Finita arteba, proseguiamo il nostro soggiorno in Argentina per una immersione più ravvicinata della vivissima scena culturale cittadina di Buenos Aires, a partire dai suoi musei e dalle gallerie
La Fondazione Proa si trova all’estremo sud di CABA, la città autonoma di Buenos Aires, affacciata sul rio Matanza nella zona de La Boca. Centro di arte contemporanea con una sala teatro e una grande libreria, nata nel 1996, la Proa non è di certo un luogo dove incontrare arte emergente, visto che la sua vocazione è proprio quella di presentare al pubblico dell’America Latina i grandi artisti e le grandi correnti internazionali, da Ai Wei Wei a Louise Bourgeois, da Anish Kapoor a Ron Mueck, tra gli altri che sono passati di qui. Stavolta il tema è il “Messico”, o meglio i suoi maggiori artisti viventi: ecco allora che, in collaborazione e con il supporto del gruppo Tenaris e anche di Tecpetrol, con buona pace degli attivisti, e ha alle spalle (ovvero, tra i “courtesy”) la più grande galleria del Centro America: Kurimanzutto.
“Espejo de Mexico”, ovvero “Specchio del Messico”, mostra quattro opere ambientali di cui quella di Abraham Cruzvillegas è stata realizzata appositamente per l’occasione, usando e combinando proprio una serie di scarti metallurgici delle acciaierie “Made in Italy” e diffuse anche in Sud America. Impressionante, anche se già visto in innumerevoli mostre in giro per il mondo è il Maggiolone scomposto di Damián Ortega, che rispetto al progetto più concettuale di Julieta Aranda cattura lo sguardo e fa rallentare il passo, esattamente come succede anche nella suggestiva installazione luminosa di Rafael Lozano-Hemmer, un congiunto di voci e di preziosi abbagli che occupa un’immensa sala al piano terra della Fondazione.
Se, ad ogni modo, non possiamo che apprezzare l’intento e la muscolarità dei quattro interventi, c’è da dire che – come sopra – la sorpresa alla Proa lascia un po’ il tempo che trova. Ci spostiamo, quindi, un po’ verso nord, nel barrio di San Telmo, per scoprire alcune delle gallerie più interessanti della città. Entrando in un palazzo un po’ anonimo c’è la sede di Piedras, che ospita attualmente la prima personale di Mónica Heller dopo la sua partecipazione come artista rappresentante l’Argentina alla Biennale del 2022: raffinata nella sua ironica critica alla società attuale, in “Las botitas que todxs temen todxs quieren”, ovvero “Le scarpine che tutti temono, tutti vogliono”, mischia dipinti e animazione 3D, sculture che inglobano schermi e disegni a inscenare – come scrive il critico Alejo Ponce de León nel testo che accompagna la mostra – un immaginario che mischia l’attitude pornografica dei social network che si ripercuote nell’immaginario, che si ripercuote nella vita quotidiana, creando desideri artificiali, manie di possesso, compulsioni, feticismi…Tra gli altri artisti rappresentati da Piedras ci va di segnalare anche la giovane (1991) Clara Esborraz, la cui pratica parte dal disegno come strumento di auto-esplorazione, attraversando cultura pop, moda, design e storia dell’arte argentina: notevoli (e a prezzi assolutamente accessibili per i detentori di euro) sono le carte realizzate con il suo uso di penna bic. Oltre ad arteba, trovate Piedras ad ArtBasel Miami, o anche a Liste. A futura memoria.
Altra galleria nella stessa San Telmo alla quale non si può negare una visita è quella di Nora Fisch, aperta nel 2010 e tra le più consolidate di Buenos Aires, a due passi da Piedras. Attualmente in corso ci sono le mostre di Cecilia Bengolea, “El baile de la ruina”, una collezione di opere dell’artista dal 2014 ad oggi, e quella dedicata alle pitture al limite tra surrealismo e natura di Amadeo Azar, “El medio de la nada”. Da segnalare, a latere anche in questo caso, è un’altra artista rappresentata dalla gallerie e giovane a sua volta, la pittrice Marina Diez, a sua volta in vendita per prezzi decisamente accessibili, perché – come racconta la stessa Nora Fisch – è necessario dare valore al tempo e alla ricerca: chi ha tre anni alle spalle non può registrare gli stessi prezzi di vendita di chi lavora da vent’anni. Per cui, ancora per i collezionisti che volessero investire da queste parti, siamo in presenza di pitture rarefatte e che variano immensamente di tonalità e dimensione, ma che non smettono – parlando di soggetti – di raccontare sguardi e fiori, alberi “sociali” e cultura latina.
Altra galleria degna di nota è Moria, Bolívar 430, che espone fino al 5 ottobre le pitture fisiche e allo stesso tempo fantasmatiche di Laura Ojeda Bär, il cui titolo “Trementina y Argamasa” fa riferimento al solvente per stemperare il colore a olio e alla malta di calce e cemento che, al contrario, solidifica e compatta: lo spazio e il corpo, l’introspezione e il paesaggio urbano e pubblico, ma anche l’ambiente stesso della galleria in una serie di lavori creati appositamente per questa occasione.
Altra galleria da non perdere, ma in questo caso ci si sposta nel barrio di Palermo, è la storica (fondata nel 1965) Ruth Benzacar, già citata anche tra i nostri “best” di arteba. Nel grande spazio della calle Ramirez de Velasco, la scena è quasi completamente presa da Florencia Rodríguez Giles, artista che in “Hipnofilia” stabilisce connessioni tra il disegno e pratiche terapeutiche, indagando l’espansione dell’immaginazione attraverso procedimenti di veglia e sogno, dove il corpo e la psiche diventano plastici e, effettivamente, indossare gli elmetti sonori e galleggiare per alcuni minuti sulle amache che – tra vari disegni a pastello e carboncino – punteggiano il paesaggio della galleria, risulta un’esperienza ammaliante e straniante senza, contemporaneamente, la presunzione di cambiare prospettiva ma, semplicemente, generando nuove proposte di relazione che determinano la con-fusione tra spettatore e partecipante.
Continua…