42 m³ x 2 (quarantadue metri cubi per due) è un nuovo spazio espositivo temporaneo di ottantaquattro metri cubi al piano terra dell’aula Quadrante dell’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove il professor Alessandro Mancassola tiene i corsi di “Audiovisivi Lineari”.
Questo doppio cubo ha ospitato da maggio a giugno, per cinque mercoledì, progetti e installazioni realizzati da quarantasei studentesse e studenti, travolti dall’energia del loro professore e dal sano entusiasmo di condividere un percorso formativo all’insegna della libertà espressiva e, insieme, della capacità pratica di includere la qualità dell’allestimento come requisito necessario all’opera stessa. Questo catalogo raccoglie cinque mostre: Lagerstatte, a cura di Vittoria Cosenza e Gabriele Andrés De Simone; Le Stalagmiti Gocciolano sulle Stalattiti, a cura di Alessandra Cocco; Corsa, a cura di Luca Dariol, Marco Linzalone, Marco Manfredi, Yasemin Piazza, Andrea Scigliuzzo, Mattia Testa, Andra Valcarenghi, Leonardo Veluti, Cosimo Zani; Il sopra del piano di sotto, performance multimediale di Luisa Anastasia, Rachele Cerrato, Ela Clotilde Falone, Davide Fusco, Giovanni Franco Moioli, Arianna Marta Munteanu, Zoe Pontillo, Giovanni Salvadeo, Alessio Sebastiano Santapaola; e Privato, a cura di Angelica Russo.
Le mostre sono state ideate nell’ambito del progetto didattico del corso Audiovisivi Lineari di Alessandro Mancassola in collaborazione con Flavia Amato, del triennio di Nuove Tecnologie. Mancassola commenta: «Il ciclo di mostre nasce per rispondere a due necessità: la prima è alzare il livello degli allestimenti alle discussioni di tesi, che troppo spesso diventano momenti secondari, mentre l’anomalia di un’Accademia, che è la sua forza, è nell’incontro tra pratica e teoria. La seconda: io ho studiato a Brera, e l’emarginazione vissuta dalla Scuola di NTA, prima relegata in viale Marche 71, non era positiva. Lasciare spazio ai progetti espositivi è un modo per dire alle studentesse e studenti “siete a casa” e al tempo stesso mostrare che tipo di opere si producono nel nostro triennio interdisciplinare».
L’aula 42 m³ x 2 è un’aula particolarmente adatta per progetti speciali, quasi una capsula del tempo, deposito e piattaforma di esperienze pratiche ed emotive, dove naturale, artificiale, didattica e sperimentazione pratica s’intrecciano; e quest’anno il livello delle opere presentate è stato eccellente. Titoli e allestimenti delle mostre curate dalle studentesse e studenti, responsabili anche della comunicazione dell’evento, hanno dimostrato che, nella babilonia onirica dei linguaggi contemporanei, oltre al potenziale espressivo dell’immagine in movimento, le performance sempre contemporanee, in particolare il rumore e i monitoraggi di paesaggi sonori, hanno messo in discussione la percezione dello spazio preesistente. E in quell’aula oscurata, al fruitore il vedere, ascoltare e toccare oggetti, volumi, schermi non soltanto appesi al muro ma sospesi qua e là, ha destabilizzato il concetto di abitare, attraversare, occupare un luogo fisico e immaginifico al tempo stesso.
Il catalogo volutamente autoreferenziale è pensato come traccia visiva di cinque mostre, ordinato, rapsodico ma fluido e lineare, che colloca l’immagine, il colore e la grafica in un processo di relazione con il fruitore, in cui ogni dettaglio è fuori registro temporale, e tutto sconfina oltre lo spazio fisico. Il catalogo lascia spazio a uno sguardo aperto sulle infinite possibilità di ripresentare riflessioni sul rapporto occhio, opera e luogo, incluse ombre, proiezioni e sparizioni, linee, punti e superfici vuote e piene che trasformano l’impaginazione grafica in “neoluogo” della possibilità ricettiva, come parte integrante delle opere esposte, in cui l’immagine si costruisce attraverso la resa di un tempo “sfasato” in cui tutto è reticolo degli inganni.