Il Loggiato di San Bartolomeo di Palermo ospita fino al 27 di ottobre la mostra Andrea Cusumano, . Pittura e Rito. Ne parliamo con l’artista
Il Loggiato di San Bartolomeo di Palermo ospita fino al 27 di ottobre Andrea Cusumano. Pittura e Rito, mostra personale dell’artista Andrea Cusumano. L’esposizione si concentra specialmente su due recenti lavori performativi: TRAGÖDIA-ATTO IV al Teatro Garibaldi di Palermo nel 2023, e 6 HOURS, 2 SCORES, 12 ROOMS al Nitsch Museum di Mistelbach nel 2024. Sarà lo stesso Cusumano a parlarcene di qui a poco in maniera approfondita. Dialogare con Cusumano è sempre un grande piacere. Uomo ed artista colto, coraggioso, cosmopolita, si muove nella vita e nell’arte con coerenza, con responsabilità d’analisi, con volontà immaginativa.
In Pittura e Rito decide di mostrare al fruitore il potente legame interiore che, nella sua creatività, annoda pittura ed azione performativa. Giacometti nei suoi Écrits: “In quel preciso istante mi svegliai, ma mi svegliai nella prosecuzione del sogno. Come prima mi trovavo ai piedi del letto, nello stesso punto, e proprio nel momento in cui mi dicevo: Era un sogno, vidi mentre lo cercavo involontariamente con gli occhi, posato in bella mostra su un mucchietto di terra e cocci o di sassolini piatti, vidi un ragno, un ragno di colore giallo avorio“. Per Giacometti lo stesso ragno giallo avorio: in sonno ed in veglia.
Come per Giacometti, e pur nelle specifiche precipuità, anche per Cusumano si stabilisce un campo elettrificato dove vita, sogno ed arte formano un continuum di cui Cusumano è unico custode spirituale. Un piacere ed una fiducia nell’espansione artistica accompagnano sempre l’atto creativo; la soglia di una regione invisibile e poietica è sempre amorosamente sorvegliata con sguardo fresco e con vocazione incondizionata. L’abisso dell’onirico si mescola con un’incandescenza prometeica, con una trascendenza ancestrale, antica.
Nell’opera di Cusumano il daimon classico si mescola con il mito indiano, con le forze telluriche nordeuropee generando un’eccezionale singolarità di visione, una koinè potremmo quasi dire, dove le ragioni dell’anima trovano corrispondenze segrete, interiori, musicali. Mi colpisce l’immagine pittorica di una donna. Bella come un’ Artemide, come una Sakuntala, come una deva primitiva; il suo corpo scivola furiosamente in forme zoomorfe, accende un’area della mia conoscenza invisibile difficilmente raggiungibile. Mi soffermo con piacere dinanzi ai video delle performance: fabulazioni, rapsodie autobiografiche che annunciano due grandi opere pittoriche. Il percorso espositivo si articola su due piani restituendo un paradigma affascinante e non convenzionale. Ho chiacchierato di tutto questo e di altro con Andrea Cusumano…
Come nasce Pittura e Rito per il Loggiato San Bartolomeo?
A maggio di quest’anno ho inaugurato una mia grande retrospettiva al nitsch museum in Austria. Una navata di oltre mille metri quadrati dove ho portato, con la curatela di Fabio Cavallucci e Giulia Ingarao, circa duecento lavori realizzati tra il 1993 ed il 2023. Un progetto di rubercontemporanea e realizzato grazie all’Italian Council e la Nitsch Foundation. Riuscire a mettere insieme una ricerca così lunga in questo progetto espositivo ha avuto quasi una funzione catartica. Si è chiuso un cerchio e questa nuova mostra al Loggiato di San Bartolomeo a Palermo non ha nessuno dei lavori che erano presenti nella retrospettiva austriaca. Sono per lo più lavori realizzati nell’ultimo anno ed alcuni, pochi, lavori degli anni ‘90 e primi anni 2000. Fondamentalmente si tratta della trasposizione nello spazio di due recenti performances. Una sala dedicata a TRAGÖDIA – Il Re (Teatro Garibaldi alla Kalsa, Palermo, 2023) e 6 Hours, 12 Rooms, 2 Scores (nitsch museum, Mistelbach, 2024 che ho fatto insieme al pianista Marino Formenti. Dominano le sale due tele monumentali (3×4 e 6×7 metri), che sono state realizzate proprio durante le due performances. La mostra testimonia come nel mio lavoro, la diacronicità dell’evento performativo divenga sincronicità sulla tela. La mostra ospita anche 6 performance a cura del MainOFF festival, nella splendida terrazza panoramica del Loggiato.
