Fino al 21 dicembre, presso la Galleria Simondi di Torino, è possibile visitare una bella mostra personale di Gabriele Arruzzo. Con questa esposizione, l’artista continua la collaborazione iniziata ormai diversi anni fa con la galleria (allora di Alberto Peola), presentando una serie di lavori creati ad hoc per l’occasione e la città di Torino.
Gabriele Arruzzo (nato a Roma nel 1976, vive e lavora a Pesaro) ha costruito negli anni un suo personalissimo linguaggio pittorico che attinge tanto al codice visivo ed espressivo delle graphic novels e, forse soprattutto, dei graffiti, quanto agli stilemi e ai simbolismi della storia dell’arte pittorica tradizionale. L’abbondante ricorso a simboli, metafore rende oggetti e soggetti dipinti fortemente evocativi dal punto di vista figurativo e iconico. Nasce così un linguaggio molto personale e riconoscibile, frutto di una ricerca artistica profonda e duratura, di cui si percepisce la serietà e solidità.
Il titolo di questa mostra da Simondi, affidata alla curatela di Marco Tonelli, è “Terzo Purgatorio” e rimanda ad un’atmosfera esistenziale molto particolare, vissuta dall’artista in prima persona. Se il Purgatorio è quel luogo del mito biblico e dantesco in cui si sconta il male compiuto e a volte ricevuto, l’allusione nascosta è l’uscita dalle fiamme dell’inferno e la preparazione verso l’ingresso in Paradiso. Il Purgatorio è, infatti, un luogo di passaggio che forgia le anime con un fuoco purificatore capace di renderle più pure e semplici, e idealmente rappresenta quei momenti dell’esistenza in cui siamo costretti dagli eventi, oppure da una necessità interiore, a confrontarci con aspetti della vita che non avremmo voluto incontrare, ma che pure ci fanno crescere, sebbene appaiano carichi di complessità e a volte di dolore. Il tema è, insomma, quello della maturazione, dell’evoluzione verso stadi più alti e profondi dell’esistenza e della coscienza, che spesso avviene attraverso il passaggio attraverso situazioni conflittuali o complesse.
Ma il tema della maturazione, frutto di questo passaggio in purgatorio, è molto pregnante anche dal punto di vista della ricerca artistica di Gabriele Arruzzo, che presenta al pubblico un lavoro molto raffinato e maturo, ricco di significati e insieme frutto di un lavoro complesso e stratificato, di cui si percepisce lo studio e la precisione anche dal punto di vista della tecnica, che appare finemente elaborata.
Salta agli occhi una netta differenza con molta della produzione precedente dell’artista, che di solito predilige colori brillanti dai toni freddi, ma vivaci, mentre in questo caso presenta tutte tele dove il colore si stratifica, andando dal grigio al nero. E così il risultato sono opere esteticamente belle, piacevoli da guardare, ma insieme perturbanti per i loro contenuti e le allusioni a mondi misteriosi, forse addirittura esoterici, densi di elementi sempre tesi tra il fiabesco e l’onirico.