A Milano, nella galleria L.U.P.O, fondata nel 2021 dal giovanissimo Massimiliano Lorenzelli, classe 1995, con l’intenzione seria di proseguire l’attività di gallerista della famiglia Lorenzelli, iniziata negli anni Cinquanta a Bergamo dal nonno Bruno e a Milano dal padre Matteo, i sogni di giovani artisti emergenti italiani e stranieri diventano una realtà condivisa da un pubblico under 35, che ha trovato una piattaforma ideale dove conoscere e condividere nuovi linguaggi della pittura e della scultura sempre contemporanei, soprattutto se di qualità.
Al primo piano di un’elegante palazzina liberty con cortile interno in Corso Buenos Aires 2, nel cuore di Porta Venezia, di recente è stata inaugurata la prima mostra personale italiana intitolata Through the Garden Bars di Marina Woisky, a cura di Domenico De Chirico. La poliedrica artista, nata a San Paolo nel 1996, dove vive e lavora, è approdata a Milano con il sogno di dare forma al suo bestiario immaginario, che sarebbe piaciuto a Jorge Luis Borges e André Breton.
A noi spettatori basta varcare la porta della luminosa galleria per entrare in un eden immaginario, come promessa e speranza di vivere qui e adesso un domani migliore, in cui gli uomini impareranno a condividere il nostro Pianeta con altre specie, senza abusi di potere.
Incantano per raffinatezza esecutiva le sue dodici sculture polimateriche realizzate per questa mostra, da Animais no jardim alla bellissima testa di cavallo Tem um cavalo no menu jardim, incastonata nel muro come trofeo simbolico di forza e resilienza, realizzate con tessuti stampati riempiti di cemento, pile acrilico e resina, così traslucide che sembrano di ceramica!
L’artista, con le sue creature fantastiche, evoca un mondo fiabesco in bilico tra immaginazione, letteratura e realtà nel segno metaforico dell’arte. Woisky lavora in bilico tra naturale e artificiale, esplora la relazione tra uomo e spazio, immaginando un futuro connesso con altre specie viventi, configurando la speranza di una rigenerazione post-umanistica.
La mostra, in maniera semiseria, immergendoci in un mondo fiabesco, ci invita a riflettere sulle cause ed effetti dell’Antropocene, con sagome misteriose, tenerissime, che sembrano aver compreso più degli uomini come vivere meglio insieme nel nostro paradiso terrestre dall’equilibrio ampiamente compromesso. Le sue ammiccanti sculture organiche, volutamente decorative nei dettagli (per esempio, fate attenzione a Flores no jardim o Grades com papagaios), materializzano forme uniche nelle trasformazioni delle metafore dell’arte, e soprattutto sono irriproducibili dall’Intelligenza Artificiale per grazia compositiva e abilità manuale di un artista capace di utilizzare materiali inusuali come se fossero colori di una tavolozza immaginata.
Piacciono ai bambini di tutte le età le sue creature di un giardino zoologico apparentemente infantile, simili a quelle ancestrali che abitano il nostro inconscio; tutto da conoscere per trasfigurare la realtà metamorfica dei sogni.
E se per Friedrich Nietzsche (1844-1900) “L’uomo è un animale non ancora stabilizzato”, per Marina Woisky le sue creature possibiliste sono immobili, totemiche e consapevoli di stare lì, per indicarci che a noi spetta la responsabilità di prenderci cura di questo Pianeta, fino ad ora l’unico abitabile, seppure già agonizzante, mettendo in connessione uomo e natura.
Dunque, cosa aspettate? Cogliete questa opportunità di visitare la sua mostra per fluttuare tra una scultura e l’altra, e giunti lì perdete lo sguardo tra un dettaglio polimaterico e una sagoma straniante, dietro la visione di creature figlie del mito, restando nel frattempo sospesi tra una dimensione di sogno e il desiderio di paesaggi incontaminati. Così andrete oltre la cornice, la bidimensionalità, con le sue sculture-pittoriche da guardare e mostrate per essere guardati da loro, per superare la condizione di sopravvivere nell’inconsapevolezza di una tragedia imminente.
E noi, in punta di piedi, entrando nel giardino zoologico di Woisky, capiremo che il futuro dipende da come salveremo la Terra, nel segno di un sogno condiviso di una riappropriazione poetica e creativa del mondo, all’insegna dell’inaudito e dell’improbabile, come può accadere in questo onirico ma reale eden fantastico.