“Considero le mie sculture come oggetti complessi”: così l’artista francese Jean-Luc Moulène (classe 1955) definisce le opere protagoniste di Enlightenments, la sua mostra antologica da Thomas Dane, nei luminosi spazi della galleria di Napoli, dove rimarrà aperta fino al 14 dicembre. Trentasei le opere riunite in un’esposizione allestita con rigore impeccabile e giocata sul dialogo tra sculture, fotografie e disegni.
“Quando prendiamo in mano una bottiglia, il nostro gesto ne modifica la forma, che è il prodotto di attenti studi di ergonomia, fisica e scienza”, racconta l’artista. “Parto sempre da un disegno, che può sedimentarsi nel mio studio anche per anni prima di diventare opera, attraverso la mia manualità oppure quella di artigiani specializzati”. Uno dei lavori più complessi da questo punto di vista è Vortex (2024), il calco di una montagna in resina bianca e azzurra, sulla cui cima è appoggiata una piramide capovolta in bronzo: una sorta di Vesuvio fumante, in omaggio alla città partenopea. “Per realizzarla ho dovuto usare una stampante 3D, ma per avere questa resa così precisa non è stato facile”, aggiunge l’artista.
Un’altra opera significativa è Fixed Zinc, Hobart (2021), un grande agglomerato in zinco e alluminio, fuso in Tasmania, sulle rive del fiume Derwent, come una sorta di campionatura geologica. Più essenziali appaiono Méduse. Paris (2018), una medusa dai tentacoli fluttuanti in bronzo dipinto, o Tout-Tuyau-Tout-Nerfs. Le Buisson (2024), composta da un tubo in PVC legato da tendini di bue, mentre tra le opere più sorprendenti figura senz’altro Faon plat. Le Buisson (2024), composta dal profilo metallico di un cerbiatto riempito di collant, sulla quale è incollato un pannello di compensato.
Come un moderno alchimista, l’artista è interessato al concetto di trasformazione applicato al suo processo creativo. “Parlo di immagine e oggetto, fotografia e prodotto”, spiega Moulène, “entrambi trasformati. Ciò che mi interessa sono le funzioni della trasformazione”. Un processo visibile anche negli altri lavori in mostra, come una serie di bassorilievi molto intriganti, tra i quali spiccano Silver. Paris (2012), un curioso connubio tra il silicone e la foglia d’argento, e OSBB1 (Oriented Strand Board and Bone). Le Buisson (2024), dove il compensato si unisce a un conglomerato di ossa incollate tra loro.
Un procedimento che l’artista utilizza anche in una serie di opere intitolata Spores, dove ha fissato le spore di alcuni funghi su fogli di carta, per ottenere curiose forme geometriche naturali: un’ulteriore dimostrazione della capacità dell’artista di rendere i materiali più banali in opere d’arte.