Sedotti nel blu, ammaliati dalla “carta azzurra” e le infinite carezze che scivolano su ogni sua fragile fibra. La Gilbert and Ildiko Butler Drawings Gallery di Londra presenta Drawn to Blue: Artists’ use of blue paper, la nuova mostra firmata Courtauld Gallery che esplora l’utilizzo della carta azzurra nella storia dell’arte, da Jacopo Tintoretto al colorista inglese William Turner. La rassegna (aperta fino al prossimo 26 gennaio), organizzata da curatori di casa del Courtauld e dal Getty di Los Angeles, ha per scopo quello di esplorare la “malleabilità” della carta azzurra e le molteplici potenzialità che questa permette: un ventaglio di modi, forme, tonalità e sfumature che si infrangono sulla superficie turchese scalfendola di luce e amandola.
L’utilizzo della carta azzurra fu sviluppata in Nord Italia alla fine del quattordicesimo secolo, perfezionando un processo di riciclaggio di fibre derivate da stracci blu trasformati in polpa. Un “rumore” grezzo trasfigurato in raffinato supporto. In primis impiegata come materiale con capacità utilitaristiche, la carta fu in seguito adottata dagli artisti per le sue qualità creative. Il primo esempio conosciuto del genere, una processione a cavallo con principessa, uomini e paggi di Giovanni da Modena, si trova alla Morgan Library & Museum di New York, ed è datata tra i 1410 e il 1450. La disseminazione di questo nuovo materiale immaginativo fu rapido in tutta Europa, a partire dalla fine del Cinquecento, per poi essere ampiamente impiegato in Francia e Inghilterra due secoli più tardi. Malgrado lo svenimento dei toni di blu causati dagli anni, visibile per esempio nel disegno del pittore emiliano prima citato, la bellezza della carta azzurra risiede in particolare nelle sfumature di questo blu basiche che possono variare per l’uso dei pigmenti e il logorio del tempo. Uno spettro di tinte cobalto, dagli abissi dell’indaco profondo come la notte appaiono grigi che echeggiano i cieli della capitale inglese.
Tra i pezzi più belli della mostra di Londra c’è una veduta di Roma e il suo Tevere blu ideale, composta dall’anonima mano di un artista della metà del Seicento, autore di più di 60 disegni del genere su carta azzurra. La dimensione ridotta del disegno potrebbe indicare la sua appartenenza a un taccuino, dove, in ogni schizzo, il fiume e il cielo si uniscono in un solo colore, confondendosi inevitabilmente. Così, un disegno in sanguigna di Tiepolo rappresentando il Bacco illustra la poesia fragile della carta azzurra, che fornisce un appoggio coloristico consentendo alla creazione di nitidi contrasti di chiaro-scuro. In effetti, con questa base blu, il veneziano riesce a rendere il corpo muscoloso del dio greco, giocando con linee bianche e sanguigne per ottenere volumi, ricordandoci che, in fondo, il blu e l’arancio stanno bene insieme.
Come chiosa conclusiva, la preziosa mostra presenta un raffinatissimo foglio di Simone Cantarini di studi per il soggetto della Madonna col Bambino. Già di per sè, il disegno intimista ci fa entrare nella mente dell’artista, con composizioni specchiate, diverse figure tentate, un piccolo paesaggio alberato e uno scarabocchio a tratteggi incrociati. Per vederci balenare il blu, però, bisogna allargare la visione e poggiare lo sguardo sulla caratteristica montatura del famoso collezionista francese settecentesco Pierre-Jean Mariette. Infatti, per unificare e sistematizzare la sua vasta collezione di oltre 9 mila disegni, ne aveva fatto incorniciare la maggior parte del suo “bleu Mariette”. Questa tecnica, che viene ancora oggi utilizzata, costringe lo spettatore a concentrarsi sull’immagine centrale. Nel disegno il blu non è solo un colore di matita o pigmento, è una base, una fondamenta, una aureola, una corona. Un tuffo nel blu acceso dagli spasmi della linea e del tempo.