Kith and kin (2024) di Archie Moore, installazione attualmente in mostra al padiglione australiano della Biennale di Venezia, vincitore del Leone d’oro, è stata acquistata dal governo australiano per la Queensland Art Gallery di South Brisbane, che la condividerà con il suo partner di acquisizione, Tate, nel Regno Unito. L’ennesimo riconoscimento di valore per l’opera e il suo artista, il primo australiano ad aggiudicarsi il prestigioso premio alla kermesse lagunare.
Poiché si tratta di un’installazione grande e complessa, Kith and kin non sarà spostata dal padiglione australiano nelle due istituzione che l’hanno acquistata. L’acquisto riguardo piuttosto l’autorizzazione a riprodurla, con tanto di istruzioni e indicazioni dell’artista. L’opera può dunque coesistere in entrambi le sedi, che non dovranno sostenere costi aggiuntivi di spedizione, conservazione o stoccaggio.
L’installazione, descritta come “silenziosamente potente” dai giurati del Leone d’oro, si compone dell’albero genealogico dell’artista, disegnato a mano con gesso bianco su pareti e soffitto dipinti di nero. Esso riporta più di 2.400 generazioni, susseguitesi in 65.000 anni di storia, raccolte in diversi anni di intensa ricerca da parte di Moore. Al centro della stanza pile e pile di registri statali che Moore ha setacciato per ricostruire l’evolversi dei suoi avi.
La stanza, dall’atmosfera placida e scarsamente illuminata, assume le forme di uno spazio sacro, che funge anche da memoriale all’eredità coloniale in Australia, con alcune importanti testimonianze degli alti tassi di incarcerazione tra la popolazione nativa e di come questo abbia influenzato il presente e il futuro del Paese.
Chris Saines, direttore della Queensland Art Gallery, ha affermato in una dichiarazione: “Incontrare i parenti di Archie Moore alla Biennale di Venezia è stata un’esperienza spettacolare e toccante che ha risuonato con il peso della storia e degli antenati. Nel suo inimmaginabile tentativo di mappare una genealogia personale attraverso più di duemila generazioni, Moore ha evocato un’immagine straordinaria di connessione umana lungo un tempo profondo“.