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Galleria Simóndi: una mostra collettiva per ricucire il rapporto uomo-natura

HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere, 2024, installation view, courtesy gli artisti e la Galleria Simóndi, ph Nadia Pugliese
HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere, 2024, installation view, courtesy gli artisti e la Galleria Simóndi, ph Nadia Pugliese 

HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere è la mostra collettiva con cui la Galleria Simóndi inaugura la sua stagione espositiva. Oltre a Marguerite Kahrl, che partecipa anche alla curatela, in mostra Alessandro Manfrin (Savigliano, Italia – 1997), Marjetica Potrč (Ljubljana, Slovenia – 1953), Eugenio Tibaldi (Alba, Italia – 1977). A Torino dal 20 settembre al 3 novembre 2024.

Le reti visibili e invisibili che circondano e collegano i sistemi viventi della nostra società. Dall’architettura, alla bioedilizia, allo studio di ecosistemi e nuove forme abitative. Questo il centro tematico di HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere, mostra collettiva che attraverso l’arte accende riflessioni su tematiche sociali ed esistenziali, promuovendo strategie e buone pratiche per una visione futura più inclusiva e relazionale.

Protagonisti quattro artisti, nati in tre paesi diversi tra il 1953 e il 1997, hanno creato opere che non si limitano a rappresentare i tesori della natura nella loro prevedibile bellezza e abbondanza, né a mostrare la loro precarietà al limite dell’estinzione. Piuttosto, le loro opere svolgono un ruolo attivo o partecipativo nel recupero del rapporto con la natura – in situ e locale. Si tratta, oltre a Marguerite Kahrl, che partecipa anche alla curatela, di Alessandro Manfrin (Savigliano, Italia – 1997), Marjetica Potrč (Ljubljana, Slovenia – 1953), Eugenio Tibaldi (Alba, Italia – 1977).

HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere, 2024, installation view, courtesy gli artisti e la Galleria Simóndi, ph Nadia Pugliese

Le opere di Kahrl, Underground Conversations e Fertility vessels, sono entrambe tratte dalla serie Irrigators. Le buffe forme di Fertility vessels ricordano mani, zampe, artigli e capezzoli, e si adattano tanto a un giardino che a una galleria. I vasi porosi in cui risiedono sono progettati per essere interrati, con i colli colorati che sporgono dal terreno. Quando il terriccio è secco, l’acqua passa attraverso il vaso per uniformare i livelli di umidità, mostrando cosa succede nel sottosuolo ed evidenziando la mancanza di acqua dolce per l’irrigazione delle colture. «Essendo nascosto» – dice l’artista – «il suolo è rimasto un mistero per secoli».

Marjetica Potrč è un’artista e architetta sociale. I suoi Earth Drawings diagrammatici riguardano «il ruolo vitale delle conoscenze e pratiche indigene nel mondo contemporaneo …. [nella] formazione di un organismo intelligente». La più significativa tra le sue opere recenti è un progetto di arte pubblica, Future Island (2023), un’isola di rocce in Svezia, divisa tra una zona a nord (riscaldata con energia rinnovabile) e una zona a sud non riscaldata, testimonia del modo in cui flora e fauna si adattano al cambiamento climatico negli anni a venire.

HABITAT. Lo spazio relazionale dell’essere, 2024, installation view, courtesy gli artisti e la Galleria Simóndi, ph Nadia Pugliese

La scultura sonora Quintetto (2022) di Alessandro Manfrin consiste di cinque tubi metallici rinvenuti nel suo girovagare quotidiano per le strade della città, alla ricerca dei suoi materiali – «frammenti di pensiero che fanno da punteggiatura alla città. Oggetti donati a tutti e appartenenti a nessuno, non veri e propri rifiuti, sospesi in un limbo, in attesa di giudizio». I tubi sono disposti in forma fluida. Accanto a questa scultura astratta, collegato da cavi elettrici, si trova il suo gemello tecnologico – l’armamentario del sistema Dolby Surround 5.1 che lo anima, amplificando i suoni raccolti nelle stazioni della metro.

Eugenio Tibaldi, infine, descrive i suoi “paesaggi temporanei” (dei collages caoticamente complessi, o palinsesti, con la loro miriade di riferimenti architettonici) come tracce di segni culturali necessari e indotti da ciò che il potere impone e l’economia regola, i codici comunicativi che facilitano lo scambio e le alleanze tra questi tessuti nelle aree suburbane. La sua opera Heidi si basa sul romanzo di fine ‘800 di Johanna Spyri. Come il romanzo, essa crea un paesaggio di “bagagli culturali remoti” ambientato in «una bolla di un non-luogo come le montagne svizzere», messe a contrasto con una vicina città industriale.

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