Alla Galleria Giovanni Bonelli oltre 100 artisti chiamati a dare nuove forme all’oggetto ex – voto con diverse tecniche pittorico – installative
“Per grazia ricevuta”, la mostra curata da Alberto Mattia Martini alla galleria Giovanni Bonelli a Milano, è una parata murale di ex – voto che raccoglie le rielaborazioni e le reinterpretazioni del genere, realizzate da oltre 100 artisti. Il colpo d’occhio è quello di una frastagliata opera collettiva dove a predominare è un’attitudine d’insieme, piuttosto che un netto differenziarsi di poetiche, tanto che verrebbe da riesumare il metodo suntuario di una Storia dell’Arte “senza nomi” . Negli accostamenti i singoli artisti risultano, pur nel dettaglio, essere qualcosa di più di loro stessi. Nei casi più riusciti, queste occasioni di accrochage delle espressioni più disparate rendono infatti il tono generale predominante e le individualità accidentali.
Nel suo testo di presentazione il curatore identifica nell’atto di fiducia l’elemento sostanziale dell’ex – voto tradizionale: l’opera suggella l’atto di gratitudine per un intervento di ricompensa e o di riparazione che conferma una continuità e un ordine di giustizia superiori al disordine degli eventi. La mostra nasce nel clima fosco che ben sappiamo e gli artisti che vi partecipano non sono dei naif anche quando simulano di esserlo: più che registrare una moltitudine di avvenuti prodigi ne auspicano l’accadere futuro facendo diventare la collettiva un tribale atto propiziatorio in tempi difficili, confermato dall’atmosfera di festa della riuscita inaugurazione.
Sistemi-mondo
Le formule e il salmodiare dello stregone, le invocazioni del supplicante sono sostituite da vari artifici e tecniche pittorico – installative: il sentire è comune, ci si augura la salvezza, ma i riti e gli stratagemmi sono tutti diversi, talvolta paganeggianti talvolta prettamente laici. Salta la codificazione ortodossa della tavoletta votiva e si affacciano vari ribaltamenti. Anche qui, nella parcellizzazione, non c’è un nucleo individuale quanto varie singole possibilità di visione del mondo a suo modo generali, sistemi-mondo dove ognuno rende conto del proprio dizionario e delle proprie modalità.
Nel mondo di De Grandi, l’ex voto funziona secondo una modalità catartica: si rappresenta la morte per doppiarla e rendere vana lei. La salvezza viene dal viaggio nella notte, nel quale la pittura sembra sprofondare per poi distaccarsene guardando il percorso dall’esterno. L’universo di De Pietri è invece assolto da un atto di furbizia. L’uomo nella bara aperta sembra sfotterci con il tipico gesto: vi ho fregati, non ero morto. Si finge di andare alla sepoltura ma si è vivi e vegeti e tramite una messa in scena si evade da un destino ineluttabile.
Nel mondo antropogenetico di Bergamasco le scale desunte da Blake e Burne-Jones si innalzano in virtú di un principio che non è solo spirituale ma anche immanente, ancorato alla continuità della struttura genetica intraspecifica. Presicce, che riconosce nello scostamento e nell’eccezione il segno contorto della perfezione immagina il santo o l’eremita come un eccentrico capriccio della natura. Verlato, nella miniaturizzazione che cesella il suo ingrandimento mitizza l’autobiografia del pittore espandendone la singola figura come catena di connessione dell’intergenerazionalità pittorica.
Patrono ideale
Nella parte di mondo ritagliato da Stampone l’approccio citazionista , ricco di camei anedottici, ricrea la magia e la suggestione delle vite e dei personaggi esemplari estendendole alle cose. Nell’iperrealismo artigianale di Bertozzi e Casoni ogni cosa, anche la più banale, può essere sublimata sia nel verso del suo riapparire materiale sia nella traslazione della funzione: la custodia dello strumento musicale diventa cornice di una Wunderkammern. Nella dimensione irriverente e sacrilega del Laboratorio Saccardi l’attesa dell’intervento divino è ironicamente equiparata alla regressione infantile da dipendenza materna, ridimensionando la miracolistica.
Si potrebbe continuare a descrivere tanti altri esempi meritevoli presenti in mostra: oltre che ad aggiungere altri piccoli universi di senso o di concezione del senso, magari pure fraintendendoli, si dovrebbe pure citare il complesso dispiegamento di tecniche usate: c’è davvero di tutto. Dal dipinto su metallo , all’oggetto tridimensionale, dalla ceramica alla scatola parlante. Citeremo, per terminare, il patrono ideale della mostra, il primo santo, Dino Buzzati, che discostato su una parete propria, fa da guest star: già prima di oggi si dedicò, nelle sue escursioni grafico – pittoriche, alla realizzazione di propri personalissimi ex voto, anticipando quel particolare connubio tra racconto fantastico e stilemi Pop, che è difatti molto presente in questa quadreria scaramantica.