È con l’obiettivo di rivalutare la prospettiva con la quale finora si era osservato il cinquecento bresciano che si origina la mostra dal titolo Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo 1512-1552; l’esposizione – visitabile dal 18 ottobre al 16 gennaio presso il Museo di Santa Giulia (BS) – si radica in un lavoro di ricerca iniziato nel 2020 e sostenuto dal comitato scientifico di Fondazione Brescia Musei, composto da Gabriella Belli, Guido Beltramini, Nicola Berlucchi, Emanuela Daffra, Alberto Garlandini, Paola Marini, Massimo Osanna, Claudio Salsi, Valerio Terraroli.
Un percorso – tra arte, storia, filosofia e religione – che svela “un Rinascimento” che ha saputo celebrare le donne, che ha identificato nella natura uno spazio di armonia e una fonte di possibile sviluppo, che non è rimasto indifferente ai primi fermenti di riforma religiosa e che è stato segnato da una immane tragedia ma che, con determinazione e forza d’animo, ha saputo superarla.
Si, perché fu proprio nel 1512, durante il Sacco ordinato dalle truppe francesi verso Brescia che la Leonessa d’Italia – all’epoca una tra le venti città più popolose del continente europeo, uno dei centri nevralgici della Repubblica di Venezia in terraferma, oltre che un grande emporio commerciale e produttivo – si ritrovò inizialmente inerme di fronte un capovolgimento tale dell’ordine costituito; “inerme” di fronte ad una profonda crisi sociale, morale e religiosa che stava imperversando. Ma fu proprio grazie a queste circostanze nefaste, che Brescia seppe mostrare la sua resilienza e il suo coraggio, avviando un nuovo clima e un trepido fermento in città.
Una prospettiva di rinascita sociale, artistica e culturale che questa mostra vuole raccontare attraverso le opere e gli artisti che hanno vissuto quel periodo tanto complesso, quanto meravigliosamente intenso.
Un progetto espositivo, dunque, che mette in relazione la storia di Brescia con i grandi maestri come Moretto, Romanino e Savoldo, riferendosi, però, sempre a quella data come punto nevralgico del percorso, il 1512; una data che coincide – oltre al Sacco di Brescia, come accennato di sopra – anche con la nascita di colui che può essere definitivo il volto di questo progetto, Fortunato Martinengo, il nobile bresciano, conte, poeta e musicista, che nel suo ritratto dipinto da Moretto – in mostra grazie allo straordinario prestito dalla National Gallery di Londra – riesce, con la posa malinconica e l’espressione trasognata, a sintetizzare lo spirito del tempo.
Un tempo in cui, oltre agli artisti si ricordano personalità carismatiche anche in ambito religioso e intellettuale: son infatti gli anni di Angela Merici, amica di Moretto e in contatto con Romanino, fondatrice nel 1535 della Compagnia di Sant’Orsola, della poetessa Veronica Gambara e di Agostino Gallo che teorizza il rapporto armonico con la natura, rispecchiato in molti dipinti.
Il Cinquecento è un periodo appassionante, fervido e vivo – dopotutto sono gli anni precedenti al Concilio di Trento, gli anni di Pietro Bembo e di Tiziano, del soggiorno a Bergamo di Lorenzo Lotto – che con Moretto aveva un fraterno rapporto. E la mostra è il racconto di una città che indaga la sua storia e la sua identità attraverso i capolavori della sua più grande stagione pittorica, presentati in cinque differenti sezioni: Sterminio, Devotione, Armonia, Virtù e Affanni.
Un progetto che si propone come “occasione” per immergersi in un periodo storico comprendendone gli aspetti artistici e umani; comprendendo che il ‘500 bresciano non deve essere pensato come marginale nella storia dell’arte, ma come fulcro di importanti sviluppi del linguaggio artistico grazie alla sua ricchezza, alla sua bellezza e, soprattutto, alla sua “viva” ed eterna complessità.
L’esposizione è resa straordinaria grazie alla presenza di prestiti provenienti da alcune tra le più importanti istituzioni internazionali – d Lacma di Los Angeles al MET di New York, dall National Gallery di Washington al Wetty Museum di Los Angeles, e ancora dalla Pinacoteca di Brera all’Accademia Carrara di Bergamo, ecc…
Inoltre, grazie alla collaborazione con il Circolo al Teatro, tutti i sabati mattina, sarà possibile visitare la Sala delle Dame, affrescata da Moretto e dalla sua bottega, situata in Palazzo Martinengo della Fabbrica, ora Salvadego.
La mostra al Museo di Santa Giulia ha permesso anche ad alcune opere, dopo secoli, di tornare in città – come nel caso è del Giovane con flauto di Giovanni Girolamo Savoldo che a trent’anni dall’ingresso dell’opera nelle collezioni di Pinacoteca Tosio Martinengo che vede UniCredit come Art Conservation Partner.
La mostra è infine l’occasione straordinaria per porre l’attenzione su alcune opere non abitualmente esposte o accessibili al pubblico, in particolare l’arazzo raffigurante Marte, Venere e Cupido (Amsterdam, collezione privata), realizzato su cartone di Romanino e parte di un ciclo di sei esemplari allestiti in occasione del matrimonio tra Girolamo Martinengo di Padernello ed Eleonora Gonzaga di Sabbioneta, celebrato a Brescia nel febbraio del 1543.
Un catalogo edito da Skira con ricche schede critiche e con un apparato di saggi approfondito accompagna l’esposizione con anche Dossier (Giunti) dedicati ai maestri bresciani pubblicati in occasione della mostra negli anni di elaborazione del progetto: il primo Moretto e il Rinascimento bresciano (#413), firmato dai tre curatori del programma espositivo oggi in presentazione, il secondo Romanino (#425), curato da Francesco Ceretti, Roberta D’Adda e Nicola Turati.
Due anche le storie originali pubblicate dal magazine Topolino (Panini Comics) per raccontare ai bambini e alle famiglie l’atmosfera e i protagonisti della mostra bresciana: Minni, Pippo e il mistero del Topoldo (#3549) ispirata al Giovane con flauto di Savoldo e Gastone e l’illustre Fortunato (#3595), al personaggio di Fortunato Martinengo (su Panini.it).
Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo 1512-1552
18 ottobre 2024 – 16 gennaio 2025
Museo di Santa Giulia, Brescia
bresciamusei.com