A Palermo, nel cuore della Vucciria, è stato inaugurato ALL, spazio indipendente ricavato da un ex magazzino, in via Chiavettieri 29, dove non si butta via nulla e l’arte si fa con tutto, con la mostra “Spatial Politics” di Erik Smith, artista concettuale americano che vive a Berlino. Lui è un anomalo esploratore di siti urbani, archeologici, affascinato da ciò che sta al confine tra visibile e invisibile, in bilico tra pubblico e privato, materiale e immateriale (fino al 20 luglio).
Dichiara l’analitico Smith: «Mi interessa mettere in discussione ciò che costituisce il senso del luogo e il ruolo degli aspetti meno visibili, nascosti o subliminali e come li percepiamo». Questa è la sua prima mostra in Italia, generata dalle sue quotidiane esplorazioni intorno a Palermo in bicicletta, con antenne radar per intercettare e registrare suoni di “telluric currents”, dice Erik, ovvero energie elettromagnetiche non percepibili dall’orecchio umano.
La mostra, volutamente didascalica, comprende sei fotografie, altrettante sculture nere minimaliste realizzate con mobili domestici di scarto trovati per strada dall’autore, un’installazione sonora di reti elettromagnetiche; e per chiudere, in un’altra piccola sala completamente oscurata, fa capolino una fotografia quasi vintage, modello Alinari, a colori e un elemento luminoso.
Smith è interessato alla Politica Spaziale, un campo d’indagine dedicato all’analisi di come le configurazioni spaziali riflettono ed evidenziano le decisioni politiche, attraverso fotografie, strutture e suoni incentrati sull’ambivalenza del concetto di pubblico e privato. Racconta l’artista: «L’installazione genera uno spazio per riflettere su Palermo, le sue caratteristiche così come quelle latenti, nozioni di presenza/assenza, pubblico/privato, sui modi in cui la città è organizzata a un livello strutturale sottostante. Il titolo “spatial politics” suggerisce che l’ordine dello spazio urbano può essere ricondotto alle decisioni politiche… anche se non percepiamo i nostri dintorni come intrinsecamente politici».
Sul pavimento, appoggiate al muro, attirano lo sguardo sei fotografie stampate su sportelli di mobili abbandonati trovati in strada, in bianco e nero, che rappresentano la stessa cancellata vista da diversi punti di vista, in cui dietro compare una sorta di quinta teatrale. Stupisce il nostro sguardo questa onda anomala che traccia una linea sinuosa inscritta in uno spazio sospeso tra realtà e finzione. Tre di queste immagini hanno il lato B, sul recto presentano una composizione astratta realizzata con nastro adesivo rosso e bianco; quello utilizzato per marcare corsie o aree pericolose. La mostra si apparecchia su un unico piano di lavoro, il pavimento, in cui le sculture in relazione con le immagini, le tre casse audio a terra creano una sottesa dialettica tra lo spazio espositivo e il quartiere, il concetto di spazio pubblico e la proprietà privata, mettendo in discussione configurazioni spaziali urbane non sempre condivisibili dal cittadino. È un’installazione politica basata su un raffinato processo di costruzione e distruzione di tesi e antitesi (vero, falso, micro e macro, pieno e vuoto) che sollecita il nostro sguardo nella continua interrogazione di dove siamo e quando e di come percepiamo i luoghi urbani, che genera riflessioni sulle stridenti contraddizioni di Palermo.
L’esposizione si chiude nella seconda sala espositiva della galleria, una vera e propria project room oscurata, con una fotografia a colori dai toni accesi di un dettaglio di una chiesa, messa a confronto con un monolite nero e un oggetto luminoso straniante, in cui la luce altera la percezione del luogo e qui tutto si dilata in un tempo e in uno spazio altro che mette in crisi l’esperienza del vedere e del fare arte. Smith ha trascorso molto tempo anni fa a Palermo, dove è tornato per tre mesi nel 2024 con l’obiettivo di realizzare questa mostra site-specific, esplorando periferia e centro città, che dice di vivere come un antidoto a Berlino. Commenta Smith: «C’è una sorta di crudezza o disfunzione funzionale di Palermo che mi affascina, così come il suo intreccio dinamico di spazio storico e contemporaneo, ambiente urbano e naturale che non smette di stupirmi». Per l’artista, la fotografia non è il fine bensì traccia che documenta l’origine dell’immagine e del suo processo analitico di prelievo visivo e materiale di Palermo, un elemento dinamico che attraverso lo studio della forma e il reperto sonoro diventa utile per l’esercizio del pensiero estetico per plasmare materiali, ottimizzando la struttura degli oggetti trasfigurati in ambienti e concetti sullo Spazio e sul Tempo, dentro ai meccanismi della percezione secondo la psicologia della Gestalt, in cui pieni e vuoti si somigliano, ma non sono uguali nelle cose, suono e immagini e il ritmo della città sempre in movimento.