L’Università Bocconi di Milano ospita nel suo spazio espositivo la galleria A Arte Invernizzi, con opere di Asdrubali, Morellet, Sonego e Verjux
Che cos’è un museo di ateneo? Sostanzialmente è un luogo per la “didattica dell’arte” ma anche di formazione e dibattito, nonché di esposizione. Il museo di ateneo può avere anche la missione di formare una collezione. Può essere, altresì, come la Bocconi Art Gallery, un punto di contatto tra l’ateneo e il mondo culturale e artistico milanese, un mondo raffinatamente sistemico dove l’arte contemporanea entra tra gli obiettivi formativi che non temono la mutevolezza dei punti di vista poiché proprio questa potrebbe essere garanzia di mobilità dello sguardo sui fenomeni contemporanei.
L’Università di Milano Bocconi, ad esempio, ha scelto di investire nel progetto BAG – Bocconi Art Gallery, puntando sulle collaborazioni con importanti gallerie italiane e straniere. In questa ottica si inserisce la mostra appena inaugurata in collaborazione con la galleria A Arte Invernizzi, attiva a Milano dal 1994 e tra le più note per la partecipazione alle più importanti fiere d’arte internazionali e a progetti museali. Gli artisti che espongono grazie a questa relazione ci sono Gianni Asdrubali (Tuscania, 1955), François Morellet (Cholet, 1929 – 2016), Nelio Sonego (Sion, 1955) e Michel Verjux (Chalon – sur – Saône, 1956).
Figure del vuoto
Le opere di Gianni Asdrubali sono superfici che contraddicono la linearità soggiacente del muro supporto. Scomponendosi danno energia a un processo che potremmo definire con lucidità “Demolizione costruttiva”. Figure del vuoto questi corpi sono originati dalla tensione di un’assenza originaria, si manifestano nell’ imprevedibilità della sistemazione finale che sfida ogni prevedibile senso della pittura poiché il movimento del corpo stesso disancora ogni intento compositivo e leva pesantezza agli elementi. Come unità l’opera è sola nello spazio, quando ad essere dislocate più opere indipendenti restano unite casualmente in un unico insieme, così come le vediamo esposte alla Bocconi.
Tubi di gas argon di colore azzurro compongono π Weeping Neonly n. 1 opera di François Morellet. Questi elementi, collegati tra loro da cavi della stessa lunghezza, sono disposti in otto gruppi verticali. La posizione dei tubi, sei per ogni serie, è stata determinata con un sorteggio e utilizzando il numero π. L’effetto è quello simili a ramificazioni arboree da cui si dipartono morbidi filamenti pendenti simile a un caos naturale, l’opera, infatti, è ispirata dall’aspetto di un salice piangente.
Sfidare il limite
Nelio Sonego usa la pittura per sfidare il limite del supporto, coinvolgendo lo spazio interroga l’aggetto del quadro senza fermarsi a una faccia della superficie. Aggirandola, infatti, Sonego esplora la dimensione del quadro oggetto. Di natura gestuale, questa pittura genera perimetri, che sono la metessi con uno spazio ideale generando una tensione tra corpo generante l’esperienza sensibile dell’artista e la tela che si fa sempre più luogo mentale, mediante questa partecipazione i perimetri colorati di Sonego diventano immagini aperte.
Infine, per Michel Verjux è l’idea di vuoto, il luogo e lo spazio dell’immagine che lui definisce éclairages. Semplici proiezioni luminose di forme geometriche, in cui il fascio di luce dialoga con l’ambiente circostante, facendo emergere la forza plastica della luce che scolpisce il bersaglio del reale, rilevandone le qualità. L’artista lavora sul confine tra ombra e luce in cui l’atto del vedere è rivelazione della materia attraverso l’immaterialità, cioè, epifania di una forma ideale.