Il 20 settembre è stato presentato a Pisa il restauro della Crocifissione di Francesco Traini, uno dei più grandi pittori del Trecento. Un progetto fortemente voluto Antonio Paolucci (1939-2024), storico dell’arte ed ex ministro della cultura.
Pallida, esangue, ma ancora lì a ricordarci la bellezza del grande ciclo di affreschi con le Storie post mortem di Cristo, che nel Trecento aveva segnato l’inizio della grande decorazione delle pareti Camposanto Monumentale di Pisa. Al lavoro dal 2018 anni, storici e restauratori sono riusciti nell’impresa di ricomporre i lacerti bruciati, anneriti, quasi distrutti dal bombardamento del 1944 dell’affresco (6,5 metri per 5) con la Crocifissione di Francesco Traini, uno dei più grandi pittori del Trecento.
Ora il vasto affresco si dipana nel laboratorio pisano di Campaldo (al numero 9 dell’omonima via) dove sono stati restaurati anche i suoi “fratelli”, cioè i vari affreschi di celebri pittori del ‘300 e ‘400, da Buffalmacco a Spinello Aretino a tanti altri, che costituivano i cicli dell’intera decorazione. In attesa di essere trasferito nel luogo di origine, nel Camposanto, a destra della testata orientale, dove rappresentava una specie di grande pala dell’altare di Ognissanti, viene presentato da storici dell’arte e restauratori in una bella giornata settembrina in onore di Antonio Paolucci, purtroppo scomparso il 4 febbraio scorso.
Paolucci, ministro per i beni culturali nel 1995-1996, soprintendente per il Polo Museale Fiorentino e direttore dei Musei Vaticani, era stato scelto dall’Opera della Primaziale per presiedere il comitato per il restauro degli affreschi del Camposanto, che lo storico aveva definito la “Sistina Pisana”. Ne aveva seguito tutto il complesso iter. Il problema infatti non era solo restaurarli e riportarli “in vita”, ma anche conservarli nel difficile luogo di origine, l’esterno del Camposanto, umido e con variazioni climatiche.
Una lunga storia, ormai nota, di studi, esperimenti e fatiche, che sta andando a buon fine. A ripercorrerla a grandi linee è stato il dott. Andrea Maestrelli, Operaio Presidente dell’Opera della Primaziale Pisana, mentre sugli aspetti tecnici hanno parlato Manuel Rossi, responsabile del Patrimonio Artistico e Archivio dell’Opera della Primaziale, Roberto Cela, direttore tecnico e Stefano Lupo, responsabile del settore di restauro pittorico.
La Crocifissione era l’ultimo grande pezzo mancante, il primo ad essere collocato in Camposanto tra il 1330 e il 1335. Un grande Cristo Crocifisso con una ferita al torace, da cui esce uno zampillo di sangue raccolto in un calice da un angelo, i due ladroni in croce, e poi angeli, demoni, le Marie, San Giovanni, cortei di soldati, una affascinante saga medioevale ancora leggibile. Vasari, sulla base dei Commentari di Lorenzo Ghiberti, lo aveva attribuito, con le Storie di Cristo post mortem, a Bonamico Buffalmacco. Quel nome rimase sino all’Ottocento. Poi cominciarono dubbi e proposte di nomi diversi. Soltanto con Enzo Carli, nel 1958, si arrivò al nome del pittore Francesco Traini, attivo a Pisa dal 1315 al 1348 circa, per le strette affinità con il suo Polittico di San Domenico, conservato nel museo pisano di San Matteo. La Crocifissione è un’opera grandiosa, ricca di drammaticità, che guarda ai senesi ma li supera con un linguaggio personale, che allora, in quel lontano Trecento, era ricco di colori e di dettagli.
La giornata settembrina, insieme agli affreschi, ha rievocato con emozione anche la figura di Antonio Paolucci, su cui si sono a lungo soffermati alcuni noti storici dell’arte. Salvatore Settis ha sottolineato il rapporto personale con Palucci «con cui convergeva a volte sì, a volte no», un rapporto sempre improntato a stima reciproca, l’«unico vero ministro tecnico che il ministero abbia avuto». Cristina Acidini ricorda lo storico dagli anni Sessanta-Settanta, in cui la sua personale biografia di giovanissima studentessa a Firenze si intreccia a quella di Paolucci, che già allora difendeva il patrimonio artistico, come fece sempre dopo disastri come l’alluvione del 1966 o l’attentato di via dei Georgofili del 1993.
Ricorda episodi importanti, come il progetto del riscatto dell’eredità di Stefano Bardini da parte di Paolucci, allora ministro della Cultura e poi tutta il resto dell’attività fiorentina, in cui lei stessa era coinvolta come Soprintendente per i Beni Artistici e Storici di Firenze e in altre cariche di rilievo. Barbara Jatta, attuale direttrice dei Musei Vaticani, parla di un lungo e profondo dialogo con Paolucci, suo predecessore, che, tra le varie cose, «aprì le porte dell’Abbazia di Montecassino, dove Pio XII, tanto criticato, accolse tredicimila sfollati durante la guerra».
Insomma, intorno all’animula della Crocifissione, sembrava di sentire Paolucci, i suoi interventi (ben noti di persona anche alla soprascritta), il suo interesse appassionato per Pisa, la piazza dei Miracoli, la Torre, gli affreschi e il loro salvataggio «l’ultimo grande restauro di superfici dipinte che si fa in Italia» come diceva.