Cosa significano per te il Rito ed il Mito?
Considero la ritualità una forma di danza privata. Un modo per coreografare e trasfigurare elementi transpersonali ed episodi significativi della mia vita. Forse una forma di superstizione, in una accezione consapevole e positiva però. La superstizione è generalmente riconosciuta come una forma d’ignoranza. Spiegare attraverso forze soprannaturali cose, che altrimenti spiegherebbe la scienza. Io non sono superstizioso per nulla, e per questo non credo nemmeno che la scienza possa spiegare tutto. Diciamo che la scienza può aumentare sempre di più la propria conoscenza scientifica, ed infatti l’umanità grazie alla scienza ha raggiunto traguardi davvero inimmaginabili. Ecco però l’inimmaginabilità è solo un nostro problema, perché tutto quello che abbiamo scoperto c’era già prima di noi, e chissà quanto altro ancora. Insomma pensare che il mistero sia parte del nostro rapporto con l’universo forse più che superstizione dovremmo definirlo realismo. Il mito è ciò che non parla, che è muto, eppure racconta attraversando gli anni, i secoli, il tempo. E’ una forma irraggiungibile che si dipana anche attraverso l’atto rituale.
Ti versi con dedizione in svariati media. Qual è il filo rosso che tiene unita la tua creazione?
Banalmente potrei dire il mio corpo. Nel senso che il mio lavoro parte sempre da un pensiero olistico, da un’azione, un gesto, un oggetto… che poi seguo. Il processo ed il metodo sono linee guida del mio allenamento. La mia gara è invece sempre libera e spontanea. Non amo usare il termine “improvvisata” perché in realtà ciò che prepari diligentemente con lo studio e l’allenamento non è mai improvvisato, ma semplicemente spontaneo. I media per me sono uno strumento da attraversare. Certamente sono pittore ma non ho mai sentito questo come un vincolo invalicabile, al contrario ho sempre cercato di valicare la pittura e sconfinare sullo spazio, l’installazione ambientale, la performance, il teatro, la musica e la parola. E’ un modello di fluidità che mi interessa, e mi appartiene.
Com’è vivere al fianco di un grande maestro?
Pare che una volta chiesero a Marie Curie come fosse vivere insieme ad un genio. Lei rispose di chiederlo a suo marito… non so come sia vivere al fianco di un grande maestro, però so cosa sia stato stare al fianco di Hermann Nitsch. L’ho conosciuto che avevo appena 18 anni e siamo rimasti molto legati sino al giorno della sua morte nel 2022, e dovrei dire anche oltre come in tutti i legami profondi. Nitsch è stato per me un maestro, un amico ed un fratello. Ho assorbito quanto più ho potuto la sua intensità, conoscenza ed amore per la vita. Ho abbracciato il suo lavoro come fosse il mio, a tratti dedicandogli anche più impegno di quanto non facessi per le mie cose. Ma il nostro non è stato un rapporto sbilanciato, Nitsch mi ha voluto molto bene ed aveva un profondo rispetto del mio lavoro e della mia ricerca. Mi considerava il più grande interprete del suo pensiero musicale, lo ha detto e scritto in più occasioni, e questa è un’eredità che sento fortemente sulle spalle. Sono stato fortunato ad incontrarlo e per me era e resta un gigante della contemporaneità.
Quali i prossimi progetti di Andrea Cusumano?
In ottobre la Fondazione Sant’Elia dedicherà una grande mostra alla collezione Galvagno dove ci saranno anche miei lavori, poi arte fiera a Verona ed a novembre una mia personale alla Manuel Zoia Gallery di Milano, a dicembre una performance all’Atelier Montez di Roma, in febbraio una personale alla BWA di Jelenia Góra in Polonia. E naturalmente nuovi progetti in divenire nel mio studio, dove amo rinchiudermi in solitudine a compiere alchimie.