblige, non viene sbandierato a quattro venti.
Dopo essere stata di proprietà di Jules Bernichon, quindi di Archillito Chiesa, del senatore Giuseppe Mazzini, e dell’industriale torinese Alcide Bona. Nel 1964, dimostrando così di preferite il Piemonte anziché la sua origine parmense, la busta entrò a far parte della collezione del mercante ed editore filatelico torinese Giulio Bolaffi, passando, alla sua morte, al figlio Alberto. Fino a poco tempo fa. Di recente è infatti divenuta di proprietà di un imprenditore torinese, Luigi Garosci, amministratore delegato di società operative nella grande distribuzione. Secondo indiscrezioni il prezzo pagato si aggirerebbe sui 500mila euro.
A parte l’indiscussa rarità dell’80 centesimi, anche i restanti valori da 5c, 10c, 20c e 40c, sono storicamente importanti. Realizza in fretta e furia e senza tanti fronzoli, l’emissione segnò infatti l’anticamera dell’accesso al Regno d’Italia (avvenuto il 18 marzo 1860), degli Stati Parmensi già ducato di Parma e Piacenza retto da Luisa di Borbone, che sull’onda del Risorgimento che travolgeva gli stati preunitari, il 9 giugno 1859 fu costretta a far fagotto e lasciare la città e il governo. Il potere fu assunto da un governo provvisorio e da dicembre entrò a far parte delle regie provincie dell’Emilia che comprendeva Modena, Parma e Romagne.
A Parma e a Piacenza non si voleva più spedire le corrispondenze col giglio borbonico. Di qui i cinque francobolli con la semplice scritta Stati Parmensi e il valore in centesimi, il tutto racchiuso da una spartana cornice ottagonale. Validi per la posta fino a febbraio del 1860, ebbero delle produzioni decisamente contenute che, nel caso dell’80 centesimi, fu di 2.800 esemplari, per lo più rimasti invenduti. Sei, per quanto se ne sa, gli esemplari usati conservati da collezionisti, uno solo noto su lettera, assieme il 20 centesimi, il 17 dicembre 1859 diretta a Parigi. Quella che dopo 59 anni di corteggiamenti sotto traccia, ha cambiato collezionista.