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La poesia si fa multidisciplinare in una mostra che racconta Milano come moderna Spoon River

Macchina cromoscrivente di Mattia Bosco e Andrea Chersicla
Residenza Arimo, Ph Simone Panzeri

Arimo, la Spoon River di Milano è la prima residenza che Casa degli Artisti dedica alla poesia. Ideata e curata da Luca Mastrantonio e coordinata da Mattia Bosco, ha riunito ventuno poeti e poete, con lo scopo di creare un gruppo di lavoro per produrre un’opera collettiva. Ne è risultato un progetto multidisciplinare, Presenti Remoti, in mostra dal 13 al 19 novembre 2024.

La residenza Arimo, la Spoon River di Milano, iniziata lo scorso settembre, ha portato la poesia dentro uno spazio di creatività multidisciplinare e conviviale per far dialogare le poete e i poeti tra loro, con il pubblico, con la comunità di Casa degli Artisti e con la città. Ventuno voci poetiche hanno condiviso spazi e momenti di incontro, confronto e scrittura per scoprire attraverso i fantasmi di ieri e di oggi (e di domani) cosa è vivo e cosa è morto nella città più viva d’Italia.

Questi, gli autori partecipanti: Silvia Atzori, Iris Baldo, Giuseppe Cavaleri, Antonella Cuppari, Patrizia De Ponti, Tommaso Di Dio, Roberta Durante, Giovanna Frene, Samir Galal Mohamed, Rebecca Garbin, Francesca Genti, Paolo Gentiluomo, Giuseppe Nibali, Manuel Maria Perrone, Cristiano Poletti, Antiniska Pozzi, Joana Preza, Marco Rossari, Veronica Sorce, Marcella Vanzo, Viviana Viviani.

La parola guida è stata “arimo”, quella che nella Milano del Dopoguerra veniva usata per fermare il tempo del gioco nei cortili, durante la ricreazione, nelle parrocchie, nei giardinetti. Una sorta di “time out” così come ciò che il progetto di residenza ha voluto rappresentare: una pausa creativa dall’euforia coatta di una metropoli che non vuole fermarsi mai per onorare e profanare la sua memoria e la sua fantasia.

Schautrieb di Agne Raceviciute per La Canzone di Mary di Luca Mastrantonio

Evidente dunque il filo tematico che unisce il progetto a l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. In questo caso, però, il progetto è sfociato in una raccolta che prende il nome di Presenti remoti, un’antologia vivente frutto del lavoro dei residenti che in questi due mesi hanno individuato “i Fantasmi” di Milano, personaggi – veri o di fantasia, umani e non -, luoghi e quartieri cittadini e avvenimenti storici, dando loro voce, come se fossero ancora vivi e attuali, come se le loro voci non appartenessero davvero ai morti, ma a chi li rimpiange, li condanna, li ama, li rianima.

Gli strumenti di diffusione dell’antologia non sono solo i convenzionali canali di comunicazione della poesia, dalla carta stampata al il reading. Oltre a questi, una serie di dispositivi poetici, quadri e dipinti, installazioni, video-poesie, creati dai poeti e dalle poete, in dialogo con gli interventi di artisti quali Ettore Tripodi, Agne Raceviciute, Marc Kalinka, Mattia Bosco e Paolo Di Giacomo, per dare voce alle parole attraverso diversi canali sensoriali – visivo, uditivo e gustativo, tattile -, utilizzando oggetti creati ad o presi dalla città, dalle strade e dalle cantine, come un citofono-antologia dove confluiscono alcune delle voci poetiche che raccontano la loro storia, lavagne luminose che proiettano come lastre poesie scritte su acetati, giradischi dove suonano versi scritti su un frisbee funerario, tra Keats e Giulia Niccolai, lampioni/lune elettriche che riproducono voce e intensità di luce delle poesie recitate o una macchina cromografica che traduce in colori le parole e le lettere in arcobaleni da battere sui tasti di una vecchia Olivetti, o l’ascensore funebre dove dialogare con il fantasma di una donna trovata morta sulle rive limacciose dell’Olona, negli anni 50. 

Dalì. Alà di Luca Mastrantonio (per Tommaso Labranca)
Macchina cromoscrivente di Mattia Bosco e Andrea Chersicla
Bianca di Antonella Cuppari
Video (cit.) installazione e testo di Marc Kalinka con un testo su Tino Scotti di Paolo Gentiluomo

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