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Il Museo Diocesano di Milano ospita una mostra dedicata a Giovanni Chiaramonte, uno dei protagonisti assoluti della fotografia italiana contemporanea. Intitolata Realismo infinito e aperta sino al 9 febbraio 2025, l’esposizione ripercorre l’opera di un artista che ha trasformato il paesaggio in un luogo di riflessione poetica e spirituale. Curata da Corrado Benigni, a un anno dalla sua scomparsa, la mostra celebra l’artista e la sua profonda visione del reale.
L’esposizione testimonia lo straordinario contributo di Giovanni Chiaramonte alla fotografia italiana, con un’attenzione particolare alla spiritualità e alla poetica del paesaggio. Sono esposte 40 fotografie, in gran parte inedite, scattate tra il 1980 e il 2000 e suddivise in tre capitoli: Italia, Europa e Americhe. Lo stesso Chiaramonte aveva espresso il desiderio di tornare a esporre al Museo Diocesano, presentando opere che riflettessero il suo viaggio da Palermo a Milano e oltre.
L’Italia, che l’artista definiva uno spazio contemporaneo, è rappresentata come il luogo ideale per comprendere l’Occidente. Attraverso la visibile stratificazione delle epoche, il nostro Paese diventa un simbolo culturale e spirituale, la cornice perfetta per rappresentare i grandi simboli della tradizione occidentale. Dall’Italia al Bosforo e fino a Gerusalemme, l’Europa di Chiaramonte si sviluppa come un viaggio nel dialogo tra religioni e culture, con particolare attenzione a città simbolo come Istanbul, da lui considerata un crocevia tra Oriente e Occidente. Negli anni ’90, l’artista ha attraversato gli Stati Uniti da est a ovest, da nord a sud, alla ricerca di tracce della tradizione occidentale europea nel Nuovo Mondo. Questa sezione dialoga con le altre, mettendo in relazione l’America con le radici culturali dell’Europa e dell’Italia.
Il concetto di Realismo infinito è centrale per comprendere a fondo la sua opera. Derivato dagli scritti dello stesso Chiaramonte, riflette la sua consapevolezza che non esiste un unico modo di vedere la realtà. Con le sue opere invita ad aprire la mente verso nuove interpretazioni, moltiplicando i punti di vista per mettere a fuoco la realtà. Chiaramonte è stato anche un editore e considerava la fotografia come un’estensione della scrittura: un linguaggio visivo capace di amplificare la profondità delle sue riflessioni. La sua poetica, dirompente e profonda, si lega a una visione di un reale senza fine, dove luce e composizione assumono un ruolo centrale.
La luce, elemento distintivo delle sue opere, è fortemente influenzata dalla pittura fiamminga e da Caravaggio, separata dal colore ma essenziale per definire lo spazio e il significato. I formati utilizzati (6×6 e 6×9) conferiscono ordine e precisione, creando immagini armoniose e dettagliate. Il sublime e la spiritualità sono elementi chiave per interpretare il suo lavoro, in cui il paesaggio si intreccia con una profonda riflessione interiore. Chiaramonte richiamava spesso nelle sue fotografie opere del passato, con riferimenti ai grandi maestri della pittura e della fotografia, rendendo omaggio alla tradizione con la consapevolezza di essere sulle spalle dei giganti.
La mostra si conclude con le parole dell’artista: Il mondo dell’uomo, nelle mie immagini, si rivela come un piano senza fine, immerso in una sorta di luminosa lontananza sospesa nel tempo. L’evidenza degli elementi in primo piano cerca di non invadere né chiudere mai l’enigmatica ampiezza del campo visivo.
— Giovanni Chiaramonte