A Palazzo Altemps cinquantasei scatti dedicati a Roma, realizzati nell’arco di quasi trent’anni: uno spaccato professionale ed emozionale di Gabriele Basilico
L’architettura di Renzo Piano e la memoria delle rovine immaginate e incise di Piranesi, i volumi secchi di Richard Meier e della “sua” Ara Pacis, il Colosseo, l’Eur e il Tevere nel suo punto più turistico e più curioso, quello che osserva l’isola fluviale più piccola del mondo: la Tiberina. E poi la Tangenziale Est o la stazione Termini, che se non fosse per il bianco e nero e le atmosfere perennemente rarefatte che sempre hanno pervaso le immagini di Gabriele Basilico, già verrebbero in mente gli stornelli romani, il traffico, Federico Fellini che raccontava di come a due passi dall’Eur, ci fosse “l’India”. Quel che è certo è che anche Basilico, con Roma, non solo aveva avuto una “relazione amorosa”, ma specialmente di lunga data, che l’aveva avvicinato alla Città Eterna a tempi alterni, per numerose commissioni, dal 1985 al 2011.
La mostra “Roma”, curata da Matteo Balduzzi e Giovanna Calvenzi, riunisce – in una collaborazione tra il Museo Nazionale Romano, il MUFOCO – Museo di Fotografia Contemporanea, e l’Archivio Basilico, cinquantasei scatti e, assolutamente indimenticabile, una parete di oltre 250 provini originali che non solo orientano rispetto allo sguardo del grande fotografo, ma anche in riferimento alle sue scelte “estetiche” in fatto di tagli e esposizione quando si trattava di stampare: testimonianza preziosa di un lavoro che ha fatto della capacità di unire i lembi della storia in immagine una delle sue caratteristiche fondamentali. E quale soggetto meglio di Roma per “allenare” l’obiettivo in fatto di corsi e ricorsi storici, di stratificazioni culturali, di rovine meravigliose i cui echi risuonano continuamente nel quotidiano della città?
“La mostra sviluppa una serie di dialoghi che attraversano il tempo e lo spazio”, spiegano Balduzzi e Calvenzi, sottolineando come questa conversazione sia chiaramente evidente anche a livello di allestimento, relazionando la “modernità” dello sguardo di Gabriele Basilico con gli spazi e le collezioni di Palazzo Altemps.
Con il suo approccio apparentemente algido, Basilico ci avvicina un poco alla monumentalità della Capitale e offre la possibilità di “abbracciare con lo sguardo” i tempi architettonici di Roma, lo stile “faraonico” e la babele di incontri che le epoche e il loro “utilizzo” hanno rappresentato e che ieri, oggi e domani – a proposito di un’altra icona romana di altri tempi, Cinecittà, continueranno a offrire alla percezione.
Il percorso della mostra
“Roma” si apre al primo piano di Palazzo Altemps con un dialogo diretto tra le grandi stampe a parete e quelle più piccole esposte in bacheca, osservabili in un percorso di andata e ritorno che permea, anche, l’ultimo tratto della mostra, quello che espone le uniche fotografie a colore in scena, quelle dedicate al corso del Tevere che – ripreso nei mesi invernali del 2007 – diventa quasi un fiume di ghiaccio costellato i cui “bordi”, dai muraglioni ai ponti, si svelano quasi come corpi metafisici, nel gioco eterno tra volumi che contraddistingue la produzione di Basilico. Da qui, un intermezzo che è quasi un vero e proprio “indice” della pratica del fotografo: 60 fogli originali dei provini a contatto, riportanti i segni di selezione e gli appunti di Basilico, dei sette progetti principali realizzati su Roma, per un totale di oltre 250 immagini. E c’è da perdersi tra gli “Aquedotti” (serie realizzata nel 2000) o l’ultima dedicata, esattamente, a reimmaginare Piranesi (2010) attraverso “la lente della “realtà”.
Come ha ricordato Angelo Piero Cappello, Direttore Generale Creatività Contemporanea, il “Basilico di Roma” offre “Una lettura della Città eterna insieme romantica e freddamente produttiva, lenta come i suoi gatti e frenetica, per accenni, come la sua circolazione automobilistica. Una visione insolitamente capace di restituire Roma alla solennità della sua storia pur dentro l’immagine, sfocata, della sua eterna contemporaneità”.