Il tempo non si vede, non si tocca, eppure c’è; il tempo siamo noi e lo percepiamo nel nostro volto e in tutto ciò che ci circonda. Nell’arte concettuale, il tempo è un tema di riflessione filosofica intorno all’immateriale e all’intangibile, l’essere e il nulla, un presupposto per parlare dell’esistenza compresa tra la vita e la morte.
“Nel tempo: Opere della collezione Panza di Biumo” è la prima mostra di Gabriella Belli, in qualità di curatrice delle attività espositive e culturali del FAI – Fondo Ambientale Italiano ETS, con la collaborazione di Marta Spanevello. La mostra presenta cinquantanove opere di ventitré artisti provenienti dalla collezione di Giuseppe Panza di Biumo, indagatore dello spirituale nell’arte e della “quarta” dimensione. (Fino al 6 gennaio 2025)
La direttrice uscente dei Musei Civici di Venezia, subentrata alla precedente direttrice Anna Bernardini che ha dato una svolta significativa di rilancio a Villa Panza, con questa mostra intreccia dialoghi con il Conte, proprietario della collezione più invidiata al mondo, attraverso raffinate opere di grafica, pittura, calligrafia e fotografia, da fruire in silenzio per meditare sul e nel tempo in un’incantevole villa incastonata nel verde, dove tutto è pace, bellezza e armonia.
Le opere concettuali sono per lo più di proprietà della famiglia Panza di Biumo; una di Piero Fogliati è stata donata dall’autore, le altre sono del FAI. Gli artisti ci invitano a riflettere sulla causa e l’effetto dei fatti che succedono nel tempo, e qui ciascuno di noi fa il suo viaggio dentro il ritmo dell’esistenza.
La mostra si snoda intorno a due registri narrativi: il tempo della realtà, lineare e sequenziale, e il tempo eterno, assoluto, che conducono il visitatore nelle cinque sezioni della mostra: il senso (del tempo), la durata (del tempo), i luoghi (del tempo), il rumore (del tempo) e l’esperienza (del tempo), in cui tutti ci chiediamo: “Cosa vuol dire il tempo? Cos’è il tempo? Come fruire l’attimo della percezione di ciò che non posso definire?”
Le opere esposte cominciano ad agire nel momento in cui cominciamo a dialogare in modo soggettivo con i dettagli e le associazioni che ci suggeriscono. In quel preciso istante, il tempo rallenta, perde la sua variabile fisica e ci conduce in un viatico spirituale, senza tempo.
Giuseppe Panza di Biumo scrive in Ricordi: “Che cosa vuol dire?” – “È la domanda che mi ha perseguitato da quando ho iniziato a collezionare… Quando è arrivato il Minimalismo, il commento era ‘non è arte, non sono cose fatte dall’artista’. L’arte Concettuale: una follia comprare parole scritte…”, e in questa mostra di parole scritte ce ne sono molte che, insieme ad altre opere, ci predispongono all’analisi delle cose per indagare il loro significato. Gli artisti in mostra condividono la visione dell’arte come speculazione filosofica, in cui il tempo è cambiamento, velocità, passato, presente e futuro, ma è anche contemplazione, riflessione, nostalgia, ricordo, meditazione, sospensione dal tempo fisico.
A Villa Panza, osservando senza fretta le opere di Vincenzo Agnetti, Michael Brewster, Pier Paolo Calzolari, Cioni (Eugenio) Carpi, Lawrence Carroll, Hanne Darboven, Grenville Davey, Walter De Maria, Stephen Dean, Jan Dibbets, Piero Fogliati, Allan Graham, Ron Griffin, Susan Kaiser Vogel, On Kawara, Joseph Kosuth, Gregory Mahoney, William Metcalf, Maurizio Mochetti, Franco Monti, Robert E. Tiemann, Franco Vimercati, Ian Wilson, si percepisce il tempo della riflessione nell’arte contemporanea.
E a questo punto la domanda in questa mostra è: che cos’è l’arte concettuale se non una riflessione sull’intangibilità del tempo, che per ognuno è soggettivo? Ogni opera esposta proverà a darvi qualche risposta e a porvi molte domande.
Dunque, prendetevi tempo, non abbiate fretta di consumare con gli occhi le opere suddivise per sale irrorate di luce naturale proveniente dalle grandi finestre della villa. Piuttosto, pensate ai rimandi metaforici che ciascuna opera contiene, prendetevi tempo per l’osservazione, fate attenzione ai dettagli, alle ombre e leggete le parole; così entrerete nel tempo rallentato della percezione di un altro tempo, non fisico ma della contemplazione, quello prediletto da Giuseppe Panza di Biumo.
Viaggio nella cultura del tempo e oltre a Villa Panza
L’esposizione non a caso si apre con il lavoro di Gregory Mahoney, Time Study (2000), in cui venti lettere in acciaio ossidato e fuliggine compongono la scritta Time exists in the mind, che da subito ci interroga sul valore del tempo fisico o metafisico. E qui ciascuno troverà il suo.
Gli artisti che hanno insistito sull’aspetto lineare e progressivo del tempo sono Hanne Darboven, On Kawara, Jan Dibbets, Franco Vimercati, Walter De Maria, Cioni Carpi, Maurizio Mochetti e Robert Tiemann. In particolare, l’opera One Million Years (1993) di On Kawara, che prevede una lettura di un milione di anni, scritta sotto forma di date in dieci volumi, sarà oggetto di una performance (per candidarsi scrivere qui). Meritano un’attenta lettura i telegrammi di Vincenzo Agnetti e Pier Paolo Calzolari. Il rumore del tempo è oggetto di riflessione nelle opere di Michael Brewster e Piero Fogliati che danno peso specifico al silenzio con vibrazioni sonore. Nelle opere sentiamo la successione del ritmo della vita; e tutto dipende dalla nostra attenzione nel fruire progressioni numeriche, quaderni, elenchi, orologi o fotografie e tanto altro ancora.
Per Joseph Kosuth, il tempo è l’argomento principale delle sue investigazioni concettuali. A Villa Panza, con The Eight Investigation, Proposition 3 (1971), tutti possiamo sederci intorno al grande tavolo e compiere l’azione del tempo sfogliando i quaderni esposti, mentre le lancette di 24 orologi appesi alle pareti scorrono con orari diversi. Il tempo fa rumore? È una domanda che ci poniamo ascoltando le installazioni sonore di Michael Brewster e con Anemofono (1973) di Pietro Fogliati, a cui è dedicata una sala indimenticabile, che nell’insieme di opere diverse presenta un’esperienza cinetica e visiva davvero sorprendente. Ogni suono emesso ha una durata e un ritmo e si sviluppa in una sequenza temporale, ma bisogna stare lì per ascoltare strumenti che rompono il silenzioso fluire del tempo.