Quarta puntata della rubrica In The Sign, e stavolta i panni sporchi non si lavano in famiglia ma in tribunale: ecco il caso dell’accusa di plagio di Castiglioni e la sentenza l’ha smentito. E perché
È il 1954. I fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni immaginano, per la X Triennale di Milano, uno spazio espositivo in cui la luce recita una parte per nulla marginale. Sono ventidue i coni di tela bianca, da quattro metri di diametro, sospesi al soffitto che, riflettendo la luce dei faretti posti esternamente (al di sopra dei coni), illuminano le quarantasette pedane sottostanti, poste su due livelli, e i centocinquanta oggetti del design lì – letteralmente – messi sotto i riflettori.
Sono passati diversi anni dall’esposizione, quando la figlia di Pier Giacomo Castiglioni cita in giudizio il cugino (guarda caso, architetto), accusandolo di plagio delle predette lampade. Con la decisione di primo grado, il Tribunale di Milano riconosce alla lampada dei fratelli Castiglioni la tutela come opera di design industriale, in quanto oggetto di design dotato del necessario valore artistico. Più precisamente, viene affermato nella sentenza che la lampada, anche estrapolata dall’esposizione in cui era stata originariamente concepita, conserva la propria funzione di rappresentazione di un gusto artistico che “differenziava tale prodotto dalla congerie delle produzioni di design di effimera e ordinaria concezione”. Il Tribunale, inoltre, sottolinea come vi sia una forte somiglianza tra la lampada oggetto di tutela e quella del convenuto. Somiglianza che non viene meno, si legge nella sentenza, alla luce di differenze reputate marginali, come la diversa dimensione dei coni o la posizione dei faretti illuminanti. La lampada disegnata dal cugino dell’attrice, infatti, presenta le dimensioni di un normale lampadario e l’elemento illuminante è posizionato all’interno del cono, e non all’esterno di questo, come nel progetto per la Triennale firmato dagli zii architetti.
La querelle familiare prosegue, la Corte d’Appello di Milano si pronuncia sulla vicenda e ne cambia radicalmente la prospettiva. Certo, la luce recita ancora un ruolo fondamentale, ma non preminente: la Corte d’Appello, in buona sostanza, ritiene che a essere tutelabile non sia la lampada in sé, ma solo il progetto dell’esposizione nel suo complesso. Ciò, sulla base del fatto che, dalla stessa documentazione citata dall’attrice, emergeva come i riconoscimenti attribuiti ai fratelli Castiglioni, così come gli articoli di giornale al riguardo, si riferivano all’allestimento nella sua interezza e non ai singoli elementi che la componevano e che, al contrario, non avevano mai ricevuto “attenzioni” specifiche.
Sono passati oramai settant’anni dalla X Triennale, è il 2024, quando la Corte di Cassazione, confermando la decisione di secondo grado, “trasforma” le ormai celeberrime lampade da protagoniste a comparse. Questa volta la Corte di Cassazione, nella sua decisione, non si concentra tanto sulla ricerca di quei requisiti, oramai ben noti, del carattere creativo e del valore artistico dell’opera, quanto sull’individuazione di “che cosa” meriti di essere concepito come opera tutelabile. Ecco che, nella visione della Corte, per quanto certamente illuminante (consentiteci il gioco di parole), non è la lampada dei fratelli Castiglioni a catturare l’attenzione “in sé e per sé”. La sua funzione scenografica nello spazio espositivo e il suo rilievo iconico sono, piuttosto, da attribuire “al suo utilizzo quale strumento di costruzione dello spazio espositivo, ridotto ad un contenitore buio, di cui resta solo la dimensione orizzontale, spezzata dalle sequenze articolate di grandi pedane”.
Non solo. La Corte giunge ad escludere anche l’ipotesi che la lampada contestata possa costituire un plagio parziale dell’allestimento, e lo fa dando rilievo proprio a quelle differenze che erano state ritenute del tutto trascurabili dai giudici del primo grado. Importanza dirimente assume, infatti, la posizione del faretto che, lungi dal costituire un elemento irrilevante, nella lampada del nipote-architetto, trova posto all’interno della tela, contribuendo ad una diversa modalità diffusiva della luce e ad un diverso impatto visivo e stilistico.